Roma, 30 apr. – Cala il consumo della vitamina D nella popolazione italiana. In 6 mesi si è ridotto del 30%, come certifica il recente report dell'Agenzia italiana del farmaco che ha confermato la riduzione dei consumi a 6 mesi dall'istituzione della 'nota 962', nata per migliorare l'appropriatezza della prescrizione attraverso la revisione dei criteri di rimborsabilità. In questo contesto arriva dal Gioseg un ampio documento – 'La vitamina D: un ormone essenziale per la salute scheletrica, 2020 update 3' – che raccoglie e rilancia il parere dei principali esperti nazionali e internazionali.
"Che la vitamina D sia un ormone fondamentale per la salute delle ossa è noto già da molto tempo", spiega Andrea Giustina, presidente del Gioseg, primario dell'unità di Endocrinologia dell'Irccs ospedale San Raffaele di Milano e ordinario di Endocrinologia e Malattie del metabolismo all'Università Vita-Salute San Raffaele del capoluogo lombardo. Eppure "i dati – continua l'esperto – ci dicono che soprattutto negli anziani, ma non solo, è presente un'ampia e diffusa carenza di vitamina D, che configura una condizione di crescente rilievo clinico. Il nostro documento ha l'obiettivo primario di fornire agli stakeholder della salute una nuova riflessione, basata sulle emergenti evidenze dell'ipovitaminosi D sia nel trattamento della fragilità scheletrica che nella medicina clinica".
"Le domande a cui abbiamo voluto rispondere – sottolinea Giustina – sono essenziali e pratiche: perchè dobbiamo prevedere un piano a lungo termine per la prevenzione prima e la gestione poi dell'ipovitaminosi D nella popolazione italiana? Quale vitamina D deve essere considerata? Quali sono i suoi effetti realmente documentati? E ancora quali sono le possibili soluzioni da implementare in politica sanitaria, superando il principio della razionalizzazione della spesa sanitaria, che in questo particolare momento storico appare decisamente anacronistico?".
Il mantenimento di livelli adeguati di vitamina D – evidenziano gli esperti – è fondamentale in tutte le persone che ne sono carenti, specialmente in quelli trattati con farmaci per l'osteoporosi. Un recente studio italiano di real world evidence, condotto su circa 3.500 pazienti con diagnosi di osteoporosi e con frattura femorale o vertebrale, ha dimostrato che la vitamina D ha un notevole effetto di potenziamento dell'efficacia nella riduzione delle fratture dei farmaci per trattamento dell'osteoporosi e che addirittura contribuisce a ridurre la mortalità.
In presenza di uno stato di carenza di vitamina D, inoltre, nessuna terapia specifica per l'osteoporosi riesce a esercitare appieno i suoi effetti positivi e protettivi. La carenza di vitamina D è, infatti, la causa principale del fallimento terapeutico dei farmaci specifici per l'osteoporosi e pertanto un'adeguata supplementazione vitaminica D rappresenta il presupposto fondamentale per qualsiasi terapia farmacologica tesa alla riduzione del rischio di fratture da fragilità.
Numerosi studi stanno indagando tra livelli di vitamina D e le condizioni di salute in varie situazioni patologiche tra cui le malattie autoimmuni come, per rimanere nel campo endocrino-metabolico, il diabete mellito di tipo 1 e le infezioni respiratorie che l'attuale pandemia di Covid-19 rende di particolare rilevanza e attualità. Questi studi di associazione, o strutturati su fondate ipotesi fisiopatologiche, hanno portato a valutare l'efficacia della supplementazione con vitamina D nella riduzione del rischio di diverse patologie cosiddette 'extra- scheletriche', quelle che cioè non riguardano solo le ossa. Anche la gravidanza rappresenta una condizione in cui il metabolismo della vitamina D si modifica per far fronte all'aumentato fabbisogno di calcio necessario per la mineralizzazione dello scheletro fetale.
Infine gli specialisti, per quanto riguarda la scelta della vitamina D da utilizzare, ricordano che nella pratica clinica quotidiana il colecalciferolo è la terapia di prima scelta nella prevenzione e trattamento della carenza e nella prevenzione primaria e secondaria delle fratture da fragilità nelle persone con osteoporosi, in associazione con un farmaco per il trattamento dell'osteoporosi.
Recenti Consensus conference organizzate da Gioseg – concludono gli esperti – hanno permesso di pubblicare documenti di consenso su vari aspetti diagnostici, clinici e terapeutici della vitamina D, di cui uno recentissimo, che sono recepiti e calati nella pratica clinica. Dal punto di vista dei dosaggi, una revisione puntuale ha chiarito come, per ottenere adeguati livelli di vitamina D nei bambini e adolescenti, sia raccomandabile un supplemento giornaliero di 600 UI (400 UI nel primo anno di vita).
Negli anziani, in cui vi è elevata prevalenza di ipovitaminosi D, è raccomandabile un'integrazione giornaliera di almeno 800 UI associata, come nei bambini, a un'adeguata assunzione di calcio.