Lo squalo che cammina. Leggere un titolo così fa subito pensare ad una fake news ma non lo è. Un team internazionale di ricercatori ne ha scoperti di quattro diverse specie lungo le coste settentrionali dell’Australia, una delle zone a più alta biodiversità al mondo.
Questi predatori, lunghi meno di un metro e assolutamente innocui per l’uomo, sono in grado di utilizzare le quattro pinne come zampe per camminare sulla barriera corallina alla ricerca dei crostacei e dei piccoli molluschi di cui si nutrono. Ma sono anche capaci di uscire dall’acqua per brevi istanti e spostarsi da una pozza all’altra nei pressi della costa alla ricerca di cibo.
Le quattro nuove specie sono tutte appartenenti al genere Hemiscyllium (squali bambù). Gli squali che camminano costituiscono un prodotto piuttosto recente, dal punto di vista evolutivo: si sono separati dal progenitore comune solo 9 milioni di anni fa. La ricerca è stata pubblicata sull’ultimo numero di Marine and Freshwater Research e porta a nove il numero complessivo di squali camminatori scoperti fino ad oggi. Secondo Christine Dudgeon, una delle ricercatrici che ha partecipato al progetto, altre attendono ancora di essere identificate tra scogliere e barriere coralline.
Lo squalo che cammina
Clicca su video per vedere lo squalo che cammina
Un recente studio, pubblicato sulla rivista scientifica Integrative and Comparative Biology, ha preso in esame una specie particolare di squalo, che ha il nome scientifico di Hemiscyllium ocellatum, ma che è anche conosciuto come Squalo Spallina.
Si tratterebbe di una specie tutto sommato comune, se non fosse per una particolarità interessante: usando le sue coppie di pinne riesce a camminare, sia dentro l’acqua che fuori. I ricercatori hanno pensato che la capacità di camminare, ma anche il tipo di movimento e la sua velocità, fossero legati all’età dello squalo: un neonato, un esemplare giovane e uno vecchio si muovono in modo diverso.
Dopo aver condotto studi su alcuni esemplari giovani e vecchi, e osservando tredici “punti motori” sui loro corpi, gli scienziati sono arrivati alla conclusione che l’età – e di conseguenza le diverse forme del corpo – non influiscono sul movimento. La velocità, la rotazione delle pinne, la flessione del corpo e l’ampiezza del battito della coda rimangono gli stessi, sia nei neonati che negli anziani, che nelle fasi intermedie di vita dello Squalo Spallina.
Lo squalo che cammina: ecco come è fatto
Non è il classico esemplare di squalo con corpo muscoloso e denti affilati, con la bocca spalancata e un nuoto velocissimo. È invece una specie buffa, con il corpo allungato e cilindrico lungo poco più di un metro – pochino, rispetto ai 12 metri dello squalo balena.
Vive nella barriera corallina, dove studi precedenti hanno dimostrato che si è adattato perfettamente a un ambiente a tratti ostile: ci sono momenti in cui c’è pochissimo ossigeno (uno stato di ipossia, in termini scientifici) ma moltissima CO2, e periodi di grande volatilità delle temperature dell’acqua, influenzate dalle maree. Lo Squalo Spallina è una specie vivipara, che cioè alleva un embrione in modo simile a quello dei mammiferi: se durante la gestazione le temperature erano alte, i neonati saranno più piccoli e nasceranno prima.
A differenza dei suoi cugini, che spesso vengono cacciati e che sono ormai a rischio estinzione, lo Squalo Spallina è presente in numeri elevati, ed è classificato dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Specie come “a rischio minimo”: secondo gli autori dello studio pubblicato su Integrative and Comparative Biology, questo e la sua capacità di adattamento a climi che cambiano ne fanno una specie modello per studiare la fisiologia dei vertebrati negli oceani sempre più caldi e acidi.
I ricercatori stanno anche cercando di capire se la capacità dello Squalo Spallina di camminare sia una strategia di adattamento a condizioni difficili del loro habitat, forse legate al cambiamento climatico. Si interrogano anche se questi comportamenti, o altri simili, diventeranno più comuni nel futuro, in un mondo in cui gli oceani diventeranno sempre più ostili per le forme di vita che conosciamo.