Roma, 16 mag. – Oltre 1 milione e 600mila i posti di lavoro 'circolari' stimati nell'Italia pre-Covid , esattamente 1.672.310. Questi, secondo le ultime previsioni di Unioncamere-Anpal, aggiornate a febbraio 2020. Per stimare il possibile futuro dell'occupazione green in Italia, Legambiente e Green Factor, nell'ambito del progetto Ecco, hanno sviluppato un'analisi concentrandosi su 55 figure professionali e sottoposto un questionario ad un gruppo selezionato di attori dell'economia circolare, per testare il grado di fiducia in una possibile ripresa basata su uno sviluppo sostenibile.
Nel 2019, il 78,8% delle imprese italiane ha richiesto competenze green, non solo a chi possiede un titolo universitario (83,1%), ma anche a neodiplomati (78,1%) e a chi si affaccia al mondo del lavoro subito dopo le scuole dell'obbligo (79,8%). Dati, questi, che dovranno scontrarsi con le 422mila unità lavorative in meno previste da UnionCamere per effetto del Covid-19, che includono 190mila unità di lavoratori indipendenti e 232mila dipendenti privati.
In particolare, l'indagine si è inizialmente concentrata su 55 gruppi professionali legati sia all'impresa che all'auto-impresa, tenendo in considerazione tutte quelle professioni che possono avere sviluppo in ambito locale e auto-imprenditoriale, e analizzando i dati di tendenza 2019 sulle professioni dal Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal.
Le competenze verdi si confermano abilità con un altissimo potenziale occupazionale, e non solo per 'addetti ai lavori': tra le professioni chiamate ad affinare le abilità green, cuochi, gestori di bed and breakfast e agriturismi, addetti all'assistenza e alla sorveglianza di adulti e bambini, ma anche falegnami, fabbri, estetisti e webmaster. Tutte figure che mostrano un elevato Indice Green, percentuale che misura il potenziale di risparmio energetico e sostenibilità ambientale della singola professione.
"Sono state analizzate due classi di professioni. Un primo gruppo di 29 categorie, con un mercato di circa un milione e mezzo di posizioni aperte sul mercato del lavoro nel 2019, tutte potenzialmente coinvolte in processi di economia circolare dal basso o in imprese via via più strutturate fino alle grandi con oltre 50 dipendenti", commenta Marco Gisotti, giornalista e direttore di Green Factor.
"Quindi, un secondo gruppo nel quale sono state classificate tutte quelle altre categorie professionali, in tutto 22, nelle quali esplicitamente Istat pone riparatori e manutentori: un mercato di 234.140 posizioni disponibili in entrata solo nello scorso anno", aggiunge.
L'analisi si è conclusa con una rilevazione su un gruppo selezionato di esperti scelti fra operatori di economia sociale e circolare, per iniziare a stimare l'impatto socio-economico della crisi sanitaria determinata dal Covid-19.
Nonostante l'indagine sia stata svolta proprio nel periodo di lockdown, e quindi con le evidenti limitazioni nello svolgimento di molte professioni e con la stragrande maggioranza delle piccole e microimprese ferme, è emerso come la crisi sanitaria sia percepita come un problema per il 42% dei casi, ma rappresenti, allo stesso tempo, l'occasione per costruire un nuovo paradigma occupazionale più sostenibile nel 61% dei casi. Solo il 9% ritiene l'epidemia ininfluente e pensa che le cose torneranno come erano prima.
Una tendenza che trova conferma nelle proiezioni degli intervistati a 1, 5 e 10 anni dall'epidemia per quel che riguarda i posti di lavoro nei settori dell'economia circolare. Oltre ad una certa preoccupazione per l'immediato futuro, le stime appaiono più rosee via via che la proiezione si distanzia nel tempo: i soggetti intervistati ritengono che i lavori green cresceranno nel prossimo anno quasi dell'8%, per lasciare spazio al 26,4% nei prossimi 5 anni.
Molto atteso il ruolo delle istituzioni in chiave europeista. Un sentimento, quello della fiducia verso una visione europea dell'ambiente, che tende a radicarsi nella prospettiva di un più lungo periodo. La stima dell'aumento dell'occupazione green ammonta al 34,5% nei prossimi 10 anni, grazie alla fiducia negli investimenti e nelle politiche europee.
I soggetti scelti hanno, inoltre, valutato i fattori utili per implementare azioni di economia circolare e quelli che possono rappresentare un rischio per il suo sviluppo, assegnando un valore numerico compreso tra 0 e 100. Tra gli interventi più attesi, la diminuzione della pressione fiscale da parte dello Stato (con un peso di 85 su 100) per chi opera nell'economia circolare e il perfezionamento del sistema di leggi e regolamenti nazionali e locali anche per chi vorrebbe iniziare (84,2).
Inoltre, l'indagine mostra che i rischi maggiori per gli intervistati derivano da fattori pre-Covid. La crisi sanitaria, per quanto abbia un peso di 45,8 su 100, è ben distante dai vincoli imposti dalla burocrazia (che ha un peso di 74,2) e dalla scarsa attenzione che le istituzioni deporrebbero in essa in ambito locale (68,3).