Riflessioni del sociologo e professore di comunicazione e giornalismo presso il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università degli Studi di Messina, Francesco Pira sull’uso improprio dell’IA, ovvero dell’intelligenza Artificiale, in quanto gli algoritmi su cui si basa possono alterare la percezione della realtà.
“Il potere dell’algoritmo – ha dichiarato il professor Pira – modifica la percezione del reale, altera i bias cognitivi in base ai quali definisco il frame e attribuisco veridicità ai contenuti a cui vengo esposto. Si realizza così una manipolazione che ha effetti profondi sui modelli culturali e cognitivi degli individui distorcendo i meccanismi di costruzione della fiducia e credibilità. La polarizzazione dell’opinione pubblica ingenera violenza e paura e cristallizza opinioni e posizioni rendendo difficile l’opera di debucking e di ricostruzione della credibilità basata sulla ricerca della verità oggettiva. Lo stesso Bauman evidenzia come la modernizzazione ha portato al prevalere della democrazia dell’economia sulla democrazia della cultura trasformandola in mercato industrializzato di massa della cultura, sottraendo perciò strumenti per l’interpretazione e riducendo sempre di più lo spazio per la creazione di una cultura collettiva a favore di un consumismo “culturale”, conseguenza dello sfaldamento dei legami sociali, di contenuti sempre più mordi e fuggi.”
“L’era social – continua Pira – ha modificato il linguaggio e la gestione delle relazioni interpersonali. Abbiamo nell’arco della giornata molti più rapporti social che rapporti sociali. Sono tanti gli strumenti che abbiamo a disposizione. E noi adulti stiamo seguendo i più giovani nella digitalizzazione dei sentimenti, nella vetrinizzazione di qualunque performance. Ci si conosce in chat, si comunica attraverso app di tutti i tipi. Abbiamo bisogno di documentare tutto quello che facciamo, ogni istante, con un ritmo quasi forsennato. Cerchiamo ascolto, amicizia e amore sui social. Auspichiamo che qualcuno condivida il nostro post, un nostro pensiero, una massima, una foto. Aspettiamo il like o il cuoricino. E’ la gratificazione piena di quanto abbiamo scritto o pensato, o addirittura copiato.
Le parole vengono sostituite sempre più dalle immagini. Prima si raccontava agli amici cosa era successo, cosa si provava, le emozioni, le liti, oggi sembra quasi che se non si produce una storia su Instagram per documentare cosa stiamo facendo o è successo, non siamo credibili o riconoscibili.”