Non tutti sanno che alcuni sintomi sono un vero e proprio campanello d’allarme per la glicemia alta. Ma vediamo nel dettaglio cos’è la glicemia alta, quali sono i sintomi e la dieta o meglio il tipo di alimentazione da seguire per evitare l’iperglicemia. Come capire se si soffre di glicemia alta? Per capire se si è affetti da glicemia alta è semplice: basta prestare attenzione ai seguenti campanelli d’allarme: sete costante, secchezza della gola e della bocca; perdita di peso senza motivo; vista appannata; stanchezza e affaticamento. Ma si possono verificare anche sintomi più consistenti, come: mal di testa; nausea e vomito; necessità di urinare più spesso, soprattutto durante le ore notturne; infezioni alla pelle o alle vie urinarie (candida); alito acetonemico; xerostomia, che consiste nella scarsa e alterata produzione di saliva.
Glicemia alta: cos’è?
Le cellule del nostro corpo, per l’attivazione di processi cerebrali e non solo, traggono energia dal glucosio. La sua concentrazione nel sangue è meglio conosciuta come glicemia. È da alcuni alimenti o da lipidi e proteine, che l’organismo assimila e sintetizza glucosio, il cui livello viene regolato da un sistema interno che si serve di ormoni ipoglicemizzanti, in grado di abbassare la glicemia, come l’insulina. E ormoni iperglicemizzanti, che l’aumentano. I valori medi di un individuo che mangia sano e segue una routine equilibrata, si aggirano intorno ai 60 e i 130 mg/dl nell’arco di una giornata. In caso di digiuno, invece, variano dai 70 e ai 110 mg/dl. Se dovessero sfiorarsi picchi pari a 100-125 mg/dl, o superare i 126 mg/dl, si può parlare di glicemia alta. E’ importante, pertanto, intervenire per evitare conseguenze negative, e la possibile comparsa di diabete.
Iperglicemia: cos'è?
L'iperglicemia è un termine medico utilizzato per definire la presenza di elevati livelli di zucchero (glucosio) nel sangue rispetto ai valori normali, compresi tra i 70 e i 100 milligrammi/decilitro dopo 8 ore di digiuno. L'iperglicemia è una condizione comune nelle persone con diabete e può, occasionalmente, essere presente anche in persone non diabetiche che hanno avuto un ictus o un attacco cardiaco. L'iperglicemia in corso di diabete deve essere accuratamente trattata con l’obiettivo di mantenere i livelli di glucosio nel sangue (glicemia) il più possibile vicino ai valori normali. È importante essere in grado di riconoscere l'iperglicemia, in quanto se non trattata, può causare gravi problemi di salute. Episodi di iperglicemia lievi, di solito, non sono motivo di preoccupazione e possono essere trattati abbastanza facilmente o possono tornare alla normalità da soli. Tuttavia, l'iperglicemia può diventare pericolosa se la glicemia è molto elevata o resta alta per lunghi periodi. In questi casi possono comparire complicanze pericolose per la vita, quali: chetoacidosi diabetica, una condizione grave in cui le cellule, non essendo in grado di usare il glucosio, utilizzano i depositi di grasso e il muscolo come fonte alternativa di energia. Questo porta a un accumulo di corpi chetonici acidi nel sangue, che può causare vomito, disidratazione, perdita di coscienza e persino la morte coma iperosmolare, una condizione di grave disidratazione dovuta all'eliminazione del glucosio in eccesso. La presenza costante di elevati livelli di glicemia causa importanti complicanze a carico di cuore, vasi sanguigni, reni, occhio e nervi. Se si verificano regolarmente episodi di iperglicemia, è importante rivolgersi al proprio medico o al team diabetologico in quanto potrebbe essere necessario modificare lo stile di vita o la terapia per mantenere la glicemia vicina a valori normali.
Glicemia alta: alimentazione e dieta
La dieta o meglio l’alimentazione per abbassare la glicemia alta Dopo aver individuato cause e sintomi dell’iperglicemia, è possibile intervenire modificando in primis l’alimentazione, soprattutto se si è soggetti diabetici. A tal proposito, è fondamentale lasciare spazio, all’interno della propria dieta, a cibi: a basso indice glicemico, come frutta poco zuccherata, legumi interi, cereali integrali arricchiti con fibre solubili come l’inulina; scarsamente calorici, quali ortaggi del calibro di lattuga, finocchi, zucchine, radicchio; fonti di Omega 3 (aringhe, sarde, sgombro, olio di soia, semi di lino, kiwi, uva) e proteine (fiocchi di latte, merluzzo, petto di pollo, ricotta magra, uova). Si tratta di alimenti con azione protettiva, poiché contrastano squilibri glicemici e patologie del metabolismo; antiossidanti vitaminici, ideali nella lotta contro i radicali liberi. È suggerito comprendere all’intero della propria alimentazione giornaliera Vitamina A (crostacei, frutti rossi e arancioni, latte), Vitamina C (agrumi come arance, limoni, mandarini, pompelmi, cicoria, prezzemolo), Vitamina E (grano, mais, sesamo), e flavonoidi, contenuti in aglio, cipolla, ciliegie, frutti di bosco, melagrana, caffè, cacao, tè.
È indicato usare olio extravergine di oliva per insaporire le pietanze: i grassi, infatti, ritardano la digestione e l’assorbimento del glucosio, tenendo sotto controllo eventuali picchi glicemici. E se si è ghiotti di vino, è concesso bere quantità esigue di rosso. A tavola, è bene poi limitare o evitare: cereali, pane, pasta, patate, legumi e frutta dolce, alimenti ricchi di carboidrati; dolci, cereali bolliti o raffinati, crosta del pane, pizza, snack, bevande gassate e zuccherate, birra, cibi “spazzatura”, con alto indice glicemico, e ipercalorici; Formaggi grassi, hamburger, insaccati, panna, salumi, wurstel, hamburger, prodotti da forno e margarina. Grassi cattivi in quanto lipidi saturi e idrogenati. Per abbassare il carico glicemico, è doveroso consumare 5-7 pasti con porzioni ridotte nel corso della giornata, distribuendo i nutrienti equamente, senza eccessi di alcun tipo.