Ragusa – Centri semiresidenziali e centri diurni per disabili in Sicilia sembrano essere i grandi dimenticati della fase 2 in Sicilia. Se ne occupa la deputata regionale 5 stelle Stefania Campo che pur riconoscendo che “i provvedimenti emanati dall’assessore alla Salute Razza e dall’assessore alle Politiche sociali Scavone sulla possibilità di riattivare i centri semiresidenziali e centri diurni per disabili in Sicilia, sono auspicabili dopo la fase acuta del Coronavirus nella nostra regione” deve prendere atto che “lasciano ancora diversi interrogativi sulle modalità di riapertura”.
La Campo, che in proposito ha presentato una interrogazione, ritiene, insieme ai componenti della Commissione Sanità all’Ars del M5S Francesco Cappello, Giorgio Pasqua, Salvatore Siragusa e Antonio De Luca, che è necessario, da parte del Governo regionale “integrare i provvedimenti dell’8 e del 27 maggio chiarendo nel dettaglio chi può riaprire e chi deve sostenere i costi”. Secondo la Campo e i suoi compagni di gruppo infatti si è di fronte ad una doppia criticità, “la prima riguarda le tipologie di attività e di centri che possono procedere alla graduale ripresa dei servizi. Fra le strutture destinatarie dei provvedimenti, difatti, ne sono individuate soltanto alcune tipologie, rimanendo così esclusi dall’elenco tutti i centri socio educativi o socio-occupazionali che non sono iscritti all’albo della Regione Siciliana o quelli gestiti direttamente dai Comuni”.
Ma a questa si aggiunge l’altra criticità, ovvero la parte delle circolare che “riguarda gli aspetti economici e contrattuali, soprattutto inerenti la contrattazione e finanziamento delle attività, dato che si andrà incontro a maggiori oneri derivanti dalle obbligatorie operazioni di sanificazione, acquisto dpi (ad esempio un camice monouso costa intorno ai 4€), riprogrammazione degli spazi, turnazioni e rapporto operatori/persone con disabilità 1 a 1, acquisto dispositivi tecnologici e quant’altro. Restando così le cose, è chiaro che moltissime associazioni che operano nel campo della disabilità resterebbero tagliate fuori da ogni forma di supporto per la fase di ripartenza e pertanto rischiano di non riaprire. Si rende quindi impellente estendere la riapertura anche ai centri rimasti esclusi dall’elenco e di disciplinare esplicitamente, con ulteriori note integrative, come le associazioni possano e debbano far fronte ai nuovi oneri derivanti dalle misure precauzionali da attivare per la riapertura in sicurezza, sia nei confronti degli operatori che dei propri utenti”.
A riprendere sul piano cittadino quanto sottolineato da Stefania Campo è il consigliere di maggioranza di Ragusa, nonchè delegato del sindaco ai servizi sociali Luca Rivillito, secondo cui per i centri disabili occorre seguire le fasi della riapertura ma primario deve essere l’intervento della Regione”. Del resto Rivillito asserisce che “nonostante il lokdown, come Comune di Ragusa, precisamente Settore VII Area Disabili, abbiamo mantenuto costanti contatti, durante l’emergenza, con le associazioni che si occupano, in particolare, dei centri di assistenza”. Il consigliere comunale mette poi in evidenza “come già gli uffici, con in testa il dirigente di settore e il funzionario di area, sono in contatto con le associazioni che gestiscono i centri semiresidenziali e centri diurni per disabili per programmare, velocemente, il riavvio delle attività, presumibilmente dal 3 giugno”.
Ed anche Luca Rivillito deve comunque ammettere che “in questo contesto, sommarie appaiono le indicazioni della Regione che deve, soprattutto, chiarire chi dovrà sostenere i costi di sanificazione obbligatoria e di acquisto dei necessari dispositivi di sicurezza”. Infatti, per il delegato ai servizi sociali di Ragusa “non è pensabile che le associazioni possano sostenere i costi relativi, deve essere la Regione, devono essere gli Assessorati regionali alla Salute e alle Politiche della Famiglia a precisare meglio le giuste linee guida, attivandosi con risposte concrete, anche sotto il profilo economico”.
Rivillito conclude rilevando un altro punto critico fondamentale che emergerà in sede di startup dei servizi: ”inizialmente gli utenti disabili, che ricordo, con il supporto dei familiari, sono coloro che pagano le rette, potrebbero essere, per una questione fisiologica, e dopo il terremoto covid19, in numero inferiore rispetto al passato e quindi si potrebbe venire a creare un rapporto operatore/persona disabile, in tempi normali equilibrato, disallineato tra erogazione servizio/necessità servizio e questo non deve assolutamente ricadere sulle spalle né del Comune né delle associazioni.” (da.di.)