Il ponte di ferro a Roma è stato chiuso dopo il vasto incendio divampato nella notte. A Roma lo chiamano tutti 'Ponte di ferro', ma il suo vero nome è Ponte dell'Industria, e collega i quartieri Ostiense e Marconi. Il ponte dell'Industria del quartiere Ostiense, noto a Roma come Ponte di Ferro, ha preso fuoco poco prima di mezzanotte di sabato. Un rogo di vaste dimensioni, che ha causato il crollo di una parte laterale della struttura, che collega Trastevere con Ostiense – zone della movida – attraversando il Tevere, senza però comprometterne apparentemente la stabilità statica né causare feriti. La presenza di alcune persone accampate sotto al ponte e di alcune sterpaglie potrebbe aver avuto un ruolo di detonatore delle fiamme, che hanno avvolto le tubature del gas e dell'elettricità che corrono lungo il ponte.
Ponte di ferro o ponte dell'indudtria: la storia
Una struttura iconica, esempio dell'architettura del ferro, cara ai romani e finita anche in pellicole come 'La banda degli onesti' con Totò. Lungo 131 metri e largo 7,25 metri, è costituito da arcate in ferro e ghisa appoggiate su piloni costituiti da tubi di ghisa riempiti di calcestruzzo. Fu costruito tra il 1862 e il 1863 da una società belga per congiungere la linea ferroviaria di Civitavecchia alla stazione centrale Termini. Ma il ponte non fu costruito a Roma: la società belga effettuò il lavoro in Inghilterra, poi il ponte fu trasferito in pezzi a Roma, dove fu montato. Si trattava di un ponte in parte mobile perché nella porzione centrale si sollevava per permettere la navigazione delle imbarcazioni. Il 24 settembre 1863, alla presenza del pontefice Pio IX, sul ponte passò ufficialmente il primo treno della linea Roma-Civitavecchia. Nel 1911, con l'apertura della nuova stazione di Trastevere, il tracciato ferroviario fu trasferito sul nuovo ponte San Paolo.
Oggi il Ponte dell'Industria è quello che resta dell'archeologia industriale di Roma, a due passi da un altro simbolo, il Gazometro, dai Mulini Biondi e dallo stabilimento Mira Lanza, divenuto una struttura decentrata del Teatro India, e dalla Centrale Montemartini. Ponte simbolo anche di una scena cinematografica cult: nel 1956 vi è stata ambientata una scena del film "La banda degli onesti", film del 1956 diretto da Camillo Mastrocinque con Totò e Peppino De Filippo. Nel film Totò – che interpreta Don Antonio Bonocore, portiere napoletano di uno stabile di Roma – ha promesso a un anziano in punto di morte di sbarazzarsi di una valigia contenente una matrice e della carta filigranata per stampare banconote. Nella scena ambientata sul ponte, Totò sta per eseguire quelle ultime volontà gettando la valigia nel Tevere ma ci ripensa.
Oggi sotto il Ponte di ferro e sulle rive del Tevere trovano da anni ricovero molti senza fissa dimora. Già a febbraio del 2013 la struttura fu chiusa a causa di un rogo divampato in una baracca proprio sotto al ponte abitata da alcuni clochard. Il 'Ponte di ferro' è anche noto per l'eccidio di dieci donne giustiziate dalle SS il 7 aprile 1944, Rimasto sconosciuto per più di mezzo secolo, l'eccidio fu reso noto da un saggio di Cesare De Simon e, successivamente da egli stesso descritto in un romanzo pubblicato nel 1998. Le vittime dell'episodio furono dunque dieci donne, giustiziate dalle truppe del servizio di sicurezza delle SS, a seguito di un attentato a un forno che riforniva le truppe d'occupazione della Germania nazista: queste, sorprese dai militari tedeschi con pane e farina, furono allineate sulle transenne del ponte dell'Industria sul lato di via del Porto Fluviale e fucilate.
Dal 1997 l'amministrazione comunale fece realizzare una lapide in bronzo a ricordo delle donne uccise. Dell'eccidio scrisse anche Carla Capponi, partigiana e politica italiana, Medaglia d'oro al valor militare: "Le donne dei quartieri Ostiense, Portuense e Garbatella avevano scoperto che il forno panificava pane bianco e aveva grossi depositi di farina. Decisero di assaltare il deposito che non sembrava presidiato dalle truppe tedesche. Il direttore del forno, forse d'accordo con quelle disperate o per evitare danni ai macchinari, lasciò che entrassero e si impossessassero di piccoli quantitativi di pane e farina. Qualcuno invece chiamò la polizia tedesca". Poi l'eccidio: "Le dieci donne furono lasciate a terra tra le pagnotte abbandonate e la farina intrisa di sangue".