Roma, 26 giu. – "Nonostante ormai tutti sappiamo che fumare nuoce alla salute, entro il 2025 è previsto che nel mondo i fumatori raggiungeranno la cifra di 1 miliardo. E' così difficile per le persone smettere. Non credo sia necessario aspettare di avere prove scientifiche definitive per iniziare a puntare su prodotti che assicurano una riduzione del danno". A dirlo è Peter Harper, ex direttore del dipartimento di Oncologia del Guy's and St Thomas Hospital di Londra, intervenendo al webinar 'Tobacco Harm Reduction' organizzato a valle del Global Forum on Nicotine 2020.
"Ciò che abbiamo imparato anche dalla pandemia di Covid-19 – ha proseguito l'esperto – è che la popolazione a volte fa fatica a capire la scienza. Il fumo di sigaretta contiene 6.000 sostanze chimiche diverse che causano 100 malattie e provocano 8 milioni di morti ogni anno. Ma nonostante ci siano già prove scientifiche in vitro e in vivo sul fatto che i prodotti 'smoke free' siano in grado di ridurre la tossicità, alcuni Governi sembrano ignorare questa evidenza, mostrando di avere un atteggiamento simile nei confronti della sigarette e dei prodotti come e-cigarette o a tabacco riscaldato, oggi vietati rispettivamente in 33 e in 14 Paesi".
"C'è ad esempio il divieto dell'Australia – evidenzia Harper – basato sull'assunto che la nicotina (la componente che dà dipendenza) nelle sigarette è presente nel tabacco preparato e confezionato specificatamente per essere fumato, mentre sembra che la nicotina presente nei prodotti a tabacco riscaldato sia 'veleno'. Il Belgio, invece, ha proceduto con un'eccellente review dei dati disponibili stabilendo che l'esposizione alle sostanze tossiche è significativamente inferiore nel caso dei prodotti a tabacco riscaldato, a confronto con le sigarette. E questi due prodotti sono perlomeno considerati alla stessa stregua a livello di politica e normativa. A mio parere le regole dovrebbero sempre essere proporzionate ed eque e dovrebbero guardare alle evidenze scientifiche, anche se non definitive".
Reuven Zimlichman, direttore del The Brunner Cardiovascular Research Institute, Tel-Aviv University (Israele), ha ricordato che "i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità mostrano che il tasso di mortalità cardiovascolare dal 1990 si è progressivamente e chiaramente ridotto grazie a nuovi farmaci e nuovi metodi di diagnosi e cura. Ma dal 2000 in poi, quindi negli ultimi 20 anni, ci sono stati miglioramenti molto molto scarsi, probabilmente per la difficoltà che le persone hanno a cambiare stile di vita: le cose logiche non sempre funzionano, si continua a fumare pur conoscendone i rischi, così come si continua a essere sedentari, a prendere troppo sole o a mangiare male. Quindi ci vuole un nuovo approccio, un approccio di rottura, e questo può essere rappresentato dall'applicazione del concetto di riduzione del danno".
"Per quanto riguarda il fumo – prosegue l'esperto – c'è già un numero di studi secondo cui i livelli delle principali sostanze cancerogene nei prodotti a tabacco riscaldato sono sostanzialmente inferiori rispetto alle sigarette, per la precisione fra le 10 e le 25 volte inferiori, come dimostra una ricerca del Federal Institut for Risk Assessment tedesco. Uno studio del Public Health England stima invece che l'uso di e-cigarette sia il 95% più sicuro rispetto al fumo di sigaretta. Certo, smettere è sempre l'opzione migliore, ma eticamente i medici dovrebbero essere informati sulle alternative alle sigarette: è nostra responsabilità trasferire queste informazioni ai pazienti".
"L'evidenza scientifica fino a ora disponibile – conclude – mostra che alcuni prodotti sono meno nocivi delle sigarette e anche le società scientifiche internazionali (come Esc-European Society of Cardiology e Acc-American College of Cardiology) hanno iniziato a considerare il potenziale dei prodotti elettronici come strumento per smettere di fumare. Certamente devono esserci regole per chi non deve iniziare a fumare, ma per chi deve smettere l'uso di questi prodotti possono essere una valida opzione".