Una storia da raccontare quella di Rosario Cilia nato a Ragusa il 29 gennaio del 1936 e spentosi a Toronto, in Canada, il 5 ottobre scorso, all’età, quindi, di 86 anni. Era l’ultimo di 8 figli, Giovanni Battista, Orazia, Salvatore, Carmela, Luigi, Giuseppe e Giovanna. Rosario cominciò a lavorare all’età di 9 anni come calzolaio e come pastore in varie masserie fino all’età di 14 anni quando decise di diventare apprendista muratore assieme a Giovanni Spata, il cognato del fratello maggiore Giovanni Battista.
Nel 1954 emigrò in Canada, a soli 18 anni, con i fratelli Giuseppe e Salvatore. Raggiunsero l’altro fratello maggiore, Luigi, andato in cerca di fortuna.
Rosario, nel 1956, lasciò Toronto per lavorare nella British Columbia. A 20 anni fu impiegato nelle miniere d’argento, a spalare il metallo prezioso per sistemarlo sui carrelli trasportatori. Dopo il primo mese di duro lavoro, accettò l’offerta del suo direttore che cercava volontari da impiegare come esperti artificieri: capì che fare esplodere le falde d’argento era meno faticoso che spalarle a mano.
Nella stagione autunnale, poi, cominciò un altro lavoro come boscaiolo nelle foreste di Hazelton British Columbia, che lo portarono a Revelstoke Bc al fine di preparare il terreno per una grande opera nazionale canadese, la costruzione della Trans Canada Higway a Rogers Pass, nelle famose Rocky Mountains. Si può dire che fece parte integrante di un grande evento di sviluppo del Canada.
Utilizzando la strategia dello “Smart and not hard”, lavorò con il cervello e non solo con i muscoli, si specializzò nell’affilare le lame delle motoseghe, quindi meno freddo perché lavorò all’interno e più remunerativo. Il suo sogno era dare un avvenire migliore alla sua famiglia e, dopo la Seconda guerra mondiale, senza alcun tipo di istruzione, l’America era la sola speranza per loro. Nel febbraio del 1959, sposò Maria Occhipinti, anche lei di Ragusa. Diventarono genitori di 3 figli che hanno mantenuto la lingua italiana e la cultura sebbene cresciuti a Toronto: Roberto, Rita e Aldo Cilia.
Rosario andò in pensione dopo aver con successo creato e condotto la sua attività di costruttore edile, lasciando dietro di sé una testimonianza di uomo onorevole, onesto e integro, di esempio per tutte le generazioni a venire. “La sua – dicono adesso i nipoti Jonas, Michayla, Ariana, Chiara, Carlo, Alexandro e Ilana – è stata una vita dignitosa, tesa sempre a valorizzare la famiglia e l’unione, mantenendo vivi i rapporti con i propri cari rimasti a Ragusa. Un padre pieno di valori, marito premuroso, un gran lavoratore il quale ha sempre provveduto economicamente ed emotivamente alla famiglia, sempre presente e pronto ad aiutare i componenti della stessa”.
Aggiunge il nipote Jonathan Cilia, figlio di un fratello: “Mio zio Rosario ha sempre creduto in me e nell’importanza di mantenere i contatti con la madre terra, ho imparato tantissimo da lui, uomo saggio e di umili provenienze. E’ stato capace, a soli 18 anni, di attraversare l’Atlantico e creare un futuro per la sua famiglia, portando in alto il nome dei ragusani nel mondo. Ha sempre brindato alla vita con un bicchiere di vino, che produceva nella sua cantina assieme ai figli Roberto, Aldo e Rita, secondo la tradizione ragusana. Ed è così che mi piace ricordarlo: festoso e pieno di vita. Ed è così che me lo immagino in Paradiso, assieme ai suoi fratelli che ci hanno lasciato negli scorsi anni. Spero che la sua umile storia sia di ispirazione per tutti coloro che, come noi, vivono l’esperienza di famiglie emigrate”.