Roma, 3 ott. – In Italia ne è affetta una persona su quattro, ad oggi è tra le prime cause nei Paesi occidentali di cirrosi e carcinoma epatocellulare, eppure la steatosi epatica non alcolica, meglio conosciuta come fegato grasso, è ancora sottovalutata nonostante per gli specialisti rappresenti una vera e propria epidemia di cui si parla poco. Progredisce con l'età, in particolare in presenza di diabete, sovrappeso e obesità. "I dati epidemiologici sulla prevalenza della steatosi epatica sono in realtà poco noti – afferma Filomena Morisco, professore ordinario di Gastroenterologia e direttore della Scuola di specializzazione in malattie dell'apparato digerente Università di Napoli Federico II, nonchè membro del direttivo della Società italiana di gastroenterologia (Sige) – Sappiamo che interessa il 20-25% della popolazione generale. Queste stime sono però basate sull'uso dell'ecografia in studi di popolazione. Bisogna infatti considerare che l'ecografia è in grado di evidenziare la patologia quando più del 30% del fegato è 'occupato' dal grasso.
Al contrario, le anomalie metaboliche associate alla steatosi epatica (diabete, ipertensione arteriosa, incremento del colesterolo Ldl e dei trigliceridi nel sangue) insorgono quando solo il 5% del fegato è invaso dal grasso. Quantità così ridotte di accumulo di grasso si possono determinare solo con l'uso della risonanza magnetica. Quindi, non sappiamo esattamente quante siano le persone in Italia con questa patologia, ma già parlare di un quarto della popolazione è un numero enorme". "Il fegato grasso – prosegue Morisco – è estremamente diffuso nella popolazione generale e circa 1 persona su 4 ne è portatore, nonostante ciò è sottostimata la potenziale pericolosità. Dal momento che in una piccola, ma significativa percentuale di persone può evolvere verso la cirrosi, con la riduzione dei casi di cirrosi da epatite C. Attualmente la cirrosi che nasce dalla steatosi è diventata la prima indicazione al trapianto in Usa e in Europa. Inoltre, viene sottostimata l'evidenza che il fegato grasso rappresenta molte volte il primo campanello di allarme per le principali malattie metaboliche con aumentato rischio cardio vascolare e per lo sviluppo di diabete".
La presenza di steatosi epatica va di pari passo con il sovrappeso e l'obesità. "Sono questi i bersagli da colpire – non ha dubbi Luca Miele, ricercatore in Gastroenterologia dell'Università Cattolica presso la Uoc di Medicina interna e del trapianto di fegato della Fondazione Policlinico universitario Gemelli Irccs e membro del Comitato scientifico di Sige – La patologia tende a seguire l'andamento del peso corporeo e ad aumentare con l'età e nei soggetti sedentari ma non dà sintomi, e viene diagnosticata mediante l'ecografia fatta di routine, o come screening nei soggetti a rischio. Infatti, nelle patologie quali diabete, ipertensione arteriosa, incremento del colesterolo Ldl e dei trigliceridi nel sangue, la prevalenza della steatosi epatica raggiunge l'80-90% dei pazienti, dipendendo anche dal numero dei fattori di rischio contemporaneamente presenti nello stesso paziente".
Tenere sotto controllo la salute del fegato si può. "Le transaminasi e l'ecografia epatica sono senza dubbio gli esami di base per una valutazione preliminare – ancora Miele – La presenza dell'alterazione di uno o entrambi questi parametri deve far immediatamente scattare una completa valutazione epatologica per poi personalizzare sul paziente la valutazione multidisciplinare (es. cardiologica, diabetologica e nutrizionale)". Come tutte le malattie che interessano il fegato, anche la steatosi epatica è una patologia subdola. "Il paziente non sente alcun sintomo – conferma Morisco – quindi non modifica il suo stile di vita. Questo almeno fino all'insorgenza della cirrosi epatica. Uno dei principali problemi clinici della steatosi epatica è che in alcuni casi progredisce verso la cirrosi e il carcinoma epatocellulare. Si calcola che circa il 3-5% della popolazione generale possa andare incontro a questa progressione. Questo è un numero enorme, ed infatti la steatosi epatica è oggi tra le prime cause, in Italia e nei paesi occidentali, di cirrosi e carcinoma epatocellulare. Allo stato la disponibilità di cure efficaci per le epatiti virali ha fatto emergere il danno epatico su base metabolica che si manifesta con la steatosi e/o la steatoepatite".
Infine, sottolinea, "è fondamentale tenere ben presente che la steatosi epatica è una manifestazione della sindrome metabolica, che si caratterizza appunto per diabete, iperglicemia, dislipidemia, ipertensione arteriosa. Quindi questi pazienti sono ad enorme rischio di soffrire di patologie potenzialmente mortali come l'infarto del miocardio o l'ictus cerebrale, o neoplasie non epatiche come il carcinoma della mammella o del colon. Per questo, è necessario una importante attività di prevenzione nei confronti della steatosi epatica e delle condizioni che la inducono (dieta ipercalorica, sedentarietà, sovrappeso/obesità)". Il fegato grasso "si riconosce con una semplice ecografia del fegato – spiega Gianluca Svegliati Baroni, professore associato in Gastroenterologia e responsabile Unità danno epatico e trapianti, università Politecnica delle Marche Ospedali Riuniti Ancona – L'aumento delle transaminasi, in assenza di cause notoriamente responsabili di queste alterazioni (alcol, virus, patologie autoimmuni o alcuni farmaci) rappresenta la manifestazione di laboratorio principale. Non ci sono sintomi, anche se in alcuni casi viene descritto come sintomo la stanchezza oppure il senso di pesantezza e di 'tensione' in corrispondenza del fegato". Fondamentale, dunque, la prevenzione.
Il corretto stile di vita unica cura. "L'accumulo di grasso nel fegato può essere migliorato solo attraverso il corretto stile di vita – conclude Svegliati Baroni – dieta mediterranea con pochi carboidrati e pochi grassi animali, svolgere attività fisica senza affaticarsi, come ad esempio camminare almeno 45 minuti al giorno. Attualmente non esistono farmaci riconosciuti come efficaci nella terapia del fegato grasso. Però la correzione del peso corporeo con la perdita di almeno il 10% del peso iniziale è il minimo indispensabile per osservare un miglioramento sia dell'accumulo di grasso nel fegato, ma anche dell'insulino-resistenza con miglioramento del quadro metabolico generale (glicemia, transaminasi eccetera). È dimostrato che riducendo il peso corporeo del 10% attraverso una sana alimentazione e una moderata attività fisica è possibile ridurre anche l'infiammazione e la fibrosi, ovvero la cicatrice che si forma nel fegato e che a lungo andare può causare una severità maggiore della malattia del fegato grasso".