L’inserimento del Museo ‘L’Italia in Africa’ di Ragusa tra i luoghi della città iblea scelti a far parte de Le Vie dei tesori di Palermo in questa edizione del Festival organizzato dall’omonima Fondazione, ha sollevato una civile e garbata, ma non per questo meno decisa, protesta da parte del Comitato Provinciale Antifascista cittadino che ha sede presso l’ Associazione Nazionale Partigiani d’Italia di Via Ecce Homo, 178, a Ragusa, e che ha in Biagio Battaglia il portavoce. Per spiegare alla Fondazione Le Vie dei tesori di Palermo i motivi di tale protesta, diretta naturalmente non alla Fondazione, ma che intende porre in luce alcuni aspetti delle scelte del Museo L’Italia in Africa, Battaglia, a nome del Comitato ha inviato alla Presidente delle Fondazione, Laura Anello, una lettera aperta. La riportiamo integralmente.
Lettera aperta alla Fondazione Le Vie dei Tesori – Palermo
Spettabile presidente Laura Anello,
le inviamo la presente nota in relazione all’inserimento del Museo l’Italia in Africa fra i luoghi della città di Ragusa che la vostra Fondazione ha inteso inserire in questa attuale edizione del Festival.
Come accennato telefonicamente negli scorsi giorni al vice presidente Marcello Barbaro, un’ampia area di cittadini, e di relative rappresentanze politiche e della società civile, già da tempo è intervenuta per portare all’attenzione pubblica una serie di iniziative pseudo storico-culturali volte ad una rilettura, che noi riteniamo celebrativa, dell’infausta vicenda coloniale italiana nel continente africano sia per il periodo monarchico sabaudo che per il Ventennio della dittatura e del regime fascista.
A nostro parere questa “collezione privata”, allocata impropriamente all’interno di locali del Comune di Ragusa, e che è stata denominata Museo l’Italia in Africa, non garantisce standard di oggettività nella narrazione storica e appare, con evidenza, e pregiudizialmente, omissiva di ogni traccia delle reali e tragiche vicende di violenza, dominio e barbarie subite dalle popolazioni vittime proprio dei protagonisti di tale spazio espositivo. Cimeli del Ventennio, oggettistica varia, divise, pagine di giornali, quadri di monarchici e gerarchi, di Benito Mussolini, di “eroici” combattenti italiani del Fascio, sono gli unici elementi che fanno parte di ciò che si presume dovrebbe avere, per ovvie ragioni, l’intento di raccontare a visitatori, curiosi, turisti e, ancor di più, a giovanissimi studenti, le scelte politiche, le gesta e le ragioni di un controverso e, per troppi aspetti, tristissimo contesto storico del nostro Paese. La narrazione che ne viene fuori, a seguito di una visita compiuta senza pregiudizio ideologico e di parte – ammenoché non si prendano aprioristicamente per buone le finalità autoassolutorie degli stessi allestitori – è quella di un luogo che racconta una sola versione della storia.
Una versione che anestetizza il fruitore; uno scorrere dei fatti privo di reale attinenza agli accadimenti; una esposizione che non pone la storia come fulcro della comprensione e della imprescindibile immedesimazione, ma che, appunto, finisce dapprima per commemorare la vita di certi personaggi, che non possono non esser definiti aggressori, e immediatamente dopo, addirittura, sembra celebrarne l’eroismo e il carattere patriottico, e finanche i disvalori di una presunta supremazia italiana, e quindi europea, della bontà del colonialismo, quasi fosse stato animato da “umanitarismo”, e dell’esportazione della “civiltà” con la forza. Alla luce di quanto sopra, riteniamo la struttura impropriamente definita Museo l’Italia in Africa non meritevole di essere compresa nel circuito di una importante manifestazione come Le Vie dei Tesori.
Detto ciò, chiariamo, senza lasciar spazio a inopportuni equivoci, che abbiamo voluto indirizzarle la presente nota per portare la vostra Fondazione a conoscenza dell’incisivo, e duro, dibattito storico-culturale sviluppatosi attorno a tale collezione privata, denominata appunto Museo Italia in Africa. Pertanto, la finalità del sottoporvi il nostro parere non è quella di un contrasto con la vostra organizzazione, ma esclusivamente quella dell’apertura di un confronto con lei e i componenti del team, che selezionano i luoghi d’arte, storia e cultura da inserire, di edizione in edizione, all’interno del vostro Festival. Il nostro è, quindi, un invito. Un invito a visitare, assieme a noi, questo “tesoro” – sempre a parer nostro, ovviamente – celebrativo del colonialismo italiano, omissivo dei crimini commessi e subdolamente propagandistico nei riguardi di una falsa gloria e grandezza patriottica del Ventennio. Siamo fiduciosi di un vostro celere e cortese riscontro” (daniele distefano)