Il candidato sindaco Riccardo Schininà propone: “Un regolamento condiviso con la città, a partire dal coinvolgimento delle associazioni che da tanti anni operano nel campo dell’educazione alla legalità e si battono contro le mafie”. “Un regolamento condiviso con la città, a partire dalle associazioni che da tanti anni operano nel campo dell’educazione alla legalità e si battono contro le mafie. Un elenco, facilmente consultabile sul sito del Comune, che indichi l’elenco dei beni confiscati alla mafia e il loro utilizzo. Azioni mirate, a partire dalle scuole, per riflettere sul valore educativo dei beni confiscati alla criminalità organizzata”. Sono queste le proposte del candidato sindaco dell’area riformista, progressista e popolare di Ragusa, Riccardo Schininà, in occasione della XXVIII Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, a cui oggi ha preso parte.
“Sono iniziative concrete, alcune più immediate, altre di lungo corso, come tutti i percorsi educativi, che però riteniamo debbano essere avviati da subito. È con un impegno preciso che, come coalizione, vogliamo esprimere piena adesione alla manifestazione di oggi, con la presenza di mille, tra studenti delle scuole secondarie di primo grado, insegnanti, genitori, associazioni e cittadini”. Importante e articolata la disamina fatta dal candidato sindaco, a nome della coalizione che rappresenta, in ordine allo status quo: “Oggi Ragusa ha dei beni confiscati alle mafie, ma i cittadini neppure sanno quali siano. Non c’è un elenco consultabile sul sito del Comune, non c’è alcuna comunicazione specifica in tal senso. Eppure gli studi ribadiscono la vocazione sociale che la confisca imprime al bene confiscato, collocandolo in un preciso settore economico, che è quello dell’economia sociale. Peraltro, la scelta della destinazione d’uso di quei beni, proprio per la natura educativa che assumono, dev’essere frutto di una concertazione quanto più ampia possibile.
I beni confiscati vanno a pieno titolo considerati beni collettivi che presentano un valore sia simbolico che sociale. Il loro riutilizzo, come avviene in altre città anche della nostra provincia, dev’essere portato avanti da associazioni e da cooperative che fanno parte dell’economia sociale, per un profondo impatto sociale, economico e di coesione comunitaria. A Ragusa non solo non si è proceduto in tal senso, ma non sono state neppure ascoltate le associazioni del Terzo settore, che pure hanno provato a far sentire la propria voce, per ragionare insieme su come impiegare quei beni comuni. Il sindaco Cassì ha fatto tutto da solo, confermando come il confronto sia per lui solo un escamotage per produrre proclami, per raccontarci una città che non esiste. Noi riteniamo – ha concluso Riccardo Schininà – che i beni confiscati alla mafia producono un grande valore aggiunto proprio nella condivisione sull’individuazione della destinazione, attraverso un regolamento chiaro, un elenco accessibile a tutti e la costruzione di un percorso comune che generi quella trasformazione voluta proprio dalla legge: la riappropriazione collettiva di un bene che la criminalità organizzata ha realizzato a danno della nostra economia sana e, quindi, di tutti i cittadini”.