Ispica – Un relitto arcaico databile tra il VI e il V secolo a.C., due ancore “bizantine” e quattro ancore litiche trovate a sei metri di profondità nelle acque al largo di Santa Maria del Focallo, in Comune di Ispica, nel ragusano. È il bilancio della quinta campagna di archeologia subacquea in Sicilia condotta dall’Università di Udine in collaborazione con la Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana. La campagna rientra nel Kaukana Project, un programma di ricerca e studio delle testimonianze storico-archeologiche lungo il litorale tra Ispica, Kaukana e Kamarina, per ricostruirne il paesaggio sommerso e costiero.
Il relitto e le ancore
Il sito sommerso di Santa Maria del Focallo si trova sepolto da uno strato frammisto di sabbia e massi. Le ricerche nell’area hanno portato alla parziale messa in luce del relitto del VI-V secolo a.C. sul quale è stato subito avviato lo studio tecnico-costruttivo. A poche decine di metri dal naufragio sono stati osservati anche due nuclei di ancore. Il primo è costituito da non meno di due ancore in ferro che da una prima lettura sono del tipo a “T” rovesciata e databili attorno al VII secolo. Il secondo nucleo è formato da quattro ancore litiche, verosimilmente preistoriche, una delle quali per quanto frammentaria sembrerebbe riconducibile alla tipologia con tre fori, ossia a quella che in origine erano provviste di due marre lignee.
Lo scafo rientra nella tipologia detta “su guscio”, dove le tavole del fasciame vengono saldamente collegate fra di loro con funzione strutturale, mentre le ordinate sono solo di rinforzo. In questo caso l’assemblaggio del fasciame è assicurato da un insieme di incastri (mortase e tenoni) che consentono di ottenere un insieme autoportante. La trincea di scavo ha inoltre ha inoltre consentito di condurre rilievi diretti, riprese fotogrammetriche per generare un modello 3D e il prelievo di campioni per le analisi paleobotaniche.
«Lo scavo del relitto di Santa Maria del Focallo – spiega il coordinatore del progetto Kaukana, Massimo Capulli, docente di archeologia subacquea e navale del Dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale dell’Università di Udine – è stato condizionato dalla instabilità metereologica che ha caratterizzato il periodo delle ricerche e che ha consigliato di procedere con prudenza per garantire in primis la salvaguardia del sito. La condizione generale dello scafo, a lungo oggetto di attacco da parte di molluschi che si cibano di legno, è infatti estremamente delicata e richiede non solo perizia, ma anche molta cautela. A questa ferrea regola deontologica si aggiunte il notevole potenziale informativo di questo relitto che appartiene a una pagina della storia in cui è avvenuto il passaggio tra la Grecia arcaica e quella classica, e in cui tanta parte ebbero anche le colonie della Sicilia. Siamo infatti di fronte a una testimonianza materiale dei traffici e commerci di un’epoca molto antica, quando Greci e Punici si contendevano il controllo dei mari, secoli prima che Roma si affacciasse prepotentemente sul Mediterraneo».
Per l’assessore ai Beni culturali e identità siciliana della Regione Sicilia, Francesco Paolo Scarpinato, «questa scoperta rappresenta un contributo straordinario per la conoscenza della storia marittima della Sicilia e del Mediterraneo ed evidenzia ancora una volta il ruolo centrale dell’Isola nei traffici e negli scambi culturali dell’antichità. Il relitto, databile a un periodo cruciale per la transizione tra Grecia arcaica e classica, è un prezioso tassello del patrimonio culturale sommerso siciliano».
Le operazioni
Per tre settimane l’Unità di archeologia subacquea dell’Ateneo friulano ha concentrato le proprie ricerche nelle acque di Santa Maria del Focallo. In particolare, nello scavo e documentazione dei resti di un naufragio di epoca arcaica. Nella seconda settimana hanno supportato le indagini anche il terzo Nucleo sommozzatori della Guardia costiera di Messina e la Capitaneria di porto di Pozzallo. Le attività a mare sono state coordinate dal responsabile scientifico delle ricerche, Massimo Capulli, e Fabrizio Sgroi, della Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana, in collaborazione con la Capitaneria di Porto di Pozzallo e il supporto logistico della “3psub” di Paolo Ciacera.
Il sito
La segnalazione del sito alla Soprintendenza del Mare era stata fatta nel 2022 dall’associazione BCsicilia che aveva realizzato una prima documentazione dell’area. A questa aveva fatto seguito un sopralluogo subacqueo nel giugno del 2023 da parte di Fabrizio Sgroi, responsabile di zona della Soprintendenza del Mare, assieme a Massimo Capulli.
Kaukana Project
Il progetto è nato nel 2017 dalla volontà dell’archeologo Sebastiano Tusa, già Soprintendente del Mare e poi assessore ai beni culturali della Regione Sicilia. È stato co-diretto dallo stesso Tusa e Massimo Capulli fino alla tragica scomparsa di Tusa, nel marzo 2019, nel disastro aereo del volo Ethiopian Airlines. Capulli ha proseguito le ricerche negli anni successivi, anche in nome del collega scomparso, insieme alla Soprintendenza del Mare che sta continuando la divulgazione e la valorizzazione del patrimonio culturale attraverso le collaborazioni da tempo avviate con università, tra cui quella di Udine, enti di ricerca e fondazioni italiane ed estere. (Foto Università di Udine)