Dopo la decisione del Comitato di Controllo Analogo della Società Iblea Acque, composto dai sindaci iblei, che ha deciso di “proporre all’amministratore unico una modifica ed integrazione degli schemi di bando”, il sindaco di Ragusa, Peppe Cassì, nella qualità di presidente del Comitato dei sindaci, ha ritenuto opportuno e doveroso rilasciare una dichiarazione su quanto accaduto. Dichiarazione che secondo noi merita alcune riflessioni che però rimandiamo a dopo la lettura della nota stampa di Cassì. Il primo cittadino ragusano dunque dichiara: “Cominciamo dalla cronaca di questi giorni. Un consigliere comunale di Ragusa ha evidenziato come gli avvisi pubblicati dalla società per il reclutamento del personale necessario fossero eccessivamente limitativi e impedissero la più ampia partecipazione di potenziali candidati.
Il Comitato sul controllo analogo dei sindaci, che ha l’onere di controllare le attività di gestione della società ha effettivamente riconosciuto come fosse opportuno eliminare alcuni requisiti di partecipazione ai bandi ed ha dato indicazioni all’amministratore unico della società di rettificare gli avvisi estendendo il termine per la presentazione delle domande. In qualità di presidente del Comitato dei sindaci avrei dovuto accorgermi io stesso del potenziale vulnus degli avvisi prima della loro pubblicazione: ho quindi commesso un errore, che non esito a riconoscere, come altre volte ho fatto in passato. Al netto delle polemiche che comprendo e dalle quali non mi sottraggo, mi piace evidenziare che l’impalcatura democratica che prevede al proprio interno pesi e contrappesi e dota le istituzioni degli strumenti e degli anticorpi per rimediare ad errori sempre possibili, ha funzionato. Di questo tutta la comunità iblea che con gli altri 11 sindaci ho l’onore di rappresentare può ritenersi rassicurata.
Alcune considerazioni ritengo tuttavia necessarie, per provare ad arginare e contrastare il clima di ostilità e di sfiducia che si tenta di fomentare con dichiarazioni di taluni esponenti politici che non esito a definire irresponsabili: i 12 sindaci della provincia di Ragusa abbiamo scelto senza tentennamenti che la gestione del servizio idrico integrato, in presenza della imposizione regionale di procedere con gestione unitaria per l’intero ambito provinciale, rimanesse interamente in mano pubblica. Nessun esponente politico, di maggioranza o di opposizione, ha finora affermato che sarebbe stato meglio scegliere la via della società mista pubblico/privata, come pure accaduto in altre province, con un corollario di ricorsi e prese di posizione contrarie. Siamo quindi tutti d’accordo che la soluzione della società cosiddetta “in house”, cioè interamente pubblica, sia stata quella migliore. Il cambio del gestore di un servizio complesso come quello idrico necessita di un periodo di assestamento: se prima la gestione e la riscossione del relativo tributo erano a carico dei singoli Comuni, che operavano attraverso procedure collaudate e sulla base di bilanci fondati su dati storici consolidati, adesso è subentrato un nuovo soggetto, dotato di struttura autonoma, anche se operante sempre sotto il controllo dei Comuni, e privo, allo stato, di sufficienti risorse economiche.
Ci vorrà un po’ di tempo prima che la nuova macchina possa operare a pieno regime ed in piena autonomia anche economica, e il successo dell’operazione dipenderà oltre che dalla efficacia della gestione anche dal senso di responsabilità delle singole amministrazioni e dei cittadini che vi abitano. L’amministratore unico, cui abbiamo affidato unanimemente il compito di strutturare la società, gode della fiducia di tutti i sindaci, in modo trasversale, qualsiasi sia la sensibilità o la connotazione politica di ciascuno, e ciò a prescindere dalle correzioni alle procedure proposte nell’esercizio di un potere/dovere di controllo che è garanzia di buon funzionamento e di corretta gestione. Un fatto assai raro nello scenario politico attuale, nel quale le nomine in genere seguono essenzialmente logiche di “spartizione”, nel nostro caso del tutto assenti. Proprio a testimonianza della unità di intenti dei Comuni iblei, che condividono la necessità di veicolare un messaggio di richiamo alla responsabilità di ciascuno, i 12 sindaci hanno sottoscritto il documento seguente”: “Iblea Acque spa siamo noi. I dodici sindaci della provincia di Ragusa, in maniera unanime ribadiscono che la gestione dell’acqua rimane pubblica e che Iblea Acque è una società di gestione delle reti idriche e della depurazione assolutamente pubblica. Contro ogni tipo di disinformazione, tutti e dodici i sindaci esortano i cittadini, che si sono visti recapitare la fatturazione a nome della società pubblica Iblea Acque, a versare quanto dovuto, continuando così ad esercitare il loro ruolo di utenti attivi e responsabili del buon funzionamento del servizio pubblico più importante per ogni comunità”.
Gianfranco Fidone – Acate; Mario Cutello – Chiaramonte Gulfi; Maria Rita Schembari – Comiso; Bartolo Giaquinta – Giarratana; Innocenzo Leontini – Ispica; Maria Monisteri – Modica; Salvatore Pagano – Monterosso; Roberto Ammatuna – Pozzallo; Giuseppe Cassì – Ragusa; Giuseppe Dimartino – S. Croce; Mario Marino – Scicli; Francesco Aiello -Vittoria”. E dopo la lettura di questa nota, ci siano concesse alcune riflessioni. Apprezzabile il riconoscimento da parte di Cassì di un proprio errore (anche se riteniamo non individuale e personale) nel non essersi accorto di quello che definisce il ‘vulnus’ dei termini dei bandi, così come apprezzabile è il riconoscimento che “un consigliere comunale di Ragusa (Gaetano Mauro n.d.r.) ha evidenziato come gli avvisi pubblicati dalla società per il reclutamento del personale necessario fossero eccessivamente limitativi e impedissero la più ampia partecipazione di potenziali candidati. Corretta anche la difesa della decisone unanime dei sindaci iblei di compiere la scelta della società in house, e quindi a totale partecipazione pubblica.
Tuttavia alla fine di questi apprezzamenti rimane una perplessità, relativa questa all’esortazione dei sindaci, tutti e 12, affinchè “i cittadini, che si sono visti recapitare la fatturazione a nome della società pubblica Iblea Acque versino quanto dovuto, continuando così ad esercitare il loro ruolo di utenti attivi e responsabili del buon funzionamento del servizio pubblico più importante per ogni comunità”. E’ infatti innegabile, leggendo le cronache e i comunicati stampa provenienti da esponenti politici e consiliari di vari Comuni, a diversa conduzione politica, nel periodo successivo all’avvio della società Iblea Acque, che nelle bollette idriche inviate da Iblea Acque ci siano incongruenze, errori e criticità varie. Per cui secondo noi i sindaci del territorio ibleo avrebbero dovuto anche prendere un impegno pubblico a far sì che questa fase transitoria fosse superata in breve tempo e a non causare ulteriori disagi amministrativi e finanziari ai loro cittadini. (daniele distefano)