Scicli – “Ora sto meglio, la pelle brucia di meno”. Yassine (nome di fantasia richiesto dai genitori) è seduto sulle gambe della mamma che accoglie tra le proprie mani, quella fragile del figlio. Sette anni di vita, Yassine ha una malattia genetica rara: l’ittiosi lamellare, che gli mangia la pelle. Questa va rimossa, idratata di continuo. Ci pensano mamma e papà, 44 e 36 anni, e in questi giorni anche la figlia maggiore che dalla Tunisia è in visita alla famiglia, sperando in un futuro ricongiungimento. Ma alla cura di Yassine si dedica una intera comunità, quella di Scicli, gioiello barocco del Ragusano, che attraverso le sue donne gli dona una ‘seconda pelle’ fatta di attenzione nutrita da gesti. Papà è arrivato in Italia nel 2005 a bordo di un barcone, “Sono sbarcato a Lampedusa”, racconta.
Sguardo sereno, felice di avere almeno una parte della famiglia, finalmente, vicino a sè. Non si è risparmiato. Ha lavorato sodo. Per quasi sette anni non ha visto la moglie, lasciata poco dopo il matrimonio, incinta della prima figlia che ha potuto abbracciare per la prima volta nel 2011, quando la bimba già andava a scuola. Lui ha vissuto prima in una catapecchia nel Vittoriese, in condizioni difficili, in una casa in cui le infiltrazioni di acqua facevano saltare la corrente. Ha messo da parte quanto era necessario, ha cercato una situazione migliore e oggi ha un regolare contratto di lavoro, un permesso di soggiorno e con quanto guadagna ha potuto ricongiungersi con la moglie e uno dei figli; gli altri due più grandi sono rimasti in Tunisia con la nonna. Non ha chiesto nulla, ma la sofferenza del figlio più piccolo ha smosso i gruppi di Scicli, realtà dinamiche e collaborative che in team, nel silenzio, si sono date da fare: Caritas, volontarie Vincenziane e associazione Papa Giovanni XXIII, ognuna con le proprie competenze, tutte donne, ma per caso, toste e determinate. La superficie del corpo di Yassine è ricoperta da pelle secca che si squama, e produce lacerazioni dolorose, prurito, una sofferenza non solo per lui ma anche per chi gli sta vicino.
Dorme con gli occhi aperti. Le sue palpebre non sono sufficientemente elastiche da permettergli non solo di riposare con gli occhi chiusi ma anche di lubrificare l’occhio con ciò che per chi non è affetto dalla malattia è normale: battere le ciglia. Una raccolta fondi immediata per le creme e i prodotti specifici che servono al piccolo per alleviare la sua sofferenza e quanto serve per i viaggi per le visite specialistiche: ha cominciato da qui la ‘rete’ per Yassine, con le prime visite a Scicli (dove viene fatta la prima diagnosi di ‘ittiosi’) e poi a Roma in un centro specializzato, l’Istituto dermatopatico dell’Immacolata per una diagnosi certa e per un piano terapeutico adeguato anche alla sua eta’ oltre che per un accompagnamento della famiglia alla conoscenza della malattia. Una prima volta il bambino parte accompagnato da una volontaria e dal papà; poi assieme alla mamma sempre con il sostegno di una volontaria. Ed è a Roma che la diagnosi viene confermata: una alterazione genetica con la quale il piccolo dovrà imparare a convivere. Appena entriamo in casa di Yassine, mamma e papà non sanno come esprimere la loro gratitudine per questo gruppo di donne che ci accompagna; lei si affretta a chiudere le persiane oscuranti di porta e finestre con l’idea di potere sentire meno freddo.
La caffettiera è pronta sul fornello, non serve, ma a lei fa piacere e non si può rifiutare. Rosetta Pacetto, Giovanna Occhipinti Ferro e Gabriella Portelli assieme alle altre volontarie di queste tre mani della provvidenza – le associazioni che si fanno in quattro per il territorio -, sono felici di vedere Yassine molto migliorato. Aveva le piaghe quando è arrivato, non per mancanza di cura, perché la famiglia per questo figlio delicato ha cercato di fare il possibile in Tunisia, ma perché ora vi sono una diagnosi certa, una cura adeguata e i prodotti adatti. La mamma scopre i piedini affusolati del bambino per fare vedere come ora possa camminare bene, perché non ci sono più le piaghe. “Quando è nato mi ha fatto paura”, confessa, raccontando anche che in Tunisia avevano pure ipotizzato un trapianto di pelle per ricostruire le palpebre del piccolo. Un’altra giovane ragazza tunisina ci aiuta a comunicare. Yassine fa vedere i suoi quaderni di scuola, orgoglioso. Impara, gioca con gli altri bambini. Cosa ti piace della scuola? “Il cortile”, risponde furbetto dicendo che da grande vuole fare l’insegnante di educazione fisica. “La sfida – dice Gabriella – è quella di fare sentire questa famiglia parte del sistema sociale. La disabilità è nei nostri occhi, non in quelli di un bambino. La sua pelle è diversa ma i desideri e i sogni non sono diversi da quelli degli altri bambini. Ci sono famiglie che per pudore e per timore quasi di recare disturbo, è come se vivessero ‘fuori dalle mura della città. Ma non sono sole, andiamo noi da loro”.È stata una ‘mamma di scuola’ a contattare Gabriella per capire come fare per aiutare Yassine. Era svenuto a scuola perché affrontando l’ora di ginnastica il suo corpo non ha retto. Non può scatenarsi come tutti i bimbi della sua età, anche se lo vorrebbe. Il suo sistema di sudorazione e di termoregolazione risente della patologia di cui soffre. Da lì è iniziato tutto.
Rosetta ha seguito la parte burocratica assieme alle altre volontarie, Giovanna ha coinvolto la sua famiglia per la prima visita specialistica, Gabriella con altre volontarie ha raccolto fondi, una buona mano di aiuto anche da una associazione di motociclisti. “Questo territorio è capace di costruire solidarietà – dice Rosetta – e il volontariato è una forza di cambiamento. Abbiamo affiancato le persone di questa famiglia accompagnandole nel rapporto con le istituzioni, non al posto loro ma assieme a loro”. I prodotti necessari a Yassine per vivere attenuando il suo dolore sono a carico dello Stato, sono previsti dalle norme vigenti. Con il piano terapeutico in mano, prescritto da una struttura per altro specializzata, è bastato informarsi con gli uffici Asp di Ragusa e con la farmacia territoriale per avere risposta immediata. E per queste donne, ‘ragazze di una volta’, non più giovanissime, dare serenità al bimbo e alla famiglia è una conquista. I prodotti non saranno più una preoccupazione per la famiglia, che per non abusare della generosità dei suoi angeli custodi cercava di farli bastare magari per qualche settimana in più rispetto alla ‘posologia’ indicata: “Abbiamo portato dei giochi a Yassine – racconta ancora Gabriella – ma lui voleva accettarne solo uno, perché gli bastava”. La famiglia ora si separera’ di nuovo. Papa’ con mamma e Yassine staranno in Italia. La figlia maggiore, sedicenne, tornerà a giorni in Tunisia, dove ad aspettarla c’è il fratello più piccolo che di anni ne ha 10 e che soffre moltissimo per la separazione dai genitori. “Speriamo di poter stare nuovamente tutti insieme”, dice il padre. Già, tutti insieme forse per la prima volta. Chissa’, forse dopo l’estate. Il freddo della casa sarà meno intenso. Un’altra volontaria vincenziana ha portato una stufa nuova, un dono in memoria di una persona buona che non c’è più. Qui si fa così. Si agisce. (Agi)