Long Covid: ecco i sintomi post Covid
Ma quali sono i long Covid e i sintomi dei guariti che in realtà non guariscono?
La stanchezza è il sintomo post-Covid più diffuso e non sembra essere correlato alla gravità della malattia. Ci sono però persone che accusano malesseri che persistono nel tempo (settimane o addirittura mesi dopo la guarigione virologica) indipendentemente dal fatto che siano state colpite da una forma grave o lieve di Covid-19. Queste problematiche che durano nel tempo sono chiamate sindromi «Long Covid» o «post Covid»: pazienti negativi al tampone ma in realtà mai guariti. Questa condizione non è ancora stata capita a fondo ma gli scienziati la stanno studiando. Proprio in questi giorni è stato pubblicato su Lancet un ampio studio su 1.733 pazienti di un ospedale di Wuhan, in Cina: sei mesi dopo le dimissioni tre quarti di loro accusava ancora affaticamento, insonnia depressione e ridotta funzionalità polmonare. Chi è a più a rischio? Quanto sono diffuse queste sindromi? Quali sono gli effetti?
I sintomi che non spariscono
Frances Williams, professoressa di epidemiologia genomica del King’s College di Londra sta indagando su questi temi e in un articolo pubblicato su The Conversation racconta attraverso gli studi che cosa la scienza ha scoperto finora. Sappiamo che mal di testa, affaticamento, mancanza di respiro e perdita di gusto e olfatto duratura sono i sintomi più diffusi legati al «Long Covid». Uno studio su 384 individui pubblicato lo scorso novembre su Thorax, rivista del British Medical Journal ha segnalato che più della metà dei pazienti ricoverati in ospedali per Covid-19 ha accusato mancanza di fiato (53%) e affaticamento (69%) a due mesi dalle dimissioni. Il 34% dei pazienti ha continuato ad avere tosse persistente, il 15% ha mostrato i primi segni di depressione, il 9% mostrava peggioramenti nelle radiografie al torace. In effetti un’analisi del King’s College di Londra condotta attraverso l’app Covid Symptom Study ha mostrato che il 13% delle persone ha mostrato sintomi oltre 28 giorni e il 4% ha avuto problemi di salute per oltre 56 giorni, il 2,3% per oltre tre mesi. «Coloro che utilizzano l’app tendono ad essere nella fascia più in forma della popolazione, con un interesse per le questioni di salute. Quindi è sorprendente che una percentuale così elevata manifesti ancora sintomi uno o due mesi dopo l’infezione iniziale perché in generale, queste non sono persone a rischio elevato» commenta l’epidemiologa.
Ma quali sono i fattori di rischio per il «Long Covid»? Lo studio dei ricercatori del King’s College di Londra, non ancora sottoposto a revisione paritaria, evidenzia che i pazienti con almeno cinque sintomi nella prima settimana di malattia (tosse, affaticamento, mal di testa, diarrea, perdita dell’olfatto) sono maggiormente esposti alla sindrome «post Covid». Anche l’età avanzata sembra essere un fattore di rischio così come essere donne o avere un indice di massa corporeo più alto. Un’altra indagine (anche questa non ancora sottoposta a revisione paritaria) su un campione di 200 pazienti che si sono ripresi da Covid-19 ha studiato come l’infezione da Sars-CoV-2 abbia colpito i diversi apparati. Il 25% dei pazienti ha subito danni multiorgano, il 32% al cuore, il 33% ai polmoni, il 12% ai reni. I pazienti in questo studio avevano un’età media di 44 anni, quindi facevano parte della popolazione giovane in età lavorativa. Solo il 18% del campione è stato ricoverato in ospedale e questo significa che il danno agli organi può verificarsi anche dopo un’infezione non grave.
Qual'è il sintomo post Covid più diffuso
Sono molte le ragioni per cui le persone possono manifestare sintomi mesi dopo una malattia virale durante una pandemia ma indagare su certi sintomi sarà più facile che per altri. Quando i sintomi indicano un organo specifico l’indagine sarà relativamente semplice perché sono possibili analisi specifiche sulla funzione polmonare se il problema è la dispnea, analisi su urine e plasma se il problema sono i reni, esame del flusso elettrico cardiaco se il problema sono le palpitazioni. Non sarà però facile indagare sulla stanchezza. Un recente studio su larga scala pubblicato su PlosOne ha dimostrato che l’affaticamento è un sintomo comune post Covid, si verifica in più della metà dei casi e non sembra correlato alla gravità della malattia. Inoltre, alcuni test hanno mostrato che i guariti non avevano livelli elevati di infiammazione, suggerendo che i sintomi di affaticamento non erano provocati dal persistere dell’infezione o da un’eccessiva risposta del sistema immunitario. «I fattori di rischio per i sintomi di lunga durata in questo studio includevano l’essere donne – in linea con lo studio COVID Symptom App – e, cosa interessante, avere una precedente diagnosi di ansia e depressione» commenta Frances Williams.