Diabete, le ricette, le intese, le collaborazioni per affrontare la malattia definita dall’Organizzazione mondiale della sanità epidemia globale. Una persona su 10 ha il diabete. Secondo International Diabetes Federation i malati sono oggi 425 milioni nel mondo e 352 milioni le persone a rischio di ammalarsi.
Una persona al mondo su 10 soffre di diabete. Spaventa la rapida crescita: +48 per cento entro il 2045. Proposte e priorità del piano di azione delineato dal progetto Cities Changing Diabetes per affrontare il diabete nella città metropolitana di Roma; discussione preliminare sull’avviamento del progetto nell’area di Milano; stipula dell’accordo di collaborazione strategica tra le metropoli di Houston, Milano, Roma e Shangai, per un approccio condiviso alla sfida posta dal diabete urbano; firma del protocollo d’intesa tra l’Intergruppo Parlamentare “Qualità di vita nelle Città” italiano e il britannico All-Party Parliamentary Group for Diabetes, per lo sviluppo di una collaborazione istituzionale congiunta, presentazione della figura dello Health City Manager: sono alcuni degli aspetti salienti del summit internazionale “Creating the World of Tomorrow – At the Heart of the City” che si apre nel pomeriggio a Roma e convoglia nella capitale esperti, politici, amministratori ed esponenti della società civile per due giorni di dibattito sul tema del diabete.
Secondo i dati resi noti annualmente dal rapporto dell’International Diabetes Federation, il diabete riguarda nel mondo 425 milioni di adulti, più di un milione di bambini; causa ogni anno oltre 4 milioni di decessi, costa all’economia globale, di sola spesa sanitaria, 727 miliardi di dollari, cioè il 12 per cento del totale. Sono oltre 352 milioni le persone a rischio di ammalarsi, il che porta al coinvolgimento complessivo con la malattia di 1 abitante del pianeta su 10, ma ciò che preoccupa maggiormente è il rapido trend di crescita, per cui nel 2045 si prevedono 629 milioni di malati, con una crescita del 48 per cento rispetto ad oggi. Di particolare rilevanza, il tema della diffusione epidemica della malattia nelle città e nelle aree urbane, in cui risiedono oggi quasi i due terzi delle persone colpite dal diabete; per questa ragione, nel 2014 ha visto la luce, promosso dall’University College London (UCL) e dal danese Steno Diabetes Center, con il contributo dell’azienda farmaceutica Novo Nordisk, in collaborazione con istituzioni nazionali, amministrazioni locali, mondo accademico e terzo settore, il progetto internazionale Cities Changing Diabetes che si propone di studiare il fenomeno, suggerendo possibili risposte e correttivi.
Ad oggi ha coinvolto una ventina di metropoli nei cinque continenti, Roma sin dal 2017 e Milano, new entry 2019, per l’Italia. Proprio al progetto Cities Changing Diabetes e al diabete urbano è dedicata la prima giornata di lavori dell’incontro romano che vede lo svolgersi del 4th Health City Forum e 3rd Roma Cities Changing Diabetes Summit. Organizzato da Italian Barometer Diabetes Observatory (Ibdo) Foundation, Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Health City Institute, I-Com Istituto per la competitività, Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni italiane e Intergruppo Parlamentare “Qualità di vita nelle città”, il summit sarà anche occasione per avere il punto di vista della FAO e dell’OMS, grazie alla partecipazione di Anna Lartey, Direttore della Divisione Nutrizione e Sistemi alimentari della FAO, e di Francesca Racioppi, Direttore del Centro europeo salute e ambiente dell’OMS.“Il progetto Cities Changing Diabetes sviluppato nella Città Metropolitana di Roma ha visto la collaborazione di ben 140 esperti di diversa estrazione – clinici, economisti, sociologi, amministratori pubblici – che hanno analizzato il contesto socio-demografico e clinico epidemiologico dell’area cittadina che, con quasi 300mila persone con diabete, rappresenta la città con il maggior numero assoluto di diabetici nel nostro Paese”, spiega il coordinatore Andrea Lenzi, Presidente dell’Health City Institute e del Comitato nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita della Presidenza del Consiglio dei Ministri. “Oggi presentiamo un impegnativo piano di azione triennale, che possa indicare le azioni da mettere in atto per arrestare lo sviluppo pandemico del diabete tipo 2 a Roma”, aggiunge.
Le indicazioni degli esperti per Roma sono esplicitamente rivolte a ridefinire il contesto urbano sulla base della distribuzione dei fattori di rischio più importanti all’interno dell’area metropolitana di Roma, ridurre le disuguaglianze, rafforzare la rete di servizi socio-sanitari. Sei le aree di intervento individuate: a) creazione di strutture socio–sanitarie più adeguate allo sviluppo urbanistico, che vede importanti mutamenti del contesto socio–demografico e un significativo impatto dell’afflusso interurbano di persone non residenti, per ragioni di lavoro, studio e turismo; b) rafforzamento delle reti di assistenza e della medicina di prossimità sul territorio, con una rete sanitaria che guardi alle esigenze della comunità piuttosto che a quelle del territorio, per venire incontro all’invecchiamento della popolazione e all’incremento delle famiglie monocomponente con la loro intrinseca fragilità di fronte a una condizione come il diabete; c) sostegno della mobilità sostenibile e miglioramento della fruibilità delle reti di trasporto condiviso e pubblico, per facilitare le connessioni tra i luoghi e i servizi alla persona e alla famiglia che garantiscono un accesso equo ai servizi socio–sanitari per i cittadini; d) aumento dell’informazione disponibile ai soggetti più vulnerabili, condizione necessaria alla base della scelta di condurre stili di vita sani e quindi al miglioramento della propria condizione di salute, attraverso progetti di formazione ed educazione che coinvolgano scuole, terzo settore, medici di famiglia, farmacie e istituzioni sul territorio; e) creazione di una rete uniforme di assistenza specialistica, attivando allo stesso tempo progetti di screening per la prevenzione e la diagnosi precoce, mediante la piena attuazione del Piano Regionale sulla Malattia Diabetica, pubblicato dalla Regione Lazio nel dicembre 2015; f) sviluppo di sistemi innovativi, come le centrali operative delle cronicità (C.O.C.) delle Asl che possono rappresentare un modello virtuoso di gestione integrata dei pazienti, a tutela della presa in carico della complessità per l’assistenza territoriale e delle transizioni da un luogo di cura all’altro o da un livello clinico-assistenziale ad un altro, e lo sviluppo di sistemi di telemedicina e telesoccorso utili per l’assistenza domiciliare. Importanti anche le collaborazioni e l’interscambio di esperienze.
“La rapida urbanizzazione globale sta modificando sia il luogo in cui la gente vive sia il modo in cui vive. La pianificazione urbana, le politiche e l’approccio culturale hanno un impatto diretto sulla salute delle persone. Questi dati di fatto costituiscono le fondamenta sulle quali si basa un accordo che sarà siglato tra le commissioni di esperti che sovraintendono ai progetti Cities Changing Diabetes di Roma, Milano, Shangai e Houston, con l’obiettivo di definire modalità di lavoro comuni e di interscambio tra alcune delle realtà che stanno affrontando con maggiore impegno la sfida del diabete urbano”, dice Michele Carruba, coordinatore del progetto nella Città metropolitana di Milano. Collaborazione, identificazione e studio dei determinanti alla base del fenomeno, promozione educativa e culturale, riconfigurazione urbanistica per favorire un ambiente promotore di salute, condivisione delle esperienze e dei casi di successo e coinvolgimento di nuove città nel programma saranno i pilastri dell’accordo.
Non solo, nella giornata di domani, sarà siglato un protocollo d’intesa tra rappresentanti dei parlamenti italiano e inglese, che avrà l’obiettivo di studiare azioni politiche comuni. “La lotta e in particolare la prevenzione del diabete necessitano dello sviluppo di azioni coordinate tra mondo accademico, scientifico, e politico. Questo accordo di collaborazione interparlamentare con i colleghi di Westminster rappresenta un importante passo in tal senso. Il nostro obiettivo comune sarà di sviluppare politiche volte alla prevenzione primaria della malattia, alla prevenzione delle complicanze, all’identificazione di indicatori che permettano di misurare il fenomeno e valutare il successo degli interventi, che saranno sia in ambito educativo e culturale, sia organizzativo. L’aspetto fondamentale dell’intesa, tuttavia, rappresenta il tentativo di dare vita a un modello di alleanza politica sul diabete in Europa, che possa indirizzare le future politiche di contrasto alla malattia, le priorità di finanziamento della ricerca e, in ultima analisi, aiutino a invertire la rotta di crescita del diabete urbano”, dice Roberto Pella, co-Presidente dell’Intergruppo Parlamentare “Qualità di vita nelle città” e Vice Presidente Vicario ANCI. Infine, la nuova figura dello Health City Manager, un professionista in grado di migliorare il contesto urbano riguardo la salute, coinvolgendo i cittadini nelle scelte politiche e impegnando le amministrazioni nella promozione della salute dei cittadini, il tutto anche attraverso modalità di partenariato pubblico–privato.
Un ruolo, già individuato nella Roma Urban Health Declaration siglata durante il G7 sulla salute del novembre 2017 e dal documento di indirizzo approvato dal Comitato delle Regioni dell’Unione Europea e auspicato dal Commissario Europeo per la salute Andriukaitis, ritenuto in grado di guidare il processo di miglioramento della salute in ambito urbano, in sinergia con le amministrazioni locali e sanitarie. “L’aumento dell’aspettativa e della buona qualità di vita correlata a una riduzione dei decessi prevenibili a causa di malattie non trasmissibili, porterà come conseguenza alla creazione di strutture di coordinamento tra diversi settori della governance urbana che interagiscono con la salute.
Un coordinamento che dovrà avvenire attraverso il coinvolgimento di diversi livelli di governo – locale, regionale e nazionale – ed essere supportato da azioni globali e quale fattore primario da una osservazione dinamica dei determinanti della salute nelle città. In questo vi è la necessità di nuove figure professionali di coordinamento tra le amministrazioni comunali e le amministrazioni sanitarie per implementare sinergie tra le varie politiche sulla salute. L’Health City Manager può essere la nuova figura di coordinamento interfunzionale tra le varie componenti che a livello territoriale si occupano della promozione della salute nelle città,” conclude Walter Ricciardi, Presidente della World Federation of Public Health Associations.