Vitamina D o vitamina del sole: alleata della salute. La vitamina D o vitamina del sole è da sempre ritenuta una vera alleata della salute. La vitamina D è essenziale per la salute dell’apparato scheletrico, poiché serve ad assorbire il calcio, elemento prezioso per avere ossa forti ma non solo. Vediamo perché la vitamina D o vitamina del sole è un vero alleato della salute. Anche se in molti casi la carenza di vitamina D non porta con sé sintomi gravi, livelli adeguati di questo composto nel nostro organismo sono necessari per la salute delle ossa, dei nervi, dei muscoli e del sistema immunitario. Nella forma attiva, chiamata calcitriolo, la vitamina D stimola infatti l’assorbimento di calcio e fosforo, che mantengono le ossa forti e le proteggono dalla perdita di mineralizzazione tipica dell'età avanzata, oltre a prevenire malattie un tempo molto frequenti come il rachitismo.
La ricerca ha inoltre dimostrato che la vitamina D è coinvolta in numerose altre funzioni di cellule, tessuti e organi, garantendo per esempio una corretta contrazione dei muscoli o influenzando il sistema immunitario. In Italia, viene considerato normale un livello di vitamina D – o meglio di 25(OH)D, la forma che si misura con gli esami del sangue – compreso tra 20 e 40 ng/mL. Sotto i 20 ng/mL, invece, è opportuno prevedere delle strategie per contrastare la carenza.
Ecco 9 alimenti inclusi fra i cibi salutari con il più alto contenuto di vitamina D o vitamina del sole:
Trota salmonata e salmone: Si tratta di due specie appartenenti alla famiglia dei Salmonidae molto diffuse sui banchi delle nostre pescherie. Fonti di omega 3 (acidi grassi dall'azione antinfiammatoria noti per i loro effetti benefici per la salute del cuore) contengono anche buone dosi di vitamina D. In particolare, 100 grammi di trota salmonata da allevamento apportano 15,9 μg di vitamina D. Il salmone fresco, invece, ne contiene 10,9 μg ogni 100 grammi, quello affumicato 17,1 μg ogni 100 grammi e quello in scatola 15 μg ogni 100 grammi.
Pesce spada: Anche il pesce spada è allo stesso tempo fonte di omega 3 e di vitamina D. Quest'ultima è presente in dosi pari a 13,9 μg ogni 100 grammi di parte edibile. Essendo un grande predatore, il pesce spada porta con sé un possibile rischio: la contaminazione da metalli pesanti che accumulandosi nell'organismo possono portare a seri effetti collaterali. Il mercurio, per esempio, è neurotossico. Questo problema riguarda anche altri pesci contenenti di vitamina D, come salmone e tonno. Per questo il consiglio generale è di non mangiare più di 150 grammi alla settimana di queste tipologie di pesce.
Sgombro: Con i suoi 13,8 μg ogni 100 grammi è un'altra buona fonte di vitamina D associata ad acidi grassi polinsaturi omega 3. Rispetto a salmone, pesce spada e tonno presenta un vantaggio: non accumula dosi preoccupanti di metalli pesanti. Per questo può essere portato a tavola più spesso.
Aringa e sardine: Il contenuto di vitamina D di aringa e sardine è simile: 4,2 μg in 100 grammi per la prima, 4,8 μg per le seconde. Anche in questi casi alla vitamina D si aggiungono preziosi acidi grassi omega 3. E anche queste specie, come lo sgombro, non portano con loro il rischio di contenere dosi pericolose di metalli pesanti.
Uova: sono necessarie 2 uova intere per assumere un po' più di 2 μg di vitamina D. A contenerla è solo il tuorlo, dove è presente in concentrazioni pari a 5,4 μg ogni 100 g. Purtroppo le uova contengono dosi significative di grassi saturi e di colesterolo. Questo non significa che siano da mettere al bando dalla propria alimentazione, ma che è meglio non eccedere con il loro consumo. Secondo i principi della Dieta Mediterranea se ne possono mangiare da 2 a 4 alla settimana.
Tonno: Rispetto ad altri pesci contiene dosi di vitamina D decisamente inferiori, pari a 1,7 μg ogni 100 grammi nel caso in cui si tratti di tonno fresco. Per chi ama la praticità di quello in scatola, la buona notizia è che questa vitamina non viene persa nei processi di lavorazione.
Il latte: In 100 grammi di latte intero sono presenti 1,3 μg di vitamina D. Non si tratta, quindi, dell'alimento più ricco di questa preziosa vitamina, ma può dare un contributo al suo apporto quotidiano. Anche alcuni formaggi e latticini ne contengono una certa quantità. Ce n'è un po', per esempio, nello yogurt intero e nella feta.
Fegato di bovino: Il contenuto di vitamina D nel fegato di bovino brasato non è molto diverso da quello del latte intero: 1,2 μg ogni 100 grammi. Insieme fornisce anche vitamina A, in dosi pari a circa 9,4 mg di retinolo.
Funghi, cacao e cioccolato: A seconda della varietà presa in considerazione, 100 grammi di funghi apportano circa 0,2-0,4 μg di vitamina D sotto forma di vitamina D2. Proprio come la vitamina D3 nella pelle, anche la vitamina D2 nei funghi viene sintetizzata in seguito all'esposizione ai raggi ultravioletti. Un tempo si pensava fossero l'unica fonte alimentare di origine vegetale di vitamina D. Recenti ricerche hanno però rilevato la presenza di vitamina D2 anche nel cacao e nel cioccolato. Infatti le fave di cacao contengono l'ergosterolo, precursore della vitamina D2, e quantità significative di quest'ultima sono state ritrovate sia nella polvere e nel burro di cacao, sia in diversi tipi di cioccolato: fondente (1,90-5,48 µg/100 g), bianco (0,19-1,91 µg/100 g) e spalmabile alla nocciola (in media 0.15 µg/100 g). L'ipotesi è che l'ergosterolo venga convertito in vitamina D2 durante l'essiccazione al sole delle fave.
Vitamina D o vitamina del sole: studi
“La carenza di vitamina D però non ha solo un impatto negativo sulla salute dello scheletro, ma secondo alcuni potrebbe anche facilitare anche lo sviluppo e la progressione di molte ‘malattie della civilizzazione’, come disturbi cardiovascolari, diabete, malattie autoimmuni e cancro” si legge in un recente articolo pubblicato sull’International Journal of Molecular Sciences. Numerosi studi hanno dimostrato che la vitamina D migliora la densità minerale delle ossa, aiuta a prevenire le fratture negli anziani e nelle donne dopo la menopausa ed è anche fondamentale per sostenere il corretto sviluppo dei più piccoli. La densità ossea ottimale comunque si costruisce soprattutto durante l’arco dell’intera vita, anche attraverso l’esercizio fisico, per cui il ricorso a integratori resta un argomento controverso tra i medici e i ricercatori. Altri studi hanno suggerito invece un legame tra bassi livelli di vitamina D e sviluppo di problemi cardiovascolari o aumento del rischio di sclerosi multipla nelle donne. I ricercatori stanno valutando il potenziale ruolo della vitamina D anche nella prevenzione e cura dell’influenza stagionale e nello sviluppo di alcune malattie autoimmuni (diabete di tipo 1, lupus eritematoso sistemico) e neurologiche (Parkinson, Alzheimer).
Infine, ma non certo meno importante, si sta studiando il legame tra vitamina D e microbiota intestinale, l’insieme dei microbi che popolano l’intestino. In tutti questi casi, però, non vi sono ancora prove scientifiche a sufficienza per sostenere l’uso regolare di integratori.
Vitamina D e cancro: tanti dati, non sempre chiari
“La luce del sole e la vitamina D riducono la probabilità di ammalarsi di tumore del colon?” Sono passati 40 anni da quando due ricercatori si sono posti questa domanda sulle pagine dell’International Journal of Epidemiology. Da allora le ricerche sul legame tra vitamina D e cancro non si sono fermate ma, nonostante il grande lavoro svolto dai ricercatori, in quasi tutti i casi non è ancora possibile giungere a conclusioni definitive.
Studi di laboratorio hanno dimostrato che la vitamina D è coinvolta in processi importanti anche per lo sviluppo e la progressione di tumori, come l’infiammazione, la crescita cellulare, il metabolismo del glucosio e il funzionamento del sistema immunitario. Inoltre, molti geni che regolano la proliferazione, la differenziazione e la morte programmata (apoptosi) delle cellule sono modulati almeno in parte dalla vitamina D. Ma se in laboratorio e negli animali di laboratorio il ruolo positivo di questo composto nella prevenzione e nel controllo dei tumori è sembrato piuttosto evidente, negli esseri umani gli studi intrapresi hanno prodotto risultati contrastanti. Un articolo recentemente pubblicato su Seminars in Cancer Biology ricorda che in generale bassi livelli di vitamina D sono legati a una maggiore incidenza di cancro e i dati più convincenti sono quelli che riguardano il tumore del colon-retto. Ancora più recentemente, a novembre 2020, sono stati pubblicati su JAMA Network Open i risultati dello studio VITAL, dai quali emerge che assumere supplementi a base di vitamina D riduce l’incidenza di tumori in stadio avanzato e che questo effetto è più forte in chi non è obeso.
Ancora una volta, l’uso di integratori in persone già malate, e con malattia in stadi avanzati, non dice nulla sull’effetto nelle persone sane. Come si legge in un articolo pubblicato su Epidemiologic Reviews, per la maggior parte dei tumori restano ancora molti punti da chiarire prima di poter arrivare a prescrivere la vitamina D come strategia di prevenzione o per migliorare la sopravvivenza.