La Sicilia si distingue per i suoi iconici vulcani, non solo quelli imponenti come l’Etna, Stromboli, e Vulcano, visibili sul panorama marittimo, ma anche per quelli meno conosciuti e sommersi nel mare Mediterraneo. Tra questi, il vulcano sommerso Empedocle, nel Canale di Sicilia, il gigantesco Marsili nel Tirreno, e la minore Ferdinandea – parte dell’articolato sistema eruttivo del primo. Gli antichi narravano di questi “monti di fuoco” attribuendoli alla collera degli dei; oggi, scienziati e appassionati perseguono la ricerca di questi vulcani, spesso elusive come nel caso del Vulcano Dimenticato vicino Agrigento, di cui si trovano residui lungo le spiagge ma che resta non localizzato nei fondali del Canale di Sicilia.
Questi enigmatici vulcani sommersi sollevano quesiti tra gli esperti, come l’Instituto nazionale di geofisica e vulcanologia o il Cnr, in merito alla possibilità di eruzioni marine come quella impressionante avvenuta a Tonga nel 2022. Il vulcanologo tedesco Boris Behncke dell’Ingv rassicura che, data la profondità del Marsili e la conseguente soppressione di energia esplosiva dovuta alla pressione dell’acqua, è improbabile che si verifichino eventi eruttivi violenti nei nostri mari. Le catastrofiche conseguenze di eruzioni analoghe a quelle di Tonga sarebbero apocalittiche se avvenissero a terra in zone densamente popolate, come il Vesuvio o i Campi Flegrei.
Nonostante i rischi, l’eruzione di Tonga ci ha fornito preziose lezioni scientifiche e ha avuto un impatto relativamente contenuto su vite umane grazie all’evacuazione tempestiva degli abitanti preparati alle emergenze naturali. Tuttavia, la presenza di cenere eruttiva nell’ambiente e i suoi potenziali rischi tossici rimangono una sfida, soprattutto quando questo deposito avviene in mare.
Alla luce di questi avvenimenti, emerge l’urgenza di monitorare costantemente anche i nostri vulcani sottomarini, in particolare Empedocle e il suo complesso sistema eruttivo. Secondo lo studio dell’Onu “Environment Programme Mediterranean Action Plan”, sebbene i rischi siano ancora teorici, non si può ignorare la possibilità di una forte eruzione sottomarina con associati rischi tsunami. Questa efficace sorveglianza è esemplificata dal monitoraggio incessante dell’Etna, un modello di prevenzione che dovrebbe estendersi a tutti i vulcani, anche quelli che giacciono silenziosi sui nostri fondali marini.
Etna
L’Etna (detto anche Mongibello, Muncibbeḍḍu in siciliano) è uno stratovulcano complesso della Sicilia originatosi nel Quaternario, ed è il più alto vulcano attivo della placca euroasiatica. Le sue frequenti eruzioni nel corso del tempo hanno modificato, a volte anche profondamente, il paesaggio circostante e in tante occasioni hanno costituito una minaccia per gli insediamenti abitativi nati nel tempo alle sue pendici. Il 21 giugno 2013, la XXXVII sessione del Comitato UNESCO ha inserito l’Etna nell’elenco dei beni costituenti il Patrimonio dell’umanità.
L’Etna sorge sulla costa orientale della Sicilia, a sud-ovest dei Monti Peloritani e a sud-est dei Monti Nebrodi (Appennino siculo), entro il territorio della città metropolitana di Catania ed è attraversato dal 15º meridiano est, che da esso prende il nome. Con un diametro di oltre 40 chilometri e un perimetro di base di circa 135 km], occupa una superficie di 1 265 km². La regione etnea, delimitata dal corso dell’Alcantara e da quello del Simeto, ha un perimetro di 212 km e una superficie di 1 570 km².
Il vulcano è classificato tra quelli definiti a scudo a cui è sovrapposto uno stratovulcano, l’edificio attuale (eruzioni degli ultimi 15 000 anni). La sua altezza varia nel tempo a causa delle sue eruzioni che ne determinano l’innalzamento o l’abbassamento. Nel 1900 la sua altezza raggiungeva i 3 274 m e nel 1950 i 3 326 m; nel 1978 era stata raggiunta la quota di 3 345 m e nel 1981 quella di 3 350 m. Dalla metà degli anni 1980 l’altezza è progressivamente diminuita: 3 340 m nel 1986, 3 329 m nel 1999. Le più recenti misure, effettuate da due squadre indipendenti con GPS ad altissima risoluzione, hanno rivelato che l’altezza dell’Etna era di 3 326 m a luglio 2018. In data 25 luglio 2021 è stata misurata l’altezza di 3 357 m. La vetta più alta è sull’orlo settentrionale del cratere di sud-est.
Stromboli
Lo Stromboli (Struògnuli in siciliano) è uno stratovulcano attivo facente parte dell’arco Eoliano, situato sull’isola omonima, ed è uno dei vulcani più attivi del mondo. L’edificio vulcanico è alto 926 m s.l.m. e raggiunge una profondità compresa tra 1300 m e 2400 m al di sotto del livello del mare.
Lo Stromboli è un vulcano caratterizzato da esplosioni regolari causate dallo scoppio di bolle di gas che risalgono più velocemente del magma circostante; le sue eruzioni avvengono con intervalli che possono variare da minuti a diverse ore.
La sua attività “ordinaria” ha luogo a una quota di 750 m s.l.m. dalle diverse bocche eruttive presenti nell’area craterica e allineate in direzione nord-est – sud-ovest. Tale attività consiste in esplosioni intermittenti di media energia, al solito durano qualche secondo o decina di secondi, e sono ben separate tra loro, durante le quali vengono emesse piccole quantità di bombe scoriacee incandescenti, lapilli, ceneri vulcaniche e blocchi litici, con velocità di uscita compresa tra 20 a 120 metri al secondo e altezze comprese tra poche decine fino ad alcune centinaia di metri.
Vulcano sommerso Empedocle
Empedocle è un vulcano sottomarino situato nella catena dei Campi Flegrei del Mar di Sicilia circa 40 km (22 nmi) al largo di Capo Bianco in Sicilia.
È stato battezzato Empedocle, dal nome del filosofo e naturalista siceliota. Secondo il mito greco infatti Empedocle si gettò a capofitto nel cratere dell’Etna, per scoprire il segreto della sua attività eruttiva. Il suo corpo sarebbe stato in seguito restituito dal mare al largo della costa siciliana.
La scoperta del vulcano è avvenuta nel corso di una crociera oceanografica nata col proposito di realizzare un documentario scientifico-divulgativo su quella che fu l’Isola Ferdinandea, la mitica «isola che scappò via», emersa dal mare di fronte a Sciacca nel giugno del 1831 e inabissatasi pochi mesi dopo, mentre era in corso una disputa per il suo possesso fra il Regno delle Due Sicilie, Regno Unito e Francia. La spedizione era finalizzata all’effettuazione di riprese e campionamenti con tecnologie avanzate sullo stato dell’Isola Ferdinandea, oggi ridotta a un banco vulcanico sottomarino che si innalza fino a 6-7 metri sotto il livello del mare ed ancora molto attivo sotto il profilo delle emissioni di gas.
La scoperta del vulcano Empedocle, che si trova nei cosiddetti Campi Flegrei del Mar di Sicilia, evidenzia che, in realtà, l’isola Ferdinandea costituiva (con i vicini banchi “Terribile” e “Nerita”) uno dei coni accessori di Empedocle, un edificio vulcanico paragonabile all’Etna per larghezza della base. Secondo Giovanni Lanzafame, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, la struttura vulcanica di Empedocle si aggira intorno ai 400 metri di profondità, con una base lunga 30 km per 25 km.
Ferdinandea
L’isola Ferdinandea è una vasta piattaforma rocciosa situata a circa 6 metri dalla superficie marina, nel canale di Sicilia, tra Sciacca e l’isola di Pantelleria. Essa costituisce i resti di un apparato vulcanico che emerse nel 1831, a seguito dell’eruzione sottomarina di un vulcano, si innalzò dall’acqua formando l’isola, la quale crebbe fino ad una superficie di circa 4 km² e 65 m di altezza.
Essendo composta prevalentemente da tefrite, materiale roccioso eruttivo facilmente erodibile dall’azione delle onde, l’isola Ferdinandea non ebbe vita lunga. A conclusione dell’episodio eruttivo si verificò un rapido smantellamento erosivo dell’isola che scomparve definitivamente sotto le onde nel gennaio del 1832, ponendo fine temporaneamente alle dispute internazionali sorte circa la sua sovranità.
Marsili
Il Marsili è un vulcano sottomarino localizzato nel Tirreno meridionale e appartenente all’arco insulare Eoliano. Si trova a circa 140 km a nord della Sicilia e a circa 150 km a ovest della Calabria ed è il più esteso vulcano d’Europa. È stato indicato come potenzialmente pericoloso, perché potrebbe innescare un maremoto che interesserebbe le coste tirreniche meridionali.