Ragusa – “L’arresto effettuato proprio una settimana fa, nei pressi del City, nel contesto del parco Giovanni Paolo II, di due venditori di morte, ripropone, purtroppo, con forza un fenomeno che, seppur non eclatante rispetto ad altre piazze, è comunque da non prendere sottogamba perché si rifà sotto con una certa ciclicità. Da piazza San Giovanni a quest’ultima zona in cui sono stati effettuati gli arresti, c’è un asse dello spaccio di sostanze stupefacenti che, come città, ci dobbiamo impegnare a debellare”. E’ la riflessione fatta ad alta voce fatta dai consiglieri comunali del Pd di Ragusa, Mario Chiavola e Mario D’Asta, a proposito di una realtà che coinvolge sempre più ragazzi in tenera età, come testimoniato dalle indagini effettuate per il suddetto evento criminale dalle forze dell’ordine. “Sono stati alcuni cittadini – continuano i due consiglieri del Pd – ad avvisare la polizia che prontamente è intervenuta per cercare di individuare i pusher. In due sono stati assicurati alla Giustizia. Al di là dell’episodio specifico, però, occorre riflettere su quanto il fenomeno sia esteso e su quanto rischia di coinvolgere i nostri figli. E’ una situazione molto delicata e complessa al tempo stesso. Ma è una questione su cui, ora come in passato, occorre accendere la luce. Dobbiamo parlarne il più possibile per evidenziare che la piaga dello spaccio riguarda anche la nostra città e cercare tutti assieme, con la concertazione tra Comune e agenzie educative, ad esempio, di stigmatizzare le motivazioni che spingono i nostri ragazzi a rivolgersi a chi mette a disposizione la droga”. “Tra i deterrenti, ad esempio – aggiungono Chiavola e D’Asta – quello dell’installazione di telecamere nelle zone più sensibili. Ma avrebbero un valore relativo perché gli spacciatori troverebbero sempre luoghi diversi per portare avanti il loro commercio. Neppure l’intensificazione dei controlli, da parte delle forze di polizia, potrebbe servire più di tanto perché è impensabile che tutte le zone del territorio siano presidiate h24 dagli organismi deputati. Allo stesso tempo, anche la collaborazione dei cittadini, come nell’ultimo caso del City, ha un significato relativo perché certo non si può pretendere che gli stessi si trasformino in vigilantes. Riteniamo, quindi, che l’intervento più importante debba essere fatto a scuola, fortificando il messaggio educativo e mettendo sempre più in evidenza la gravità della situazione e i potenziali pericoli a cui i più giovani andrebbero incontro. In un periodo di didattica a distanza, questa proposta non è percorribile. Ma già a settembre, con la creazione di appositi progetti, promossi dal Comune, potrebbe essere utile attivare dei percorsi in classe tali da garantire quella sensibilizzazione necessaria per esaminare le varie sfaccettature del fenomeno. Non stiamo dicendo che questa sia la soluzione madre ma può rappresentare un piccolo contributo da apportare a un percorso molto più articolato. Intanto, però, è necessario avviare un confronto sulla questione e pensare a dei protocolli attuativi che non trascurino questa problematica molto grave”.