"Si è spento, senza l'affetto delle istituzioni, il settore edile. Dopo anni di silenzi, omissioni e ritardi da parte della politica e della burocrazia, gli imprenditori ed i lavoratori danno il triste annuncio della chiusura, in 10 anni, di oltre 700 imprese e del licenziamento di oltre 4.500 operatori del comparto in provincia di Agrigento". E' il testo di un necrologio diffuso dall'Ance di Agrigento, che in una nota a firma del presidente Carmelo Salamone annuncia la "morte del settore". "Più che un decesso naturale – sottolinea – un vero e proprio omicidio. Le armi usate per commettere il delitto sono scelte politiche irrazionali adottate senza alcun confronto con la categoria". Quattromila trecento lavoratori in meno, 707 imprese cessate, oltre tre milioni di ore lavorate in meno e circa 23 milioni di euro di massa salari andati in fumo. Questi i dati rispetto alla situazione tra il 2010 e il 2020. "Il settore – spiega Salamone – in questi 10 anni ha visto diminuire del 53% il numero delle aziende, del 60% il numero degli operai e del 71% le ore lavorate, cui si aggiunge un abbattimento del 62% della massa salari".
Per l'associazione tra queste vi è una "ossessiva, e probabilmente dolosa, disattenzione ai tempi procedurali per l'approvazione dei progetti a fronte di un continuo e ossessivo intervento sulle procedure di aggiudicazione che oggi, sacrificando la trasparenza, si sono ridotti all'osso". "Non accettiamo – conclude Salamone – che si ritenga questa crisi un effetto collaterale, un male condiviso con altri settori: nei giorni in cui si è capaci di festeggiare l'arrivo di centinaia di commissari per grandi opere che avranno ricadute marginali sul tessuto produttivo delle piccole e medie aziende, ribadiamo che la linea fin qui seguita dalla politica e dalla burocrazia non potrà che portare ad una desertificazione produttiva irreversibile".