La fibrillazione atriale è un’alterazione del ritmo del cuore: il battito risulta molto rapido ed irregolare. La malattia rende impossibile un’efficace contrazione delle cavità atriali che si ripercuote sulla funzionalità dei ventricoli e sul flusso sanguigno.
La fibrillazione atriale ha una definizione letteraria che significa contrazione rapida del cuore. La fibrillazione atriale è un disturbo che coinvolge le camere superiori del muscolo cardiaco, gli atri, e determina un battito accelerato: si parla infatti di cuore in fibrillazione. Si manifesta con l’aritmia cardiaca, ossia un problema di frequenza del cuore. In condizioni normali, a riposo, il ritmo cardiaco, definito “sinusale” è solitamente di 60-80 pulsazioni al minuto. In caso di fibrillazione atriale, la frequenza può variare tra 300 e 600 battiti al minuto. La fibrillazione atriale è, però, una malattia progressiva e potenzialmente pericolosa, in quanto comporta una accelerazione della funzionalità del cuore, riducendo l’efficienza della pompa cardiaca. La fibrillazione può di conseguenza impedire al cuore di inviare la quantità di sangue e di ossigeno sufficiente a soddisfare i bisogni dell’organismo. Per questo va inquadrata in breve tempo e trattata in maniera adeguata.
La fibrillazione atriale ha una incidenza piuttosto significativa tanto da riguardare l’1-2% della popolazione mondiale. Mentre in Italia ne soffrono 700mila persone. E’ l’aritmia di più frequente riscontro e colpisce ugualmente sia uomini che donne. Le probabilità di sviluppare tale condizione aumentano con l’avanzare dell’età oppure possono essere correlate a patologie pregresse e ancora ad un intervento cardiochirurgico. A causare le fibrillazioni atriali possono essere patologie cardiache o fattori che non dipendono necessariamente dal cuore. Per comprendere meglio cos’è la fibrillazione atriale è importante partire dall’attività elettrica del cuore. Ad ogni battito cardiaco corrisponde un impulso elettrico che, come una scossa, attraversa l’atrio destro e poi quello sinistro.
L’impulso fa contrarre gli atri, e il cuore pompa il sangue nei ventricoli che si riempiono e lo spingono fuori. Gli stimoli elettrici nascono da un gruppo di cellule miocardiche, detto nodo senoatriale, che si trovano nell’atrio destro. Nei pazienti che soffrono di fibrillazione atriale, l’impulso che dà origine al battito non parte dal nodo senoatriale, ma è senza controllo, si propaga negli atri in modo veloce e disorganizzato. Gli atri, quindi, iniziano a fibrillare, il battito cardiaco accelera e diventa irregolare. La fibrillazione al cuore cambia da soggetto a soggetto: alcune persone non manifestano alcun sintomo, spesso per anni, mentre per altre i sintomi cambiano di giorno in giorno, ed è per questo motivo che il trattamento della fibrillazione atriale è delicato e a volte complesso. A seconda della gravità, della durata e della modalità in cui si manifesta, Si possono distinguere cinque tipologie di fibrillazione atriale: fibrillazione atriale di primo episodio, fibrillazione atriale parossistica (durata inferiore ai 7 giorni), fibrillazione atriale persistente (durata superiore ai 7 giorni), fibrillazione atriale permanente (durata superiore a 1 anno), fibrillazione atriale ricorrente (sia di tipo parossistico che persistente).
La fibrillazione atriale non dà sintomi in alcuni casi anche per tanto tempo. Molti pazienti, pur soffrendo di questo disturbo, vivono ignari della loro condizione fino a che la patologia non viene riscontrata dal medico durante un esame o una visita cardiologica. L’assenza di sintomi riguarda in genere i più giovani: questi pazienti affetti da fibrillazione atriale possono arrivare alla diagnosi in ritardo, riducendo le possibilità di far ripristinare il normale ritmo del cuore, che per non creare conseguenze deve avvenire entro 48-72 ore (è questo il tempo medio, entro il quale l’aritmia deve essere corretta, prima che il rischio di formare trombi e quindi emboli diventi più alto).
Quando invece si manifesta, la fibrillazione atriale ha tali sintomi: polso irregolare o anomalo, dolore toracico, palpitazioni, senso di tuffo al cuore, debolezza, senso di confusione, mancanza di respiro, sudorazione, vertigini, eccessivo affaticamento dopo esercizio fisico. episodi di ansia o paura. La diagnosi di fibrillazione atriale avviene con un semplice esame strumentale, l’elettrocardiogramma (ecg), nel corso di una visita cardiologica accurata. L’ecg per fibrillazione atriale è l’indagine diagnostica più indicata per valutare l’andamento dell’attività elettrica del cuore. Il tracciato della fibrillazione atriale è un parametro in base al quale il medico può avere informazioni più dettagliate sulla gravità e sulle cause della patologia. Quando viene accertata la presenza di fibrillazione atriale l’ecg evidenzia l’assenza di onde P che vengono sostituite da onde F, cioè piccole ondulazioni irregolari che dimostrano l’alterazione del battito. Inoltre, nella fibrillazione atriale il tracciato dell’elettrocardiogramma mette in risalto che l’intervallo tra un battito e l’altro non è sempre uguale. E’ opportuno ricordare che esistono altri esami utili ad individuare il disturbo aritmico e a capirne le cause, come ad esempio l’ecocardiografia, un’indagine che sfruttando ultrasuoni valuta lo stato e quindi la corretta funzionalità di atri, ventricoli e valvole, le componenti fondamentali del cuore. Nelle persone in cui i sintomi di fibrillazione atriale non siano costanti viene consigliata l’esecuzione del monitoraggio Holter usando un piccolo dispositivo, collegato ad elettrodi ed applicato sul torace, in grado di registrare l’attività cardiaca nell’arco delle 24 ore o per periodi ancora più lunghi (7-14 giorni).
La fibrillazione atriale non è una patologia che comporta rischi per la vita del paziente ma può avere conseguenze più serie, se non viene inquadrata e curata correttamente. Le complicanze della fibrillazione atriale possono essere: Insufficienza cardiaca, Ictus, Ospedalizzazione, Morte prematura, Insufficienza renale.