Catania – I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania, nell’ambito delle funzioni istituzionali di contrasto agli illeciti economico-finanziari, hanno dato esecuzione, nell’ambito della provincia catanese, a un’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale ha disposto il sequestro preventivo diretto e per equivalente delle somme e dei beni nella disponibilità di 15 soggetti, a vario titolo indagati, fino alla concorrenza dell’importo di euro 1.421.000,00.
Le indagini condotte dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Acireale, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Catania, hanno permesso di far emergere, nell’attuale fase del procedimento, in cui non si è ancora instaurato il contraddittorio con le parti, un articolato sistema fraudolento ai danni di una nota banca operante su scala nazionale.
Le investigazioni hanno preso avvio a seguito di specifica delega da parte della Procura della Repubblica di Catania, con l’obiettivo di esaminare in dettaglio le criticità correlate alla concessione di circa 170 finanziamenti “al consumo”, tutti erogati da una singola filiale in appena nove mesi ed esclusivamente a favore di clienti di nuova acquisizione.
Il disegno fraudolento era caratterizzato da una strategia complessa e organizzata, con la chiara definizione di ruoli e posizioni differenti, fortemente ponderate tra i 15 correi:
- n. 3 soggetti avevano il compito di procacciare nuovi clienti alla filiale di Acitrezza, spacciandosi per mediatori finanziari dell’istituto bancario;
- n. 10 fittizi datori di lavoro atti alla produzione di irregolari e falsi documenti propedeutici all’erogazione del finanziamento;
- n. 2 soggetti, rispettivamente direttore locale e dipendente della sopraddetta filiale, con il ruolo di avallare le varie richieste di finanziamento.
Il meccanismo di frode si sarebbe basato su uno schema operativo ricorrente.
In primo luogo, i tre soggetti incaricati del procacciamento di nuovi clienti presso la filiale di Acitrezza, individuavano potenziali vittime tra persone in condizioni di grave difficoltà economica, persuadendole ad aprire un conto corrente in filiale con la promessa di poter ottenere finanziamenti senza la necessità di fornire garanzie.
Successivamente, tali “intermediari” si rivolgevano ai fittizi datori di lavoro con l’intento di ottenere la redazione di documentazione fraudolenta necessaria a giustificare le richieste di finanziamento. In particolare, venivano emesse false buste paga e falsi modelli di certificazione unica. A tali falsificazioni si aggiungeva l’effettuazione di bonifici, accompagnati da causali mendaci come “emolumenti”, in favore dei nuovi correntisti. Si sottolinea che questi ultimi non avevano mai prestato alcuna attività lavorativa presso le suddette imprese, rendendo così del tutto fittizi e privi di valore giuridico i documenti in questione.
Infine, la documentazione necessaria per la richiesta di finanziamento veniva presentata dagli “intermediari” presso la filiale bancaria. Un dipendente della filiale si occupava di predisporre la documentazione in conformità con i requisiti dell’Istituto, che fungeva da facciata per la Banca. Il direttore della filiale giocava un ruolo fondamentale, essendo responsabile dell’approvazione dei finanziamenti. Per le richieste di importo fino a 30.000 €, era sufficiente il suo consenso, senza la necessità di un’autorizzazione da parte della Direzione Centrale. Tale disposizione procedurale spiegava il motivo per cui tutti i finanziamenti alla base del meccanismo di frode fossero mantenuti al di sotto di tale soglia, facilitando così l’approvazione e l’erogazione delle somme richieste.
In aggiunta a quanto già esposto, al momento della concessione del finanziamento, i nuovi correntisti erano informati della necessità di versare cospicue “spese extra per l’interessamento”. Contestualmente all’accreditamento del finanziamento, una parte delle somme erogate veniva sottratta dal conto corrente appena aperto, sia attraverso prelievi in contante sia mediante bonifici e assegni circolari. Questa porzione di denaro veniva poi distribuita tra i soggetti coinvolti nel reato, alimentando così il profitto illecito generato dall’intera operazione.
Le suddette condotte hanno causato gravi danni all’istituto di credito, violando i principi di trasparenza nelle operazioni finanziarie.
Va altresì sottolineato come 3 dei soggetti indagati, dopo essere entrati in possesso delle somme costituenti il profitto delle truffe commesse, procedevano a investire quanto illecitamente ricevuto.
Sulla scorta delle evidenze acquisite dai finanzieri della Compagnia di Acireale, il GIP presso il locale Tribunale, su proposta di questo Ufficio, ha dunque ritenuto sussistente in capo agli indagati un grave quadro indiziario in ordine ai reati truffa, associazione per delinquere e autoriciclaggio, quest’ultimo con l’aggravante dell’avere – il direttore della filiale ed un dipendente della stessa – commesso il fatto nell’esercizio di un’attività bancaria o finanziaria.
La Procura della Repubblica di Catania, alla luce delle evidenze emerse, ha disposto:
- il sequestro diretto fino al raggiungimento della somma di euro 1.421.000,00, pari all’importo dell’illecito profitto dei contestati reati, limitatamente a quanto dal singolo indagato concretamente conseguito;
- in via sussidiaria, in caso di impossibilità di procedere al sequestro preventivo diretto, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni, delle disponibilità finanziarie e delle altre utilità nella disponibilità dei singoli indagati e comunque agli stessi riconducibili.
L’attività si inserisce nel più ampio quadro delle azioni svolte da questo Ufficio e dalla Guardia di finanza di Catania a tutela dell’integrità del sistema finanziario, permettendo di preservare gli interessi non solo dell’istituto bancario, ma anche dei cittadini e del mercato stesso, salvaguardando la fiducia nelle istituzioni finanziarie.
E’ disponibile, tra gli allegati presenti sul portale, il comunicato stampa emesso dalla Procura Distrettuale della Repubblica presso il Tribunale di Catania.