Se gli italiani sono un popolo di centenari lo devono principalmente al modo in cui mangiano. E quindi alla dieta mediterranea. Riconosciuta dall’Unesco come “patrimonio culturale immateriale dell’Umanità”, è stata valutata come la migliore dieta grazie alla presenza giornaliera di generose porzioni di spaghetti, pane, olio e legumi. Di questo si è discusso a Palermo al workshop “Mediterraneo stili di vita”, durante la manifestazione “Italia è Cultura” organizzata dall’Università di Studi Europei Jean Monnet di Gorazde in partenariato con l’Università degli Studi di Palermo, a Palazzo Steri, fino al 4 giugno.
“Innumerevoli studi scientifici – si ricorda – hanno convalidato il suo ruolo preventivo nei confronti delle patologie croniche e l’hanno considerato il modello alimentare più appropriato in termini di riduzione di rischio di obesità, malattie cardiovascolari, disturbi neurodegenerativi, persino tumori. Negli ultimi anni, però la nostra dieta è cambiata: siamo rimasti mediterranei, ma ci siamo anche americanizzati molto”. Oggi infatti “bibite zuccherate, cibi esotici, merendine e junk food sono sempre più presenti sulla nostra tavola. A cambiare è stato anche il grosso consumo di carne: secondo la Fao il consumo di carne è aumentato di oltre il 190% negli ultimi 50 anni”. Viceversa, “per uno sviluppo sostenibile, e quindi anche per migliorare la sicurezza alimentare e la nostra nutrizione, gli esperti sostengono la necessità di ridurre lo spreco di alimenti e di adottare comportamenti più responsabili e rispettosi dell’ambiente in cui viviamo. Sia noi consumatori, che i produttori”.
Da qui le 10 raccomandazioni di Nicola Sorrentino, direttore del Cesa, centro europeo per la sicurezza alimentare, emerse a Palermo per una vita e una dieta più sostenibili: limitare lo spreco di cibo e acquistare prodotti locali e di stagione. Seguire una dieta ricca di frutta e verdura e ridurre il consumo di carne rossa variando le fonti proteiche. Acquistare il pesce seguendo la stagionalità dei mari locali e limitare il consumo di alimenti ultra-processati. Evitare gli imballaggi di plastica e, “last but not least”, bere più acqua del rubinetto.