Ragusa – Nemmeno l’acquazzone di lunedi scorso ed il calo delle temperature sono serviti a ‘raffreddare’ l’incandescente dibattito politico amministrativo che tiene banco a Ragusa fin da Ferragosto. Un dibattito in cui si intrecciano ben tre questioni: la proposta dell’amministrazione Cassì di avviare un partenariato politico per la gestione del Castello di Donnafugata e altri siti culturali; la complessa vicenda dell’amministratore unico di Iblea Acque e della legittimità dei suoi emolumenti percepiti fino a febbraio scorso; la spostamento di Ibla Buskers da ‘iusu’ a ‘supra’ nel quartiere delle ‘putie’ del centro storico superiore. Esaminiamo gli ultimi atti della prima vicenda ovvero il partenariato pubblico/privato per il Castello di Donnafugata.
Lunedì 9 settembre una nota stampa del Comune di Ragusa informa:
“Prorogato il termine per la presentazione delle proposte di partenariato speciale per la gestione del complesso di Donnafugata e del sistema museale comunale
Scade alle ore 24 dell’11/10/2024
Con Determinazione dirigenziale n. 4695 del 12/08/2024 ad integrazione e modifica della Determinazione dirigenziale n 4592 del 06/08/2024, è stato approvato l’avviso pubblico per la presentazione delle proposte di partenariato speciale pubblico privato per la gestione del complesso di Donnafugata: parco, castello e museo del costume (Mu.De.Co.) – palazzo Zacco – (sistema museale comunale).
Considerate la particolarità e la complessità della procedura, la rilevanza del tema trattato (Partenariato speciale pubblico privato in materia di beni culturali) e il notevole interesse suscitato dalla pubblicazione del relativo avviso originariamente previsto per le ore 24.00 del giorno 11/09/2024) e ravvisata l’opportunità, in un’ottica pro-concorrenziale, il termine di scadenza è stato prorogato alle ore 24.00 dell’11/10/2024″. Insomma verrebbe da commentare che il sindaco Cassì, tirato per la giacchetta e probabilmente, obtorto collo, abbia preso atto delĺa generale levata di scudi delle opposizioni (e di qualche dissidente della maggioranza stessa) contro i termini di scadenza del bando a fine agosto dopo essere stato pubblicato a inizio dello stesso mese e contro il tempismo con cui era già pervenuta una proposta da parte di una società privata. Senonché le opposizioni erano già andate avanti chiedendo il ritiro tout court del bando. La prima richiesta in tal senso era arrivata dal consigliere Gaetano Mauro di Generazione. Che l’aveva dettagliatamente motivata.
Castello di Donnafugata, il Comune di Ragusa guadagna 385 mila euro l’anno e lo svende per 2500 euro al mese. Il sindaco Cassì ritiri il bando di affidamento”. È davvero imperscrutabile il motivo per cui il Comune di Ragusa, pur guadagnando 300 mila euro l’anno dalla gestione in house del Castello di Donnafugata, debba svenderlo a un privato per 2500 euro al mese, come neanche una casa di villeggiatura a Marina di Ragusa. “Il Castello di Donnafugata incassa in un anno 623 mila euro di biglietti di ingresso, cui si aggiungono altri 17 mila euro per matrimoni, banchetti, servizi fotografici e simili, per un totale di 640 mila euro di incassi annui per il Comune -spiega Gaetano Mauro alla luce della documentazione ufficiale fornita dal Comune di Ragusa a seguito di uno specifico accesso agli atti-.
È chiaro che l’Ente pubblico, per mantenere l’apertura del sito culturale, debba sostenere delle spese. E quanto costa al Comune il Castello? 385 mila euro l’anno. Basta fare una semplice sottrazione, ovvero 640 mila euro di incassi, meno385 mila euro di spese, per scoprire che il Comune ha utili dalla gestione del Castello di Donnafugata per 255 mila euro l’anno, che diviso 12 mesi fa 21 mila euro al mese. Bene, il sindaco Cassì vuole svendere il Castello a 2500 euro al mese a un privato che non correrà nessun rischio di impresa, e che si aggiudicherà la gestione del Castello per i prossimi 10 anni rinnovabili per altri 10. La misura è colma. Chiediamo al sindaco Cassì di ritirare questo bando truffa”. Stesse motivazioni anche dal coordinatore cittadino di Fratelli d’Italia. Infatti Luca Poidomani afferma:
IL BANDO VA RITIRATO, E’ EVIDENTE CHE QUALCOSA NELLE CIFRE CHE CI SONO STATE COMUNICATE NON TORNA”
“Come avevamo fatto all’inizio di questa assurda vicenda, torniamo a chiedere fortemente il ritiro del bando sulla gestione del castello di Donnafugata. Anche perché, dalle ultime cifre che sono state diffuse, i guadagni ci sono, eccome. Non si capisce perché dovremmo affidare l’antico maniero sulla scorta di un partenariato speciale pubblico privato che, di fatto, finirebbe con il penalizzare l’ente di palazzo dell’Aquila. Non ci siamo proprio. Il sindaco e la sua maggioranza (?) facciano un passo indietro”. Il coordinatore cittadino di Fratelli d’Italia Ragusa, Luca Poidomani, torna a battere sul tasto dolente di una vicenda che, salvo la proroga in zona Cesarini così come era stato assicurato al prefetto, nulla aggiunge rispetto alle perplessità manifestate già qualche giorno fa. “Anzi, se possibile, alla luce dei conti che è stato possibile fare in tasca all’ente municipale – prosegue Poidomani – ci rendiamo conto che le dichiarazioni del sindaco sul castello sono sostanzialmente smentite dai fatti (e anche questa non è una novità) perché non è vero che l’antico maniero incassa tanto quanto spende annualmente. Da quel che dicono le carte che sono state diffuse in queste ultime ore, le spese sono nell’ordine di 385.000 euro in un anno mentre gli incassi ammonterebbero a 622.000 euro. Questo con riferimento al 2023 che, tra l’altro, per quanto riguarda il turismo non possiamo certo definire un anno ottimale considerato l’incendio all’aeroporto di Catania e tutte le difficoltà annesse che si sono verificate. Gli utili sono pari a poco più di 21mila euro al mese mentre il castello lo si vorrebbe affidare ad un canone di circa 2500 euro al mese. Ci sembra che qualcosa non torni. Ecco perché chiediamo, oltre a ritirare il bando, che il consiglio comunale torni a occuparsi della vicenda in fase preliminare, determinando quale potrebbe essere una specifica linea d’azione per garantire al castello di rimanere pubblico, potenziando le prerogative”. Anche i 5 stelle ragusani intervengono sulla vicenda con una nota a firma della deputata regionale Stefania Campo e del consigliere comunale Sergio Firrincieli.
“Cassì fornisce numeri al ribasso sulle entrate, sminuendone prestigio e valore”
“Cassì fornisce numeri al ribasso sulle entrate del Castello di Donnafugata, e anche sul vero valore di Palazzo Zacco, quasi a voler giustificare e prendere le difese dei partner che hanno presentato la proposta offrendo solo 30 mila euro annui al Comune di Ragusa per ottenere la gestione dei beni. Siamo stanchi di questo estenuante tentativo di voler avere ragione a tutti i costi anche quando l’evidenza dei fatti dice tutt’altro. Facendo così, il sindaco non fa altro che sminuire il prestigio del Castello e il valore stesso di un palazzo Unesco, depotenziandone conseguenzialmente la forza attrattiva e scoraggiando potenziali soggetti interessati alla partecipazione alla “gara”, o meglio alla procedura di Partenariato speciale che, come è noto, sta solo ora beneficiando della proroga di un mese a seguito della fortissima polemica scoppiata a cavallo del Ferragosto e del conseguente intervento del prefetto di Ragusa”.
Lo dicono la deputata regionale del Movimento 5 Stelle, Stefania Campo, e il consigliere comunale, Sergio Firrincieli, che tornano ad alzare l’attenzione sulla vicenda della gestione del Castello di Donnafugata e di Palazzo Zacco a Ragusa. “Se il sindaco fosse veramente interessato a un’ottimale gestione dei due beni, avrebbe dovuto operare per la più ampia partecipazione possibile alla “gara” e non fare dichiarazioni che vanno nella direzione contraria. Inoltre, se è così certo che il Castello non produce guadagni, visto che secondo lui fra entrate e uscite va in pareggio, perché prima di avventurarsi sulla strada del partenariato, e quindi della esternalizzazione, non ha dato seguito a una dettagliata analisi di economicità su questa modalità di gestione? Questo documento di valutazione, oggi mancante, è assolutamente necessario per capire quale importo sia veramente congruo per un canone accettabile – proseguono Campo e Firrincieli – Noi non ci stiamo a stare in silenzio, non riusciamo a capire come si possa continuare a leggere sui giornali dichiarazioni così vaghe e non supportate da nessuna seria documentazione di analisi economica. A nostro avviso l’assenza di questo atto potrebbe anche inficiare l’intero procedimento perché senza corrette informazioni di partenza e senza numeri reali di riferimento, la commissione valutatrice, che sarà chiamata a decidere dall’Amministrazione Cassì, non avrà i giusti parametri per decidere e, pertanto, non potrà assumere a cuor leggero alcuna decisione.
Del resto questo è previsto dal comma 2 dell’art. 175 del Codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 36 del 2023). L’ANAC, difatti, a tal proposito, ha espressamente preteso questo istituto giuridico proprio per frenare l’impeto di privatizzare il patrimonio pubblico. Ed è in considerazione anche di questo indirizzo che abbiamo chiesto accesso agli atti, senza ancora ricevere nulla, restando così ancora in attesa di leggere le carte e poterci vedere finalmente chiaro. Oggi, difatti, l’unico dato certo su cui abbiamo elementi e dati certi è che il Comune, da ente pubblico, ha fatto grossi investimenti sul Castello e ne ha moltiplicato in pochi anni i profitti. Il privato, al contrario, non propone nessun investimento “strutturale” sui due beni che andrebbe ad amministrare, si parla semplicemente di spese necessarie all’ottimizzazione della gestione stessa. Non capiamo pertanto da cosa scaturisca la cessione dei beni comunali per una durata di addirittura dieci anni, rinnovabile per altri dieci, visto che i beni sono già in buone condizioni e il privato non è chiamato a giustificare l’ammortamento di alcuna spesa. Risulta anche evidente a tutti che un tempo così lungo di affidamento coinvolgerebbe le future Amministrazioni, limitandone l’autonomia politica, e si prefigurerebbe quasi come un percorso di non ritorno. Ne consegue che il Comune continuerebbe a investire soldi pubblici sul Castello e su Palazzo Zacco, ad esempio per la manutenzione straordinaria, mentre il privato ci guadagnerà, occupandosi solo dei costi di gestione finalizzati ad attività che portino profitto alla propria impresa. Questa che si sta generando sembrerebbe una terribile querelle tra l’interesse pubblico, che attiene al godimento di un bene e alla sua libera fruizione, e l’interesse privato da raggiungere, e che ovviamente non avrebbe nulla a che vedere con gli obiettivi principali del bene comune bensì con altre finalità. Ovvero, trarre profitti del tutto sproporzionati rispetto al canone offerto, senza fra l’altro essere tenuto a contemperare le esigenze di chi al di fuori del Castello, e con somme proprie, effettua investimenti da anni e oggi rischia di vedersi prevaricato da una concorrenza sleale che potrebbe mandare in fumo molti dei propri sacrifici”. (da.di.)