A nemmeno 30 anni, Giorgio Chinaglia – tra i più forti centravanti dell’epoca – lasciò la Lazio per i New York Cosmos. Avrebbe giocato al fianco di Pelé e Beckenbauer, in una delle squadre più incredibili nella storia del calcio, ma non fu sufficiente a far esplodere la “soccer-mania” negli Stati Uniti. Il passaggio di “Long John” ai Cosmos, nel 1976, è stato il caso più eclatante di un giocatore italiano all’estero prima della “Premier mania” nella seconda metà degli anni ’90. Il campionato inglese negli ultimi due decenni è stato meta di tantissimi connazionali: le fortune sono state alterne, alcuni italiani sono stati e restano amatissimi, altri non hanno lasciato traccia. Andiamo a ricordare allora chi tra i nostri emigranti ha avuto più successo in Premier League.
Il Chelsea “italiano”
Non si può, ovviamente, non cominciare da Gianfranco Zola: quello che presto divenne “Magic Box” è stato il simbolo del Chelsea italianizzato di fine anni ’90. Il sardo è tuttora considerato tra i migliori giocatori di sempre in Premier League, al di là dei trofei di squadra (2 Fa Cup, 1 Coppa di Lega, 1 Charity Shield, 1 Coppa delle Coppe e 1 Supercoppa Europea) e personali (migliori giocatore dell’anno nel 1997). Zola ha incantato per le magie in campo e per la sua simpatia fuori dal rettangolo di gioco, tanto da ricevere poi – nel 2004 – l’onorificenza di Ufficiale dell'Ordine dell'Impero Britannico. Con lui, in quel Chelsea, c’erano Vialli (che divenne poi anche manager, anche lui amatissimo dal popolo “blues”), Roberto Di Matteo e Carlo Cudicini, portiere sempre sottovalutato in patria ma molto apprezzato in Inghilterra.
Gli altri italiani di spicco di quegli anni
Negli stessi anni, più di preciso nel 1997, la Premier League registrò l’arrivo di altri calciatori nostrani: Festa e Ravanelli (divenuto presto “silver fox”) si accasarono al Middlesbrough, col primo che restò anche dopo la retrocessione e il secondo autore di ben 31 gol stagionali. Come poi dimenticare Paolo Di Canio, idolo assoluto del West Ham e ancora oggi ricordato per uno dei gesti più sportivi di sempre, ovviamente acclamatissimo nella patria del fair play. L’ex Milan e Napoli giocò anche nello Sheffield Wednesday (dove militava anche Benny Carbone) e nel Charlton e fu poi allenatore di Swindon Town e Sunderland. Un rapporto profondissimo con quel tipo di calcio con un piccolo rammarico: Di Canio racconta spesso della chiamata di Alex Ferguson che lo voleva nel Manchester United più forte di sempre…
Gli anni 2000
Nel nuovo millennio, i nostri rappresentanti hanno avuto meno successo, almeno in generale. C’è da segnalare un’ottima prima annata di Maccarone (“Big Mac), ancora al Middlesbrough, così come l’esperienza di Graziano Pellé al Southampton è sicuramente degna di nota (conquistò anche il posto stabile al centro della Nazionale di Conte). Detto dei vari Borini, Mannone, Ogbonna, Jorginho ed Emerson Palmieri (gli ultimi tre sono ancora impegnati nel campionato d’Oltremanica), ci sono pochi dubi che il personaggio di maggior spicco in questi ultimi anni è stato Mario Balotelli. La parabola del centravanti lombardo, come dimostra il fatto che è impegnato nelle partite di oggi con la maglia del Monza, a Brescia, è incredibile, per molti è uno dei più grandi talenti sprecati nella storia del nostro calcio: “Super Mario”, però, nel 2011-12 diede un contributo fondamentale per la vittoria della Premier League del Manchester City. Segnò infatti 13 gol in campionato, fu protagonista della storica vittoria (6-1) in casa dei cugini del Manchester United con una doppietta e una polemica maglietta (“Why Always Me?”) divenuta poi iconica. In totale furono 17 gol stagionali, di certo la miglior annata del 36 volte nazionale azzurro.