Le piccole mummie di Palermo racconteranno stili di vita, abitudini, alimentazione, patologie e anche cause della morte dei bambini vissuti nell’Ottocento. È l’obiettivo scientifico di un progetto promosso e finanziato dall’Arts and Humanities Research Council. Lo studio coinvolge un team di studiosi guidato da Kirsty Squires, bioarcheologa dell’università di Staffordshire, e coordinato dall’antropologo Dario Piombino-Mascali. L’indagine, nella prima fase radiologica, esaminerà i corpi di 43 bambini mummificati custoditi nelle Catacombe dei Cappuccini di cui Piombino-Mascali è conservatore. Tra le migliaia di corpi mummificati qui riposa in una culla high-tec anche la piccola Rosalia, la più celebre delle bambine imbalsamate che da cento anni mantiene un’immagine viva e incontaminata. La mummia di Rosalia non rientra però nei casi di studio.
Quella che è partita a Palermo è una ricerca mai effettuata prima sui piccoli e realizzata con metodi non invasivi. Alle informazioni raccolte con strumenti e supporti avanzati si aggiungeranno quelle reperite negli archivi: “Stiamo lavorando – dice Kirsty Squires – a un progetto multidisciplinare che permetterà di fare nuova luce sui bambini le cui famiglie potevano permettersi un processo costoso come era la mummificazione nel XIX secolo a Palermo. Potremo capire molto dell’infanzia in quel periodo: la salute, lo sviluppo, l’identità sociale e perfino il modo di concepire la vita”. Il progetto offrirà, aggiunge la sovrintendente Selima Giuliano, “uno spaccato sulla Sicilia del passato, indispensabile per leggere il presente”. In tal modo, sostiene l’assessore regionale ai Beni culturali Alberto Samonà, potremo “approfondire i dati in nostro possesso relativamente a un patrimonio storico-culturale unico e ineguagliabile”.