Il mistero dei fantasmi. Esistono veramnete? Fra le poche certezze dell’essere umano c’è la morte. Del resto, la coscienza di dover morire ci distingue dagli altri animali. Ma sui confini, su ciò che separa il mondo dei vivi da quello dei morti le sicurezze vacillano. Oggi come ieri. Il bisogno di mitigare l’ineluttabilità della dipartita con la speranza di un’altra vita si perde nella notte dei tempi. La traccia più antica di rituali legati alla sepoltura risale a 90 mila anni fa: è la tomba di un cacciatore ritrovata nella grotta di Skhul (nell’odierna Israele), dove mani pietose hanno appoggiato al braccio del defunto la testa di un cinghiale, come dono. A fungere da “intermediari” fra questo mondo e l’altro erano gli sciamani.Pitture rupestri di 20 mila anni fa raffigurano i viaggi, in stato di trance, nel mondo degli spiriti, ammettendo la netta separazione fra corpo e anima (rappresentata da un uccello). Per gli antichi Egizi la vita nell’oltretomba era una tale certezza da essere descritta, con regole d’accesso dettagliate, nel Libro dei morti. Ma il viaggio nell’aldilà prevede anche un biglietto di ritorno? In altre parole, i defunti possono tornare fra noi, o perlomeno comunicare?
MORTI “DA PAURA”. Nelle sacre scritture si fa cenno a possibili contatti col mondo dei morti. Nonostante l’atteggiamento assunto più tardi dal cristianesimo, il primo episodio di necromanzia (previsione del futuro attraverso domande ai defunti) della storia è raccontato proprio nella Bibbia, dove il re Saul fa evocare da una maga il fantasma del re Samuele, per chiedergli consiglio. Anche Omero conduce Ulisse nel regno dei morti, affinché la madre e il veggente Tiresia gli indichino la strada per tornare alla sua amata Itaca. La necromanzia era proibita nella religione greca e Platone nella Repubblica e nelle Leggi considera le pratiche magiche o necromantiche degli imbrogli, mettendo in guardia dalle loro conseguenze. Si credeva, tra l’altro, che i morti detestassero essere disturbati nel loro riposo e tutto sommato suscitavano timore. Uno degli scopi dei culti funebri e delle sepolture era dunque impedire ai defunti di tornare a turbare i vivi e tenerli lontani. A Roma la separazione era codificata nella legge delle Dodici Tavole, che proibiva di sotterrare i morti all’interno della città (e infatti le necropoli erano situate lungo le vie consolari). Ma, anche se nel Medioevo i morti rientrarono in città, con i cimiteri ricavati nei cortili antistanti le chiese, la paura dei fantasmi rimase. Anzi, è proprio in quest’epoca che gli spettri conobbero il loro periodo d’oro.
MEDIOEVO INQUIETO. Le apparizioni si moltiplicavano e riguardavano soprattutto il ritorno di anime che avevano fatto una brutta fine (suicidi o ammazzati, condannati a morte, donne morte di parto, annegati il cui corpo non è mai stato ritrovato ecc…). La Chiesa da una parte tentò di arginare il fenomeno e spinse spettri e fantasmi nell’area delle manifestazioni diaboliche, dall’altra lo alimentò proponendosi come intermediario. Suffragi, donazioni, preghiere diventarono lo strumento per aiutare le anime a trovare la pace eterna, senza disturbare quella terrena. Il Purgatorio, che nella dottrina cristiana compare sul finire del Duecento, fu forse il luogo in cui la chiesa “rinchiuse” i morti, preoccupata dal continuo attraversamento dei confini. Un altro tentativo di difendere i cristiani da inquietanti ritorni fu l’istituzione di una precisa giornata, il 2 novembre, dedicata alla commemorazione dei defunti. A istituire il giorno dei morti fu, attorno all’anno Mille, l’ordine monastico di Cluny, nelle cui abbazie (dicono le cronache) spettri e fantasmi facevano sentire la loro presenza. Lo stesso culto dei santi e delle reliquie è, in un certo senso, la prova della difficoltà che l’uomo medioevale aveva nell’accettare l’idea del distacco dell’anima dal corpo.
IL PESO DELL’ANIMA. Nell’Ottocento, il concetto di “anima in pena” fu ripreso. Romanticamente attratti da un’epoca misteriosa e “buia”, intellettuali e artisti dell’Europa ottocentesca riscoprirono l’antica passione per i fantasmi. Ma lo fecero con lo spirito dell’epoca, cercando di dimostrarne empiricamente l’esistenza. Nasceva così lo spiritismo, una vera e propria dottrina filosofica sviluppatasi soprattutto in Inghilterra e negli Stati Uniti.