Che siamo estimatori della Compagnia teatrale Godot lo testimoniano i nostri articoli e recensioni alla loro opera. Dalla commedia alla tragedia, dal teatro moderno a quello classico greco, dalle opere ‘serie’ a quelle scintillanti e scoppiettanti di umorismo. Ma questa volta riconosciamo che la poliedricità di Federica Bisegna e Vittorio Bonaccorso e dei loro magnifici ragazzi si prepara ad affrontare una sfida certamente non facile, con una nuova produzione per la 18sima stagione di ‘Palchi diversi’. Infatti Godot si appresta ad affrontare l’audace sfida di portare in scena “La Cantatrice Calva”, una delle opere più iconiche del teatro dell’assurdo, scritta dal celebre drammaturgo franco-romeno Eugène Ionesco. Questa anticommedia, come la definì lo stesso autore, è la prima opera teatrale scritta da Ionesco, una commedia delirante che sbeffeggia le convenzioni teatrali tradizionali, e che dopo il debutto infelice del 1950 riscosse un enorme successo tanto da venire rappresentata ancora oggi, e ininterrottamente dal 1957, nel piccolo teatro parigino Théâtre de la Huchette.
L’opera è rappresentativa del teatro “dell’assurdo”, genere drammaturgico che diverte e apre a preziose riflessioni, e al quale la compagnia teatrale ragusana è profondamente legata, avendo già rappresentato nelle scorse stagioni, con tanto successo di critica, altre opere di questa forma teatrale. Ne “La Cantatrice Calva”, surreale e irrazionale, il testo riflette il caos del mondo attraverso una distruzione del linguaggio. La parola è ridondante, ricca, reiterata, e usata per mettere in discussione le strutture linguistiche e sociali, aprendo una finestra sulla follia nascosta dietro la normalità apparente. ‘La cantatrice calva’ sarà sul palco della Maison GoDoT sabato 17 e domenica 18 febbraio, da venerdì 23 a domenica 25 febbraio, da venerdì 1 a domenica 3 marzo, sabato 9 e domenica 10 marzo, con i seguenti orari: i venerdì alle ore 21.00; i sabati alle ore 19.30; le domeniche alle ore 18.00. Per lo spettacolo “La Cantatrice Calva”, Federica Bisegna, che cura anche i costumi, e Vittorio Bonaccorso, che oltre alla sapiente regia cura la scenografia, rivestiranno i panni tanto amati dei Signori Smith; insieme a loro sul palco anche Alessio Barone, Rossella Colucci, Benedetta D’Amato e Lorenzo Pluchino. Prenotazioni e prevendita online sul sito compagniagodot o presso la Maison GoDoT in Via G. Carducci, 265 a Ragusa dalle ore 17:30. Solo prevendita presso Beddamatri, in Via M. Coffa n. 12, sempre a Ragusa.
Ed ecco come Vittorio Bonaccorso parla del lavoro della Compagnia nelle sue note di regia. “Di Ionesco la Compagnia G.o.D.o.T. ha già messo in scena Le sedie e Il re muore, due capolavori assoluti che tanto successo di critica ci hanno regalato. Non potevamo non affrontare l’opera per la quale, forse, è più conosciuto e alla quale io e Federica ritorniamo dopo molti anni, indossando nuovamente i panni dei tanto amati Signori Smith. Nel 2005 facemmo un bellissimo viaggio a Parigi e ci recammo nei luoghi del cuore, quelli che avevamo visitato con la mente studiando le opere dei grandi scrittori e drammaturghi. Fra questi Eugène Ionesco, di cui avevamo già messo in scena questo testo col Piccolo Teatro di Catania. Andammo a visitare il Théâtre de la Huchette, un piccolissimo spazio situato nel famoso Quartiere latino, dove dal 1957 l’opera va ininterrottamente in scena; ai tempi c’erano ancora due degli attori che avevano debuttato con l’autore. Poi ci recammo al cimitero di Montparnasse dove c’è la sua tomba con un epitaffio degno dell’ironia e della causticità di questo genio. Una frase (Prier le je ne sais qui. J’espere: Jèsus Christ”) che fa capire la sua maestria nel giocare con le parole e col loro senso. Un poeta che ha sondato, come nessun altro, la problematica del linguaggio, del suo sgretolarsi e riarticolarsi per formare nuove suggestioni, a partire dal titolo di questa pièce (nato per un fraintendimento di significato durante lo studio della lingua inglese).
A noi che leggiamo adesso le opere dell’ormai sdoganato Teatro dell’Assurdo, non vengono le vertigini, così come succedeva agli spettatori degli anni cinquanta del ‘900. Il debutto infatti fu, come accade per tutte le opere con un linguaggio nuovo, un fiasco. Adesso riusciamo più facilmente a capire quelle battute e a riderne, perché ormai il “nonsense” è stato acquisito, con tutte le sue declinazioni, nei vari generi dello spettacolo. Quando ho affrontato il linguaggio di Beckett in Finale di partita, la cosa più difficile su cui mi è toccato lavorare sono stati i silenzi assordanti, i pensieri carichi di materia che affioravano come corpi galleggianti nel nulla. Qui ne La cantatrice calva ancor più che ne Il re muore o ne Le sedie, al contrario sono le parole quella materia di cui è composto il nulla: i personaggi sono immersi in un fluido composto da sillabe, vocali, frasi come pensieri non pensati, già formulati e utilizzati da marionette tragiche, immerse nell’”assurdo” che rivela l’impossibilità, l’inutilità e l’incoerenza dell’uomo e delle sue azioni, in quell’universo “liquido” che sarà tutto il ‘900 e che si protrae fino al XXI secolo. (daniele distefano)