Un excursus storico attento e basato sulle fonti, sui documenti consultati più volte negli archivi. Questo il taglio che il chiarissimo professore Uccio Barone ha dato, ieri sera, alla conferenza sul tema “Un santo e una città: San Giorgio nella storia di Ragusa” ospitata al circolo di conversazione nell’ambito delle iniziative promosse dalla chiesa Madre San Giorgio in occasione del 331esimo anniversario del terremoto del 1693. L’appuntamento, promosso dal direttivo dell’associazione storico culturale San Giorgio, ha contemplato la partecipazione di numerose persone che sono rimaste letteralmente rapite dal racconto del prof. Barone. Il quale ha evidenziato come la presenza di San Giorgio, dal punto di vista storico, sia profondamente radicata nella storia di Ragusa, come testimoniato dagli atti più volte consultati.
L’elezione di S. Giorgio a patrono principale di Ragusa fu ratificata ufficialmente il 10 maggio 1643 nel palazzo della Cancelleria alla presenza di venti giurati che presero atto del Motu proprio di papa Urbano VIII che imponeva ad ogni città la scelta di un solo patrono “principale” con diritto di festa di precetto. Fu, a seguire, suggellata con decreto pontificio del 8 agosto 1643. Nelle informazioni del prof. Barone, poi, che ha fatto riferimento durante tutta la conferenza alla chiesa Matrice di San Giorgio, le vicissitudini di vario tipo con cui i sangiorgiari, nel corso dei secoli, hanno fatto i conti, dalla divisione amministrativa di Ragusa sino alla riunificazione nel primo ventennio del secolo scorso. Una lunga e articolata storia che, stando a quanto riferito dal prof. Barone, si è sviluppata attorno ai due santi patroni della città e la cui tradizione, adesso, risulterebbe particolarmente impoverita se a San Giorgio non venisse riconosciuta la dignità di compatrono con lo stesso grado di solennità.
“E’ la storia a richiederlo – ha sostenuto il prof. Barone – è il buon senso a sollecitarlo perché sarebbe una grave perdita se ciò non avvenisse a discapito dell’identità di una città. Ad esempio, in occasione della peste del 1743, le due realtà fino a quel momento contrapposte, sangiorgiari da un lato, sangiovannari dall’altro, si unirono per fronteggiare il morbo. E, ancora, sono da sottolineare le peculiarità che contrassegnarono il periodo della ricostruzione dopo il terremoto del 1693 che fecero diventare Ragusa una città dalle notevoli potenzialità”. E’ stato, insomma, volutamente sottolineato, anche per dare un calcio alle polemiche delle ultime settimane, che quando la città si unisce riesce a crescere (la splendida ricostruzione dopo il terremoto, la costituzione del capoluogo alcuni degli esempi). Quando si divide, invece, perde. Sembra assolutamente anacronistica, è stato ribadito, questa divisione e polemica attuale con riferimento ai due patronati visto che la città è cresciuta e maturata attorno a queste due grandi devozioni. Negli anni ‘80 del secolo scorso, a fronte di cotanta storia, fu “dimenticato” di scrivere la ricorrenza legata a San Giorgio nel calendario liturgico.
Quindi, per come è stato spiegato, ciò significherebbe che nulla è necessario riconoscere trattandosi già del Patrono. Ovviamente, tutto questo nulla toglie a San Giovanni Battista, neanche la festività civile, ma restituisce a San Giorgio ciò che la storia della città, nei secoli, testimonia. Quindi, la giusta soluzione proposta è prospettata dal prof. Barone nel rispetto della storia della città e del suo popolo, vale a dire la dichiarazione di due Patroni aeque principaliter per la città di Ragusa. Anche perché, come spiega lo stesso cattedratico, in questi casi ci si muove con saggezza canonica e con saggezza di carattere politico culturale. Ecco perché questo significa riconoscere a entrambi i santi la profonda devozione del popolo ragusano e muoversi per un compatronato aeque principaliter.