Bionda o nera, la spuma è una bevanda gassata dall’allure vintage che sta tornando sempre più in auge: dai bar di paese e degli stabilimenti balneari a protagonista dell’aperitivo rétro.
“Un pezzo salato e una spuma bionda”: colazione d’altri tempi? Ma cos’è la spuma che da queste parti troviamo (fortunatamente) in tutti i bar e in alcune parti d’Italia è emerita sconosciuta? La Spuma, bibita da sempre low-cost, dal gusto frizzante ed unico, per molti, vuol dire risvegliare sapori sopiti di antiche memorie. C’è chi la beveva all’oratorio (come canta pure Elio e le storie tese con la sua “spuma da 100“), al baretto prima di entrare a scuola o per spezzare la giornata di lavoro o ancora chi la mischiava con la birra durante una partita a carte al “circolino”. Prende il suo nome da una pseudo italianizzazione del termine anglosassone “soda” che sta ad indicare qualsiasi tipo di bevanda frizzante a base di zuccheri, senza specificarne la proprietà. Mai sparita dal mio chioschetto degli Archi di Ragusa Ibla, riscuote da generazioni intere sempre grande successo, sopravvivendo all’avvento della Coca-Cola zero, della Red Bull e simili. Quella di oggi è la seconda giovinezza per la spuma (semmai è finita la prima). La “bionda” è l’originale, la regina, ma si può trovare anche in versione “nera” (soprattutto nel nord-est d’Italia), ai gusti cedro, arancio (da non confondere con l’aranciata) e ginger. I feticisti della spuma avvertono anche dell’esistenza di una “bianca”, simile al sapore della gazzosa. Scopriamo la sua storia.
Le origini della Spuma
La spuma nasce nel 1922 ad opera di Enrico Paoletti, messo comunale del comune di Folignano, nonché oste che, per risolvere il problema delle continue mancate forniture di gazzosa, decide di mettersi in proprio, creando la sua produzione di bibite con le bollicine, tra cui la stessa gazzosa e una novità, la spuma bionda, dal sapore piacevolmente dolciastro, realizzata con succhi profumati che arrivavano direttamente in botti dalla Sicilia. Nel giro di tre anni i prodotti iniziano a ottenere un discreto successo, così da vincere nel 1925 la Medaglia d’Oro e la Gran Palma d’Onore all’Esposizione Internazionale di Bruxelles. Enrico muore per una caduta da cavallo nel 1927, ma i figli continuano a portare avanti la produzione, meccanizzandola, tanto che negli anni ‘50 il brand ottiene il suo posto al sole. A rendere particolarmente riconoscibili le bottiglie in vetro è l’etichetta, dov’è rappresentata una ragazza in stile pin-up, dal nome di Tina Frizzante, detta FrizzanTina, che ancora adesso è il simbolo in chiave rétro di questa spuma.
Adesso tra le aziende che producono la spuma ci sono sempre Paoletti e Spumador, la siciliana Polara, con un soft drink caratterizzato da estratto naturale di radice di rabarbaro, fiori di sambuco, chiodi di garofano, caramello e aromi selezionati, la toscana Papini, con la sua bibita preparata con le acque sorgive del Monte Amiata, nella Val d’Orcia, ma anche aziende mainstreaming come la San Benedetto e birrifici, per esempio Baladin. Il risultato? Una bevanda di nicchia che è tornata conquistando i locali che sposano il trend del vintage, perfetta all’ora dell’aperitivo, perfino in veste di cocktail.
Che gusto ha la spuma?
La spuma è caratterizzata da un sapore intenso e aromatico, risultato di una combinazione sapiente di ingredienti selezionati. L’uso di estratto naturale di radice di rabarbaro, fiori di sambuco, chiodi di garofano, caramello e aromi appositamente scelti conferisce a questa bevanda un gusto unico e distintivo.
La presenza dell’estratto naturale di radice di rabarbaro aggiunge un tocco leggermente amaro e terroso, mentre i fiori di sambuco contribuiscono a donare note floreali e fruttate. L’aggiunta di chiodi di garofano offre un tocco speziato e avvolgente, arricchendo ulteriormente il profilo aromatico della spuma.
Il caramello, con il suo carattere dolce e leggermente tostato, contribuisce a bilanciare gli altri sapori, conferendo alla bevanda una dolcezza sottolineata e piacevole. L’insieme di questi ingredienti crea una sinfonia di sapori che evoca sensazioni di freschezza estiva e richiama il fascino retrò dei tempi passati.
La spuma offre un’esperienza gustativa unica, un equilibrio armonico tra amarezza, dolcezza, spezie e freschezza, rendendola una bevanda apprezzata per il suo profilo distintivo e il richiamo nostalgico a una tradizione che continua a conquistare i palati di oggi.
E tu hai mai provato la spuma da bambino? Se non l’hai fatto provala, se l’hai fatto assaporala e ricorda i tempi passati.
La Spuma Siciliana…
La “Spuma” è una bevanda classica, bionda e vivace che affonda le sue radici nella tradizione siciliana. Basata sull’antica ricetta Polara, questa spuma bionda è caratterizzata da un sapore intenso e aromatico, ottenuto grazie all’uso di estratto naturale di radice di rabarbaro, fiori di sambuco, chiodi di garofano, caramello e aromi selezionati. Questa combinazione unica di ingredienti dona alla spuma un gusto unico, che richiama le sensazioni di freschezza dell’estate e il fascino retrò dei tempi passati.
La spuma siciliana era una bevanda che rinfrescava l’estate dei nostri nonni, spesso mescolata al vino per creare un mix irresistibile. Oggi, la spuma può essere apprezzata da sola o abbinata a piatti freddi e rustici dello street food siciliano, come gli arancini e le scacce. In qualsiasi momento della giornata, regala sensazioni dissetanti e un gusto unico che vi trasporterà indietro nel tempo.
Questa bevanda è perfetta per freschi aperitivi e può essere utilizzata come base per cocktail, sia analcolici che alcolici, che vantano una lunga storia. La spuma, con il suo sapore vintage e la sua autenticità data dalle antiche ricette e dagli ingredienti naturali, può essere gustata al bar o comodamente a casa vostra, in qualsiasi occasione in cui desideriate dissetarvi con una bevanda dal gusto particolare.
Il mio ricordo a Ibla quando bevevo la Spuma…
I ricordi delle bibite preferite in gioventù che ordinavo nel chioschetto di Don Firili nel quartiere degli Archi a Ragusa ibla sono legati alla Cedrata, alla Gassosa e alla Spuma.
La Cedrata, una bibita dal colore verde tendente al giallo, era fatta di agrumi (il mitico cedro di Sicilia), venduta in bottigliette da 25 cl e pubblicizzata per molti anni da Mina (che ai tempi, ricordo, era una gran bella figliola). Caratteristica principale della bevanda era quella di colorarti la lingua, simile a una spugna verdastra; inoltre la bottiglietta conteneva un quantitativo di zucchero pari al fabbisogno annuo della Sicilia.
Anche se, almeno per i miei gusti, il sapore vagamente amarognolo della Spuma Spumador era quello che più preferivo. Posso fare a mazzate, anche subito, se qualcuno mi contraddice perché è stata la bibita più buona mai messa in commercio in Italia. La Spuma (la vera Spuma era solo la Spumador) poteva essere nera o bianca, e si comprava a bicchieri: bicchiere piccolo (50 lire), bicchiere medio (100 lire) e bicchiere grande (200 lire). I prezzi del barretto del mio oratorio salesiano erano molto nazional-popolari, dal momento che “il Beddiu” non era proprio quel che si dice un quartiere chic. La Spuma bianca era buona, a me sembrava però una bibita più adatta a una donna o a un frignone, quindi optavo per quella nera che, tra la metà degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, ho bevuto in quantità tali da poterci riempire, pisciazzando qua e là, tutto la collinetta sopra la “Chiesa Nova” e una buona parte del Viale Europa. Dispiace lasciarmi andare a modi un po’ ruspanti poiché, per dovere di cronaca, devo precisare che il momento della Spuma diventava per la mia banda “re casi Popolari “anche il momento dell’alfabeto ruttato, attività agonistica purtroppo sottovalutata e che, per quanto mi riguarda, avrebbe dovuto assurgere, da tempo, a disciplina olimpionica. Una bottiglia di Spuma e via… con la performance: Dio mi fulmini all’istante se una volta non sono arrivato alla P, peraltro declamata non con il classico baritono da fine esibizione, ma con tono stentoreo e imperioso da overture. Sarà l’età, sarà che di Spuma Spumador non ne fanno più, sarà che la Sprite, per motivi religiosi, mi rifiuto di berla, ma oggi le gare di rutti le concludo al massimo alla F. Ci vorrebbero ronna Vicè e la sua Idrolitina per rinverdire i fasti.