Settimana Mondiale della Tiroide dal 20 al 26 maggio: prevenzione in tutta Italia. Sono tante le persone che vivono con una patologia tiroidea senza una diagnosi.
“La tiroide è un organo piccolo ma molto importante, coinvolto in diverse funzioni vitali: gli ormoni prodotti da questa ghiandola esercitano i loro effetti sul metabolismo e sulla funzionalità di tutti gli apparati del corpo, in particolare agiscono sulla funzione cardiovascolare, sul ritmo del sonno, il metabolismo delle ossa, intervengono inoltre nei processi di accrescimento e sviluppo del sistema nervoso ma, purtroppo, sono ancora tante le persone con una patologia tiroidea che non ricevono una diagnosi in tempi adeguati, non per inadeguatezza delle strutture sanitarie ma per la difficoltà ad interpretare sintomi aspecifici”, spiega Paolo Vitti, Presidente SIE, Società Italiana di Endocrinologia, coordinatore e responsabile scientifico della Settimana Mondiale della Tiroide.
“Possiamo quindi dire che prendersi cura della tiroide è come prendersi cura di noi stessi ed è molto importante farlo nel modo corretto ad esempio evitando di dare ascolto ai falsi miti sull’alimentazione e soprattutto rivolgendosi a centri accreditati per diagnosi e terapie. Per questo il tema scelto per la Settimana Mondiale della Tiroide 2019 presentata oggi con il patrocinio del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità presso il Ministero della Salute è ‘AMO LA MIA TIROIDE…e faccio la cosa giusta’ per ricordare l’importanza dell’appropriatezza degli stili di vita ma anche diagnostica e dei più appropriati approcci terapeutici.
Il principale obiettivo della Settimana è sensibilizzare la popolazione in merito ai problemi connessi alle malattie della tiroide e alla loro prevenzione: sono infatti oltre 6 milioni gli italiani con un problema a questa ghiandola così fondamentale per il buon funzionamento di tutto il nostro corpo”. La Settimana Mondiale della Tiroide, che si svolgerà dal 20 al 26 maggio, è promossa da Associazione Italiana della Tiroide (AIT), Società Italiana di Endocrinologia (SIE), Associazione Medici Endocrinologi (AME), Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP), Associazione Italiana Medici Nucleari (AIMN), Società Italiana Unitaria di Endocrino Chirurgia (SIUEC), Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) insieme al Comitato delle Associazioni dei Pazienti Endocrini (CAPE) e il supporto della European Thyroid Association (ETA) e sostenuta con un contributo incondizionato da Ibsa Farmaceutici Italia, Merck Serono, Sanofi Genzyme e Esaote.
“Le malattie della tiroide sono molto frequenti nella popolazione e possono colpire entrambi i sessi e a tutte le età, anche se sono più frequenti nelle donne, con il 10% che sviluppa un disturbo alla tiroide durante la propria vita, e andando avanti con l’età”, afferma Vincenzo Triggiani, Segretario AME, Associazione Medici Endocrinologi. “L’ipotiroidismo, condizione nella quale la tiroide funziona poco a causa di una tiroidite o è stata asportata dal chirurgo, colpisce circa il 5% della popolazione italiana, con un impatto sulla salute e la qualità di vita che varia in relazione alla gravità, all’età e alla condizione della persona colpita, con una maggiore vulnerabilità e possibili maggiori danni se insorge in gravidanza o durante l’accrescimento. Nel caso dell’ipertiroidismo, quando questa ghiandola funziona troppo, è colpito circa l’1-2% della popolazione. Anche in questo caso sono importanti una diagnosi e una terapia precoci per i disturbi e gli effetti negativi che l’eccesso di ormone tiroideo può provocare, in particolare a carico del cuore, soprattutto nel paziente anziano o in chi ha già problemi cardiaci”.
“Una condizione di frequente riscontro nei nostri ambulatori è poi rappresentata dalla patologia nodulare tiroidea”, continua Andrea Frasoldati, Presidente AIT, Associazione Italiana della Tiroide. “Mentre gli studi epidemiologici basati sulla sola palpazione del collo documentavano la presenza di noduli alla tiroide nel 3-5% della popolazione adulta, in tempi recenti, con l’introduzione su larga scala dell’ecografia tiroidea si è compreso che essi sono presenti in almeno il 30-50% della popolazione adulta. Occorre tuttavia sottolineare che nella maggior parte dei casi i noduli sono benigni e non causano alcuna alterazione della funzionalità della tiroide né sintomi; i tumori tiroidei infatti corrispondono a non più del 3-4% dei noduli che vengono riscontrati nella pratica clinica quotidiana”. “La causa più frequente di disturbi alla tiroide nella popolazione mondiale è la carenza di iodio che può provocare gozzo, noduli o ipotiroidismo”, spiega Massimo Tonacchera, Segretario AIT, Associazione Italiana della Tiroide. “Assumere iodio in quantità adeguata con l’alimentazione, poiché questo elemento è il costituente essenziale degli ormoni tiroidei, è fondamentale.
Il fabbisogno quotidiano stimato di iodio è di 150 microgrammi per gli adulti, 90 per i bambini fino a 6 anni, 120 per i bambini in età scolare e 250 per le donne in gravidanza e durante l’allattamento. L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda, quindi, l’utilizzo di sale iodato e, se necessario, una quantità supplementare di iodio tramite l’assunzione di integratori, in special modo durante la gravidanza e l’allattamento.” “A 14 anni dall’approvazione della legge 55/2005, che ha introdotto il programma nazionale di iodoprofilassi, si può dire che i risultati di questo programma di prevenzione cominciano ad essere tangibili”, afferma Antonella Olivieri, Responsabile Scientifico OSNAMI, Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi in Italia. “Dai risultati preliminari del monitoraggio relativo agli anni 2015-2019 riguardante 9 Regioni (Liguria, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Calabria e Sicilia) si mette in evidenza l’aumento della vendita di sale iodato nella grande distribuzione, che raggiunge il 65% di tutto il sale venduto, ma soprattutto un maggiore utilizzo di sale iodato nelle mense scolastiche (75%) a fronte di una complessiva riduzione di sale in osservanza della raccomandazione ‘poco sale ma iodato’.
I dati hanno inoltre confermato la iodosufficienza in Liguria e Toscana, il netto miglioramento dello stato nutrizionale iodico di alcune aree della Sicilia e il raggiungimento della iodosufficienza in Emilia-Romagna, Marche, Lazio e Umbria. Un risultato particolarmente interessante emerso da queste analisi preliminari è che la iodosufficienza non è raggiunta solamente nelle aree urbane di riferimento ma anche nelle aree rurali interne a maggior rischio di iodocarenza, suggerendo una maggiore omogeneità dello stato nutrizionale iodico rispetto al passato. I dati attualmente a disposizione sono incoraggianti, pertanto l’obiettivo che ora va perseguito è rappresentato dalla sostenibilità della iodosufficienza appena raggiunta nel nostro Paese, affinchè questa possa tradursi in una sempre maggiore riduzione delle patologie correlate alla carenza di iodio”. “Il tema di quest’anno della Settimana Mondiale della Tiroide è particolarmente appropriato per i pediatri endocrinologi”, spiega Alessandra Cassio, Consiglio Direttivo SIEDP, Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica; “Infatti, garantire una ottimale funzionalità tiroidea è importante in tutte le età della vita, ma diventa di fondamentale importanza in età pediatrica per assicurare un adeguato sviluppo psico-fisico dall’epoca prenatale fino all’adolescenza. Anche una carenza iodica di grado moderato può portare al mancato raggiungimento del potenziale intellettivo del bambino con una riduzione di 10-15 punti di quoziente intellettivo; per questo è in atto un progetto formativo sul tema della iodoprofilassi indirizzato agli insegnanti della Scuola Primaria e Secondaria.
Inoltre, lo screening neonatale dell’ipotiroidismo congenito rappresenta oggi un successo consolidato nella prevenzione della disabilità mentale attraverso una diagnostica precoce di questa patologia”. “Le patologie endocrine risultano tra le più frequenti malattie croniche nell’anziano”, precisa Fabio Monzani, SIGG, Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, “e in particolare l’ipertiroidismo può risultare difficile da diagnosticare perché i sintomi come palpitazioni, cadute accidentali e fratture possono essere facilmente confusi con altre patologie legate all’età. Rispetto al giovane adulto, l’anziano risulta più vulnerabile alle complicanze cardiovascolari e metaboliche dell’eccesso di ormoni tiroidei e pertanto il trattamento va intrapreso tempestivamente”.
“L’asportazione della tiroide è un intervento sicuro ed efficace ma è un intervento delicato in quanto la ghiandola da asportare è vicina a strutture che controllano importanti funzioni come la voce e l’equilibrio del calcio nel sangue e nei tessuti”, continua Mario Testini, Presidente SIUEC, Società Italiana Unitaria di Endocrino Chirurgia. “Oltre alla chirurgia tradizionale, negli ultimi anni si stanno sviluppando le tecniche mini-invasive come la MIVAT con un taglio di soli 1,5 cm nella regione del collo, la RATTS con accesso trans-ascellare robotico e la TOETVA attraverso un accesso dal cavo orale. Queste tecniche sono nate con l’obiettivo di ridurre al minimo possibile o evitare la cicatrice sul collo e i vantaggi sono principalmente estetici mentre non esistono svantaggi.
Queste tecniche possono essere utilizzate in centri ad alto volume di interventi e in pazienti selezionati con tiroidi non particolarmente voluminose e con tumori che non abbiano interessato i linfonodi del collo”. “La medicina nucleare interviene nelle malattie della tiroide sia dal punto di vista diagnostico ad esempio per caratterizzare un nodulo con la scintigrafia, sia dal punto di vista terapeutico dopo che la tiroide è stata asportata chirurgicamente”, afferma Maria Cristina Marzola, Consigliere AIMN, Associazione Italiana di Medicina Nucleare. “Per gli scopi terapeutici si utilizza il radiofarmaco Iodio 131 che viene captato dalle cellule tumorali residue o da eventuali metastasi a distanza in quanto non viene distinto dallo iodio stabile; la cellula viene poi distrutta dall’interno dalle radiazioni che lo iodio radioattivo emette.
I principali vantaggi di questa terapia sono due: si possono raggiungere e colpire anche micrometastasi che non sono identificabili dall’esterno e la terapia è mirata, dato che lo iodio 131 ha come bersaglio specifico le cellule della tiroide, preservando quindi quasi completamente i tessuti sani. In passato questa terapia era destinata a tutti i pazienti operati di tireoidectomia per tumore, mente ora è riservata soprattutto al trattamento post-chirurgico dei tumori a rischio intermedio-elevato di recidiva e delle forme poco differenziate”. “Le Associazioni dei pazienti devono offrire appoggio, orientamento, accoglienza ed assistenza ai pazienti”, conclude Anna Maria Biancifiori, Presidente CAPE, Comitato delle Associazioni dei Pazienti Endocrini, “e devono perseverare nella richiesta di uniformità delle cure per evitare i ‘viaggi della speranza’ e promuovere attività di informazione e di promozione della salute della tiroide anche attraverso la iodoprofilassi.
Per tale scopo è essenziale l’attenzione alla popolazione sana al fine di diffondere la corretta informazione sugli stili di vita e attenzione ai segni, sintomi e percorsi corretti di prevenzione. Per anni si è pensato che il cardine di tale percorso dovesse essere incentrato su attività di screening di massa; oggi sappiamo, alla luce dei risultati delle più moderne ricerche scientifiche, che questa impostazione è superata poiché causa sovradiagnosi e conseguentemente un eccesso di cura”.