Le lambade abbronzanti sono dannose? Quali sono gli effetti sulla salute? Le lampade abbronzanti sono dispositivi per l’abbronzatura artificiale che emettono radiazione ultravioletta. Il loro uso può avere degli effetti sulla salute. Ecco quali
Le lampade abbronzanti, quali lampade, lettini e docce solari presenti nei saloni di bellezza a scopo cosmetico/estetico, nelle palestre ma anche in ambiente domestico sono dotati di speciali lampade che emettono radiazione ultravioletta (UV). Il loro uso ormai non conosce stagioni, è molto diffuso sia all’inizio dell’estate per esibire un po’ di tintarella alle prime uscite in spiaggia o per “preparare la pelle” al fine di prevenire le scottature solari, sia successivamente per mantenere l’abbronzatura anche durante l’inverno. La convinzione che l’uso delle lampade abbronzanti possa prevenire i danni causati dalla radiazione solare è errata poiché la protezione fornita dall’abbronzatura artificiale è equivalente all’utilizzo di una crema protettiva con un fattore di protezione non superiore a 3, o è addirittura nulla se l’abbronzatura è stata ottenuta con lampade che emettono prevalentemente radiazione UVA.
È stato anche ipotizzato che i lettini abbronzanti aiutino ad alleviare i disturbi (sintomi) relativi al disordine affettivo stagionale (depressione stagionale), ma non ci sono prove convincenti che ciò accada. Altro ruolo positivo attribuito ai dispositivi abbronzanti è quello di stimolare l’organismo a produrre la giusta quantità di vitamina D (benefica per ossa, muscoli e sistema immunitario), in particolare in inverno, quando l’esposizione alla luce solare è limitata. In realtà, l’esposizione all’aria aperta del viso e delle mani per brevi periodi (da pochi minuti a non più di mezz’ora al giorno, a seconda della stagione e dell’ora) è sufficiente, grazie alla posizione geografica dell’Italia e a una dieta che preveda anche pesci grassi, uova e funghi, a garantire livelli sufficienti di vitamina D nell’organismo. Non c’è alcun bisogno di ricorrere all’abbronzatura artificiale: anche in caso di carenza di vitamina D esistono delle vie meno pericolose per ripristinarne il giusto fabbisogno.
Le lampade abbronzanti emettono radiazioni ultraviolette A e B (UVA e UVB) in proporzione diversa a seconda del tipo: alcune hanno una composizione simile alla radiazione solare, altre emettono prevalentemente radiazione UVA. Le radiazioni UVB sono più efficaci sia nel generare l’abbronzatura sia nel provocare le scottature, ma entrambi i tipi di radiazioni possono danneggiare la pelle. Di conseguenza, sia una eccessiva e sconsiderata esposizione al sole, sia l’uso continuato di dispositivi abbronzanti possono portare a conseguenze per la salute che possono manifestarsi anche a distanza di molti anni dall’esposizione. I dispositivi abbronzanti non devono essere confusi con le lampade UV, di differente tipologia, utilizzate sotto controllo medico a scopo terapeutico per curare alcune malattie della pelle. L’utilizzo dei dispositivi abbronzanti non può avere finalità curative, tanto che la legge italiana vieta che vengano vantati effetti benefici.
Gli effetti sulla salute: la radiazione ultravioletta (UVA e UVB) sia naturale (raggi del sole), sia artificiale (dispositivi abbronzanti e lampade UV per altri usi estetici) può invecchiare la pelle prematuramente, rendendola ruvida e rugosa, e può contribuire allo sviluppo delle macchie (discromie) della pelle, dette lentiggini solari: sono macchie scure di varie dimensioni e, di solito, appaiono sul viso, sulle mani, sulle spalle e sulle braccia, le zone del corpo più esposte al sole. In genere, compaiono dopo i 50 anni di età, ma possono essere presenti anche nei giovani, specialmente se trascorrono molto tempo sotto i raggi del sole senza adeguate protezioni e precauzioni o se utilizzano dispositivi abbronzanti. L’effetto dannoso più rilevante è legato all’aumento del rischio di sviluppare tumori della pelle, incluso il melanoma, un tumore maligno che si forma in seguito a danni causati dalla radiazione ultravioletta al DNA delle cellule della pelle, i melanociti, che producono un pigmento cutaneo, la melanina. In Italia, il melanoma costituisce il terzo tumore più frequente in entrambi i sessi al di sotto dei 50 anni di età.
L’uso dei dispositivi abbronzanti è responsabile di circa il 5% dei nuovi casi di melanoma registrati ogni anno, ed aumenta di circa il 15% la probabilità che il tumore possa svilupparsi; questa percentuale aumenta significativamente in chi ha iniziato ad utilizzarli prima dei 35 anni di età (+ 75%) ed è proporzionale al numero, alla frequenza e alla durata delle sessioni abbronzanti. Nel 2009 l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (International Agency for Research on Cancer – IARC) ha classificato l’utilizzo dei dispositivi abbronzanti che emettono radiazioni UV nella gruppo 1: "cancerogeni umani", il che significa che ci sono evidenze sufficienti di cancerogenicità nell’uomo.
I fattori che rendono particolarmente dannoso un lettino abbronzante sono: frequenza d’uso, durata di ogni singola sessione, tipo di pelle, vale a dire se la pelle è chiara o scura (fototipo), età, intensità dei raggi UV emessi. Inoltre, i raggi UV dei lettini possono arrecare danni anche agli occhi, causando problemi quali irritazione, congiuntivite, aumento del rischio di cataratta, se non si indossano occhiali protettivi. A causa del meccanismo attraverso cui le radiazioni UV provocano un danno al DNA non è possibile definire limiti di sicurezza per l’esposizione ai dispositivi abbronzanti (per dose di raggi UV, frequenza e durata). Non esistono quindi lampade o lettini abbronzanti sicuri al 100%.