Lo scorso 12 gennaio, al termine della Conferenza Stato-Regioni e Province autonome, il Ministro Stefano Patuanelli ha firmato l’intesa sul Decreto interministeriale inerente alle piante officinali. Il provvedimento è stato adottato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministero della Transizione Ecologica e con il Ministero della Salute.
Come specifica una nota stampa pubblicata dal sito ufficiale del Ministero dell’Agricoltura, lo schema di Decreto interministeriale “recepisce quanto disposto dagli articoli 1 e 3 del decreto legislativo n.75/2018”, ovvero il “Testo unico in materia di coltivazione, raccolta e prima trasformazione delle piante officinali”.
Il comunicato del dicastero presieduto da Patuanelli sottolinea, inoltre, come sia stato introdotto “un quadro normativo innovativo a livello europeo per il comparto delle piante officinali”. Il principale riferimento normativo, infatti, era rappresentato da una legge del 1931, modificata solo in parte da un’altra entrata in vigore nel 2018. Il testo integrale del provvedimento è in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale; nel frattempo sono trapelate diverse indiscrezioni circa il contenuto del Decreto interministeriale. Quest’ultimo, secondo quanto riportato dall’edizione online di Repubblica, include nuovi criteri di raccolta e trasformazione delle piante officinali spontanee, norme specifiche per la tutela della biodiversità e la promozione della bioeconomia circolare (con investimenti volti ad incentivare l’occupazione giovanile)
I provvedimenti sulla Cannabis sativa L.
Il Decreto interministeriale non ha espresso alcun aggiornamento significativo per quanto riguarda la produzione della Cannabis sativa L. – unica varietà che, al momento, è possibile coltivare legalmente in Italia – e la relativa trasformazione per scopi officinali. In sostanza, quindi, i riferimenti normativi restano quelli in vigore prima dell’intesa sullo schema di decreto interministeriale. Le associazioni di settore, pur accogliendo in maniera generalmente favorevole il provvedimento, hanno sottolineato come abbia, al contempo, rappresentato un’occasione persa per fare maggiore chiarezza e colmare alcune lacune sul piano normativo. È questa, in sintesi, la linea espressa da Agrinsieme, il coordinamento che riunisce Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari. In una nota, ha definito il testo come “un passo importante per il settore delle erbe officinali, che attendeva da tempo il completamento del percorso normativo dedicato”; al contempo, esprime “rammarico per il fatto che il testo non preveda in modo specifico l’uso officinale dell’infiorescenza di canapa industriale”. Il Decreto interministeriale, secondo Agrinsieme, non recepisce le indicazioni e le sollecitazioni inerenti la valorizzazione della Cannabis sativa L. a basso THC in ambito officinale, perdendo “l’occasione di fare chiarezza sul piano normativo” e incentivare lo sviluppo di un comparto che, come sostiene l’associazione, ha potenzialità tali da “attrarre risorse e investimenti, creando occupazione, specie giovanile”.
Cos’è la Cannabis sativa a basso THC
La nota di Agrinsieme fa riferimento alla “Cannabis a basso THC”, ossia ai derivati della canapa caratterizzati da concentrazioni molto basse di tetracannabinolo, un composto organico (cannabinoide) presente naturalmente nella pianta; se assunto in quantità elevate, provoca effetti psicotropi e causare dipendenza. In base alle normative vigenti in Italia, la Cannabis sativa Linneus (purché coltivata utilizzando semi certificati) può essere lavorata e trasformata per ottenere prodotti di vario tipo. Tra questi vi sono i derivati a basso THC, ossia contraddistinti da un tasso di principio attivo inferiore o uguale allo 0,5%. A questi si applica la dicitura informale di prodotto ‘light’, ossia ‘leggero’ (in quanto privo di effetti psicoattivi), molto usata anche dai rivenditori autorizzati, ossia gli e-commerce specializzati in vendita di marijuana legale come High On Life Weed e i retailer che operano tramite negozi fisici. La principale caratteristica dei derivati della Cannabis legale, in assenza di attività psicotropa, è la connotazione aromatica; i profumi sono intensi e strutturati (simili alle versioni ‘non light’), con note variegate che spaziano dagli agrumi alle spezie, arricchite da sfumature di terra, legno e altri aromi.