Tre casi di febbre Lassa, una malattia infettiva potenzialmente letale provocata da un arenavirus, il virus Lassa (Lassa mammarenavirus) o LASV, sono stati registrati nel Regno Unito. Uno dei tre pazienti è morto, uno è guarito mentre il terzo si trova al Bedfordshire Hospitals NHS Foundation Trust. Secondo le ultime informazioni i tre casi di contagio da febbre Lassa sono legati a un recente viaggio in Africa Occidentale, dove la malattia risulta endemica. Ad annunciare i casi di Febbre di Lassa è stata l’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito (UKHSA), che al momento è impegnata nel tracciamento di tutte le persone che hanno avuto contatti stretti con i positivi. L’agenzia conferma che i rischi per il pubblico sono bassi, proprio alla luce delle modalità di trasmissione dell’infezione. Non si tratta infatti di un patogeno respiratorio che si trasmette per via aerea, come il coronavirus SARS-CoV-2 responsabile della pandemia di COVID-19.
Febbre di Lassa: cos’è?
La febbre di Lassa è un’infezione da arenavirus spesso fatale, che interessa soprattutto l’Africa Occidentale. Essa può coinvolgere molti apparati. La diagnosi si basa sugli esami sierologici e sulla PCR (Polymerase Chain Reaction). La terapia comprende ribavirina EV. Epidemie di febbre di Lassa si sono verificate in Nigeria, Liberia, Guinea, Togo, Benin, Ghana, e Sierra Leone. Alcuni casi sono stati importati negli Stati Uniti, in Germania, in Svezia, e nel Regno Unito. Il serbatoio è costituito dai ratti Mastomys natalensis, M. erythroleucus, e Hylomyscus pamfi. Il topo pigmeo (Mus baoulei) che comunemente vive all’interno delle case in Africa è stato recentemente indicato come specie serbatoio in Africa occidentale. La maggior parte dei casi nell’uomo è dovuta alla contaminazione degli alimenti con le urine, saliva o le feci dei roditori, ma può anche verificarsi la trasmissione interumana attraverso l’esposizione all’urina, alle feci, alla saliva, al vomito o al sangue di persone infette. La trasmissione nosocomiale da uomo a uomo è comune quando il dispositivo di protezione individuale non è disponibile o non è utilizzato. Sulla base dei dati sierologici, le popolazioni indigene in aree endemiche hanno un tasso molto alto di infezioni, di gran lunga superiore rispetto al loro tasso di ospedalizzazione per la febbre di Lassa, suggerendo che molte infezioni sono lievi e autolimitanti. Tuttavia, alcuni studi osservazionali di missionari inviati in aree endemiche dimostrano che hanno un tasso molto più elevato di malattie gravi e di mortalità. Il Centers for Disease Control and Prevention stima che circa l’80% delle persone infettate ha malattie lievi e circa il 20% ha, malattie multisistemiche severe.
Febbre di Lassa: sintomi
La febbre di Lassa è una febbre emorragica con un periodo di incubazione compreso tra i 5 e i 16 giorni. Come indicato dai Manuali MSD, nell’80 percento dei casi l’infezione da Lassa virus determina infezioni lievi, tuttavia nel restante 20 percento si scatenano “severe malattie multisistemiche”. Tra i sintomi si segnalano febbre progressiva, affaticamento, malessere generale e varie condizioni gastrointestinali, come nausea, vomito e diarrea. Possono manifestarsi sanguinamento dalle gengive e dal naso, acufeni, tosse, mal di gola, vertigini e perdita dell’udito, che in alcuni casi è permanente. Tra le complicazioni vi sono shock, convulsioni e delirio. Il tasso di mortalità è compreso tra il 16 e il 45 percento per i pazienti che sviluppano una malattia multisistemica grave, ma è molto più alto nelle donne in gravidanza o che hanno appena partorito, dove fino al 92 percento. Altissimo anche il rischio di aborto. Come specificato dai Manuali MSD, il trattamento si basa su rivabirina e terapie di supporto. Ad oggi non esiste un vaccino per prevenire l’infezione.
Febbre di Lassa: diagnosi
La febbre di Lassa va sospettata in soggetti con possibile esposizione se presentano prodromi da infezione virale, seguiti da un disturbo inspiegabile a carico di qualsiasi organo o apparato. Devono poi essere effettuati test epatici, analisi delle urine, test sierologici e, possibilmente, un emocromo con formula. La proteinuria è frequente e può essere massiva. I livelli di aspartato aminotransferasi (AST) e alanina aminotransferasi (ALT) aumentano (fino a 10 volte la norma), così come i livelli di lattato deidrogenasi (LDH). Il test diagnostico più rapido è la PCR (Polymerase Chain Reaction), ma è diagnostica anche la rilevazione degli anticorpi IgM anti-virus Lassa o un aumento di 4 volte nel titolo delle IgG, mediante immunofluorescenza indiretta. Sebbene il virus possa moltiplicarsi in colture cellulari, queste non vengono allestite di routine. A causa del rischio di infezione, in modo particolare nel caso di pazienti con febbre emorragica, le colture devono essere maneggiate soltanto in un laboratorio con livello di sicurezza 4. Le RX torace, effettuate in caso di sospetto coinvolgimento del polmone, possono mostrare polmonite basilare e versamenti pleurici.