Ragusa – Mentre il Governatore siciliano Nello Musumeci pare intenzionato a passare dalla zona rossa (che definisce ‘sbiadita’) della Sicilia ad un vero e proprio lockdown, otto sindaci di Comuni iblei (Acate, Chiaramonte Gulfi, Giarratana, Monterosso Almo, Ragusa, Santa Croce Camerina, Scicli e Pozzallo) hanno sottoscritto una nota inviata al Presidente della Regione Siciliana ed all’Assessore Regionale alla Sanità, Ruggero Razza con la quale chiedono di riesaminare l’istituzione della “zona rossa” anche per il territorio ibleo. Le perplessità avanzate dai primi cittadini sono le seguenti “ha fatto bene il Presidente Regionale ad insistere in tal senso, o si poteva rimanere in zona arancione, e continuare ad adottare provvedimenti restrittivi mirati per i comuni e le province più esposte ai contagi? Ha fatto bene il Ministro della Salute ad assecondare la richiesta della Regione, malgrado i dati della Sicilia, secondo i parametri elaborati dal Comitato tecnico scientifico, la collocassero in “arancione”, o sarebbe stato meglio evitare un pericoloso precedente discostandosi da quel meccanismo automatico che stabilisce il colore solo in base ai dati (e non alle richieste dei Governatori)?”.
E a proposiito dei dati siciliani, i sottoscrittori dellla richiesta fanno notare ”negli ultimi 10 giorni con 391 nuovi positivi su una popolazione di 320.000 abitanti, l’incidenza dei contagi nella provincia di Ragusa è stata dello 0,122%. Nello stesso periodo nella provincia di Palermo la percentuale dei positivi in rapporto alla popolazione è stata dello 0,355% (4.516 su 1.271.000), in quella di Catania dello 0,443% (4.736 su 1.080.000), in quella di Messina dello 0,486% (3.116 su 640.000), per citare le province più popolose. Dipende certo anche dal numero dei tamponi effettuati, ma un simile drastico scostamento percentuale esprime pacificamente una palese differenza di stati di fatto. Gli scostamenti del numero dei ricoveri negli ospedali del ragusano, sempre negli ultimi 10 giorni, sono insignificanti, ed i reparti Covid si sono svuotati rispetto al periodo più critico di fine novembre. I dati dunque parlano chiaro: se tutta la Sicilia avesse avuto i nostri stessi “numeri” oggi saremmo in “arancione”, o forse addirittura in “giallo”. Non è una questione di classifiche tra buoni e cattivi, ma l’incremento dei contagi di questi giorni è senza dubbio la conseguenza dei comportamenti tenuti durante le festività di Natale e Capodanno. Se ne deduce che: 1. Le scuole, chiuse in quei giorni, sono estranee alla nuova diffusione del virus in atto; 2 nel territorio ibleo siamo stati evidentemente più ligi alle prescrizioni ed ai divieti imposti dal Governo e dalla Regione”.
Alla luce di tali considerazioni i sindaci degli otto comuni del Ragusano chiedono “alla Regione e allo Stato, ciascuno per quanto di rispettiva competenza, di riesaminare la propria posizione e di tenere anche in futuro nel debito conto la specificità del nostro territorio”. A dare man forte alla richiesta dei primi cittadini di Acate, Chiaramonte Gulfi, Giarratana, Monterosso Almo, Ragusa, Santa Croce Camerina, Scicli e Pozzallo, interviene Italia viva Ragusa, rappresentanta da Marianna Buscema, coordinatrice provinciale e da Salvo Liuzzo, componente del comitato nazionale, i quali osservano “la difficile condizione economica degli operatori, soprattutto in relazione ad alcune categorie, della nostra provincia, che dura ormai da qualche mese, si è aggravata, negli ultimi giorni, a causa delle restrizioni determinate dalla dichiarazione di zona rossa. Per questa ragione, valutando che il nostro territorio non abbia gli stessi numeri, in termini di contagio, delle aree metropolitane siciliane, ci uniamo alla richiesta proveniente dai sindaci iblei che chiedono l’esclusione dell’intera provincia dalla zona rossa”. I due esponenti renziani aggiungono “l’attuale condizione porterà un ulteriore aggravamento della situazione economica nella nostra zona.
Piuttosto sarebbe necessario programmare delle differenze per evitare di continuare a predisporre chiusure in modo orizzontale. Già sappiamo che ci vorrà molto tempo prima che, alla fine della pandemia, la nostra provincia possa tornare a riprendersi sul piano economico. Molte le attività che, purtroppo, saranno costrette a chiudere i battenti. Ecco perché riteniamo che una rivisitazione di tale decisione, da parte del Governo regionale, sia doverosa oltre che irrinunciabile. Fermo restando il rispetto per la salute di tutti, non è possibile che il futuro economico di molte attività sia pregiudicato così a cuor leggero” . Insomma, concludono Marianna Buscema e Salvo Liuzzo, dopo che la decisione di avanzare una richiesta in tal senso al Governo Musumeci, unendosi a quella già proveniente dai sindaci del Ragusano, è stata ratificata dal direttivo provinciale di Italia Viva, “un momento complesso, decisioni non facili da prendere ma che non possono prescindere da una certa lucidità che ci deve proiettare al futuro, senza cui non è possibile pensare di programmare alcunché.
E questo futuro non può prescindere dalla tutela quanto più adeguata possibile delle nostre attività economiche che già arrivano da un anno particolarmente tormentato e che, adesso, si trovano a doversi confrontare con ulteriori restrizioni quando, invece, speravano in un allentamento della morsa. Tutto ciò non è concepibile. La zona rossa in provincia di Ragusa non ha, anche secondo noi, alcuna ragione d’essere”. (da.di.)