Ragusa – Il 1° dicembre ricorre la Giornata mondiale dell’Aids. Anche l’ufficio diocesano per la Pastorale della salute di Ragusa, diretto dal sacerdote Giorgio Occhipinti, è impegnato ad attivare azioni di sensibilizzazioni per far sì che quante più persone è possibile siano raggiunte dai messaggi informativi che mirano a rendere edotti tutti sui rischi che si corrono con comportamenti non corretti. “E’ una malattia che è scoppiata, a livello globale, più di quaranta anni fa – chiarisce la dottoressa Maria Antonietta Di Rosolini, direttore del reparto di Malattie infettive di Ragusa e componente della Consulta della pastorale – assumendo, sin dall’inizio, carattere pandemico.
Il mondo scientifico ha ottenuto grandi risultati contro l’infezione da Hiv garantendo, con una terapia virosoppressiva a vita, la sopravvivenza di chi contrae l’infezione con una qualità di vita che consente, nella gran parte dei pazienti, una progettualità pari alla generalità delle persone. Il mondo scientifico è sempre stato impegnato nella ricerca per una cura sempre più efficace e sicura: lontano dai riflettori. Eppure, è una pandemia anche se non si tratta di una malattia ad alta diffusibilità respiratoria come il Covid 19. Abbiamo qualcosa da imparare da queste due pandemie? Dopo trenta anni di storia di Hiv lo stigma sociale non è stato minimamente scalfito. Ancora oggi il paziente affetto da Hiv avverte il fardello della sua malattia-condanna e lo stress di non farsi riconoscere, talvolta, supera quello di sottoporsi ai controlli alimentando una autodiscriminazione che lo porta all’isolamento.
Quanti pazienti Hiv vivono in solitudine la patologia di cui sono affetti. Quanti immigrati, soprattutto le donne, diventano positivi per Hiv durante il viaggio della speranza? Hiv, immigrazione, stigma sociale, disinformazione, mancanza di educazione sessuale, prevenzione, vanno assieme e ridurne le conseguenze non può prescindere dal riconoscimento della multicausalità. L’Africa è la Regione più colpita da Hiv la cui organizzazione socio-sanitaria non rientra neanche negli standard minimi. L’immigrazione, che per noi occidentali mette in serio pericolo il nostro equilibrio, per milioni di persone è una speranza. Il Mediterraneo diventerà sempre più un hotspot per uomini che fuggono in cerca di salvezza sopportando stenti e rischiando malattie compreso l’Hiv, malattie a trasmissione respiratoria, malattie da stenti, malattie sessualmente trasmesse; il Mediterraneo diventerà un hotspot climatico. La pandemia da Sars Cov 2 che ha cambiato la vita di tutti ci invita a riflettere su due parole: equilibrio e confine”.