Ragusa – Niente e nessuno potrà mai restituire il sorriso di Stefania Di Maria ai suoi cari, ai quali però adesso, com’è stato accertato dall’inchiesta, rimane quanto meno la consolazione che la cinquantaduenne e compianta dipendente comunale dell’ufficio Anagrafe del Comune di Ragusa, città dove anche risiedeva, non ha colpa alcuna nel tragico incidente di cui è rimasta vittima, accaduto l’11 agosto di quest’anno, alle 17.40, sulla Strada Provinciale Ragusa-Malavita-Santa Croce, al Km 13+980. Nei giorni scorsi, infatti, è stata depositata la perizia cinematica disposta per chiarire la dinamica, le cause e le responsabilità del sinistro dal Pubblico Ministero della Procura ragusana, dott. Francesco Riccio, nell’ambito del procedimento penale per il reato di omicidio stradale che vede indagato il conducente dell’altro veicolo coinvolto nel terribile scontro frontale, A. D., 54 anni, di nazionalità albanese, residente a Santa Croce Camerina (Rg): per essere assistite, la mamma e la sorella della vittima, attraverso il consulente legale Salvatore Agosta, si sono affidate a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini.
Ebbene, le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio nominato dal Sostituto Procuratore, l’ing. Roberto Piccitto, non lasciano spazio ad alcun dubbio: l’incidente è stato causato esclusivamente dalla condotta di guida del cinquantaquattrenne che, a causa dell’eccessiva velocità tenuta in prossimità di una curva, ha perso il controllo del suo Fiat Scudo e ha invaso la corsia opposta dove sopraggiungeva la Renault Modus della Di Maria, che nulla avrebbe potuto fare per evitare il fatale impatto e la cui unica “colpa” è stata quella di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. L’ing. Piccitto ricostruisce nel dettaglio le drammatiche fasi antecedenti il sinistro. A. D. sta procedendo sulla Sp 60 con direzione Santa Croce Camerina-Ragusa e va forte: “dal report del dispositivo satellitare – spiega il Ctu – risulta che la velocità del mezzo pochi secondi prima di giungere al punto d’urto fosse prossima a 110 km/h”, a fronte di un limite, nel tratto precedente, di 90 km/h, trattandosi di una strada extraurbana secondaria.
A circa 180 metri dal luogo dell’impatto sono installati i segnali di pericolo “curva a sinistra” e “strettoia”, “che avrebbero dovuto indurre il conducente dell’autocarro a ridurre prudenzialmente la velocità del proprio mezzo”, prosegue il perito, e 13 metri prima, nella sua direzione di marcia, compare anche il segnale del limite di 50 km/h, ma a quella curva sinistrorsa lo Scudo ci arriva “a una velocità di circa 84 km/h” calcola l’ingegnere cinematico. Troppo. Il cinquantaquattrenne perde il controllo del veicolo che oltrepassa la linea di mezzeria e finisce nell’altra corsia dove sopraggiunge la Modus di Stefania Di Maria, che procede nel senso opposto di marcia, da Ragusa a Santa Croce Camerina. La sua condotta di guida, al contrario, è immacolata: la donna viaggia a una velocità di appena 36 km/h, ben al di sotto del limite di 50, ma non le basterà.
Il consulente tecnico conclude dunque che a suo carico “non si ravvisa alcuna violazione delle norme del codice della strada”, ma aggiunge anche che, dall’istante in cui nel suo campo visivo è apparso il pericolo, costituito dall’autocarro che aveva invaso la sua corsia, “aveva a disposiozione solo 1/2 secondi e non avrebbe potuto attuare alcuna manovra d’emergenza sterzando a sinistra”. Il resto, purtroppo, è noto: estratta dalle lamiere contorte di quel che restava della sua macchina dai vigili del Fuoco, Stefania Di Maria è stata trasportata in condizioni disperate dall’ambulanza del 118 all’ospedale Giovanni Paolo II di Ragusa, dove purtroppo è deceduta dopo 9 giorni di agonia, il 20 agosto 2020, a causa dei gravissimi politraumi riportati.
A fronte di questo quadro inequivocabile, la sorella e la mamma di Stefania e Studio3A che le assiste si aspettano dunque che venga fatta giustizia e anche che la compagnia di assicurazione dell’autocarro prenda atto della totale responsabilità del proprio assicurato e riconosca un equo risarcimento ai familiari per il gravissimo danno morale patito per la perdita della propria cara.