Con l’aumento del numero degli assessori per l’ingresso di due nuovi amministratori, l’incremento dei costi non doveva essere scaricato sulla collettività. E’ quanto affermano i consiglieri del Pd di Ragusa Mario Chiavola e Mario D’Asta ricordando che “la norma regionale che ha consentito di aumentare il numero degli assessori nelle Giunte comunali non prevedeva oneri per la Regione stessa, ma questo non vuol dire che l’aumento dei costi doveva essere scaricato sulla collettività”.
Poi i due dem aggiungono “il buon senso dovrebbe facilitare nell’interpretazione di quanto regolato dalla legge del 3 aprile 2019, che all’art. 3 contemplava appunto l’invarianza finanziaria. Non ci dovevano essere costi a carico della Regione, ma questo non esime i sindaci dall’amministrare con la diligenza del buon padre di famiglia e non li obbliga a far pesare sulle casse comunali il peso di nuovi assessori. In un periodo di necessario restringimento della spesa pubblica, e dopo che molti sindaci, negli anni passati, hanno provveduto, addirittura, a tagliare i propri compensi, pur previsti dalle leggi, non si può accettare che si aumenti il numero dei componenti la Giunta senza, preventivamente, decidere di spalmare l’attuale impegno economico sul totale dei nuovi componenti.
Considerare le casse comunali come un bancomat per pagare le indennità dei nuovi assessori, senza badare al dilagare dei costi della politica, non si confà ai tempi e alle tendenze che da più parti sono rispettate”. Per di più Chiavola e D’Asta avanzano l’ipotesi che “il sindaco di Ragusa non solo ha nominato due assessori ma, pare, che ne voglia nominare un terzo, sfruttando le possibilità offerte dalla nuova normativa”. Quindi i due consiglieri democratici ricordano “in un Comune nel quale, nel recente passato i sindaci hanno decurtato, fino al 30%, le indennità proprie e degli assessori (il riferimento è ai tagli dell’amministrazione 5 stelle Piccitto n.d.r.) non è ammissibile tollerare un tale aumento di spesa, che non guarda alle attuali condizioni finanziarie, comuni a tutti gli enti pubblici.
La collettività non è indifferente a queste tematiche e meglio farebbe il primo cittadino a rivedere le sue decisioni, modificando l’entità degli emolumenti. Il sindaco Cassì si fa paladino dell’antipolitica, del cambiamento ma, sull’argomento, è inevitabile constatare che si comportavano molto meglio i sindaci del passato. Lo richiede il buon senso, lo richiedono le condizioni delle casse comunali. E, inoltre, non si possono tartassare i cittadini per poi farli assistere a questa girandola di compensi a favore dell’allargamento della Giunta che si aggiungono a quelli, aumentati a loro volta, per collaboratori, esperti e consulenti vari”. (da.di.)