Il decennio, o quasi, di vittorie ininterrotte tra i confini nazionali sembrava lontanissimo. Ieri sera, contro l’Inter a San Siro, la Juventus è sembrata quella che comunemente si definisce una “squadra a fine ciclo”. Lo stesso Chiellini, a fine partita, ha fatto capire che non sarebbe un dramma chiudere il campionato senza portare a casa lo scudetto, dopo nove anni.Certo, manca tutto il girone di ritorno più una giornata, tutto è ancora possibile e sarebbe un errore madornale dare per spacciata la Juve. Ma anche le parole di Andrea Pirlo, più deluso che arrabbiato nel dopo gara, lasciano trasparire quasi un senso di smarrimento, di impotenza, di fronte alla prestazione offerta dai campioni d’Italia.
Centrocampo e furia agonistica
“Non siamo scesi in campo, è mancata la stessa foga agonistica, la stessa determinazione degli avversari. Abbiamo pensato al pareggio, siamo stati timorosi. E il possesso palla è arrivato dai difensori, non dai centrocampisti: così il gioco diventa lento e prevedibile”, queste le parole del tecnico, sovrastato nel primo confronto con Antonio Conte, suo ex allenatore e mentore. Nelle dichiarazioni di Pirlo si può intuire, in effetti, quale sia stata la portata del k.o. di San Siro. La Juve è stata battuta, se non dominata, proprio negli aspetti del gioco che l’hanno portata ad uno strapotere assoluto in Italia.Non è bastato infatti il rientro in extremis di Chiellini per alzare il livello agonistico di una squadra blanda, quasi rassegnata e sovrastata dal punto di vista fisico dagli avversari. Che hanno corso dal primo all’ultimo minuto con furia “contiana”, soffocando la Juventus col pressing alto e con degli uno contro uno che hanno messo a nudo anche i limiti tattici che si erano intuiti nelle scorse settimane.Il centrocampo, poi, l’altro punto dolente: proprio il reparto che ha spadroneggiato per anni e oggi rappresentato da Bentancur, Rabiot e Ramsey, tre corpi estranei. È stato martellato senza chance di respiro, senza possibilità di replica. Tre giocatori probabilmente non compatibili tra di loro e chissà se col DNA juventino di cui Pirlo oggi ha disperato bisogno. La beffa più grande è stato poi il gol dell’1-0 di Vidal, il grande ex, fino ad oggi “sopportato” dall’ambiente interista ma ora diventato il simbolo di quella che potrebbe divenire una nuova era.
La classifica e gli obiettivi
Lo abbiamo accennato in precedenza, lo ribadiamo ora: mai dare la Juventus per morta. Eppure, lo scenario in campionato non è dei migliori. La “Vecchia Signora” ha messo in cascina 33 punti in 17 partite, la media è meno di due punti a partita (in proiezione, quindi, si fermerebbe sui 74-75 punti, chissà se sufficienti per il quarto posto). Il distacco dal primo posto è di sette punti, considerato che il Milan (impegnato a Cagliari nel posticipo della 18esima giornata) ha lo stesso numero di partite giocate (l’Inter una in più), l’attacco è il sesto, la difesa la terza. La Juventus non eccelle in nessun reparto ed è un’anomalia visto che a Ronaldo e Dybala in estate sono stati aggiunti Chiesa, Morata e Kulusevski per rinforzare l’attacco.
Mercoledì c’è in palio il primo trofeo stagionale: contro il Napoli, in Supercoppa, la Juventus mantiene i favori del pronostico stando alle quote dei bookmakers online più importanti dove si può anche giocare al casino. Una vittoria ridarebbe morale e fiducia nel nuovo corso, un k.o. renderebbe i dubbi sulla guida tecnica del “maestro” sempre più pesanti e pressanti. Senza dimenticare che tra meno di un mese c’è la Champions League: il tempo stringe e l’impressione è che la Juventus abbia ancora tanto, forse troppo, cammino davanti a sé per diventare una squadra compiuta.