Ragusa – Un primo incontro formativo organizzato al liceo scientifico “E. Fermi” di Ragusa come tema: l’Hospice: una realtà da conoscere per essere capita.
La serie di incontri su quelli che sono i concetti di cura e salute – che da sempre hanno accompagnato il genere umano nel suo progredire -, il prendersi cura dell’altro, attenzionando quelli che sono i bisogni fisici e psicologici sono gli argomenti che verranno trattati nei vari incontri.
La professoressa Rosanna Leggio promotrice del percorso formativo rivolto agli studenti della V B -, ha coinvolto Antonella Battaglia, direttrice dell’UO. S. Hospice – e la psicologa Stefania Antoci dell’ospedale “Maria Paternò Arezzo di Ragusa.
Il personale dell’Hospice, nel corso del primo incontro, ha esposto – con linguaggio semplice – le funzionalità della struttura sanitaria e gli obiettivi da questa perseguita ovvero la cura e la salute di pazienti affetti da malattie terminali.
Si è aperto un dibattito su cura e salute, invitando gli alunni a pensare alla loro personale concezione di questi due concetti.
La dottoressa Antoci ha esplicitato come nel corso del tempo la reale definizione di cura sia stata sostituita da un’altra accezione, più materiale e meccanicistica, volta solamente a una mera somministrazione di farmaci: invece, il concetto di salute da raggiungere è quello di “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattie o infermità”. È stato sottolineato come la cura non sia solo somministrazione di medicinali, ma sia anche, e soprattutto affetto, attenzione o relazione nei confronti del paziente.
Nel corso del suo intervento, la dottoressa Battaglia ha sottolineato che la salute sia una condizione di efficienza del proprio corpo ma anche della propria mente e del proprio spirito. «Di certo ci siamo resi conto di ciò durante questo periodo di pandemia in cui a causa del lockdown e delle restrizioni, che hanno danneggiato i rapporti sociali di ogni fascia d’età, la nostra salute psichica è stata compromessa, causando depressione, asocialità e paura.
Le dottoresse hanno concluso – con la loro relazione sulle diverse attività svolte nel reparto – rimarcando che: “i pazienti non sono solo numeri ma persone, e come tali vanno trattati con rispetto e donando loro la migliore attenzione possibile”, perché “c’è più vita dentro un hospice che fuori”.