Le critiche delle opposizioni consiliari ma anche quelle di alcuni consiglieri di maggioranza che abbiamo definiti ‘non allineati’ all’amministrazione stessa, tale critiche, dicevamo, sono nulla, sono cosa da niente, rispetto all’attacco frontale mosso al Comune di Ragusa ed al suo sindaco Peppe Cassì da parte del locale circolo ‘Il carrubo’ di Legambiente, presieduto dall’agronomo Claudio Conti. Oggetto della reprimenda ambientalista sono gli interventi effettuati dall’amministrazione Cassì in nome della rivitalizzazione della Vallata Santa Domenica. Interventi peraltro effettuati con fondi comunitari del PNRR e che Legambiente giudica totalmente sbagliati ed in netto contrasto co le disposizioni comunitarie in materia di ripristino della natura. Questa la nota del circolo ‘Il carrubo’ e del presidente Conti.
“Il 27 febbraio 2024, dopo la Risoluzione del 9 giugno 2021 sulla strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030, il Parlamento Europeo ha approvato definitivamente la “Nature Restoration Law” cd. Legge sul ripristino della natura. Tra le disposizioni più rilevanti di questa legge c’è il ripristino degli ecosistemi che fissa obiettivi vincolanti per il recupero di ambienti naturali, il ripristino degli habitat e l’aumento di varietà di piante e animali. A Ragusa l’A.C. con i fondi comunitari del PNRR va invece in direzione opposta distruggendo la biodiversità della vallata Santa Domenica che negli ultimi decenni era aumentata a seguito della rinaturalizzazione del sito dopo l’abbandono della attività agricola negli anni 60. Tutto per creare uno spazio verde semplificato seguendo l’idea superata della realizzazione di un giardino e non di uno spazio naturale usufruibile con percorsi natura che rispettasse la biodiversità esistente. Il progetto che ha come obiettivi la riqualificazione ambientale, l’incentivazione della biodiversità, la valorizzazione degli elementi naturali, il turismo naturalistico stranamente non prevede la categoria lavori OG 13 che comprende i lavori classificati come “opere di ingegneria naturalistica” e non rispetta gli elementi base obbligatori indicati dalle linee guida e provvedimenti legislativi ufficiali per la riqualificazione di un’area verde già esistente.
I Criteri ambientali minimi per il servizio di gestione del verde pubblico e la fornitura di prodotti per la cura del verde vengono sì citati, ma non viene previsto il censimento del verde come strumento conoscitivo irrinunciabile per la corretta pianificazione di nuove aree verdi e per la stima degli investimenti economici necessari al mantenimento . La legge n. 10/2013 che obbliga i comuni superiori ai 25000 abitanti a censire gli alberi con i seguenti dati obbligatori non viene applicata: codice pianta, coordinate cartografiche della pianta, nome scientifico della pianta, diametro tronco (espresso in cm) rilevato ad un’altezza di 1,30 m, altezza della pianta: stima o misura dell’altezza della pianta in metri, fase sviluppo, nuovo impianto, pianta giovane, adulta, senescente, analisi di stabilità speditive, visive o strumentali. La legge n. 10/2013 per una gestione efficace di tutti gli elementi del verde raccomanda anche di realizzare un censimento completo di tutti gli elementi del verde. Nel progetto non si trova niente di tutto ciò. Ma vengono ignorate anche le linee guida per la gestione del verde urbano del Ministero dell’Ambiente ( comitato per lo sviluppo del verde pubblico ) che prevedono necessariamente per la pianificazione e la progettazione ambientale dei territori antropizzati il contributo di conoscenze e competenze tecnico-scientifiche nel campo dell’ecologia (in particolare dell’ecologia vegetale, della fitosociologia, della sinfitosociologia e dell’ecologia del paesaggio).
C’è soltanto la presenza dell’agronomo con una relazione agronomica generica dove non è presente alcun censimento botanico neanche di piante coltivate, nè tantomeno è indicata la tassonomia (genere e specie indicati con il nome scientifico e quello volgare, varietà o cultivar, appartenenza a comunità vegetali), le caratteristiche biometriche (altezza, diametro del fusto, diametro del colletto, diametro della chioma e altezza del tronco libero), quelle quantitative (quantità suddivise per classi di altezza, superfici delle aree verdi e delle parti inerbite, etc.), quelle qualitative (stato di salute, ubicazione, necessità manutentive, etc.) e quelle funzionali (contributo fornito in termini di servizi ecosistemici) del patrimonio arboreo, arbustivo, erbaceo della vallata Santa Domenica. Sarebbe bastato consultare la pubblicazione “Flora spontanea della città di Ragusa” di Gabriele Licitra e Mariangela Napoli del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche ed Ambientali, sezione di Biologia Vegetale di Catania rinvenibile su internet che individua 375 taxa di piante vegetali vascolari e ne indica gli ambienti di rinvenimento per accorgersi che alcune specie vegetali rarissime sono presenti, o lo erano prima dell’intervento con cui è stata estirpata tutta la vegetazione erbacea, nella cava Santa Domenica come la Phyllitis scolopendrium (L.) Newman, Dryopteris pallida, Crataegus monogyna Jacq., Geum urbanum L., Opopanax chironium (L.) Koch, Veronica anagallis-aquatica L., Evax pygmaea (L.) Brot. subsp. Pygmaea, Antholyza aethiopica L. Senza parlare delle decine e decine di piante classificate come rare.
Sarebbe bastato seguire sia la strategia nazionale del verde urbano del ministero dell’Ambiente che prevede di tutelare la biodiversità per garantire la piena funzionalità degli ecosistemi e delle infrastrutture verdi che il piano paesaggistico della provincia di Ragusa che in quell’area ha come obiettivi specifici: evitare l’eliminazione degli elementi di vegetazione naturale presenti o prossimi alle aree coltivate o boscate, in grado di costituire habitat di interesse ai fini della biodiversità, la conservazione del patrimonio naturale attraverso interventi di manutenzione e rinaturalizzazione delle formazioni vegetali al fine del potenziamento della biodiversità, e al mantenimento dei livelli di naturalità.Gli interventi sulla vegetazione erbacea ed arbustiva non andavano fatti in modo indiscriminato ma seguendo i consigli presenti nella relazione agronomica. Diradamento solo lungo il viale per permettere il passaggio delle persone e potatura di contenimento degli arbusti. Il progetto, infine, non risolve il problema della pessima qualità dell’acqua che entra nella vallata. Dopo la dismissione dell’impianto di fitodepurazione costato 200.000 euro non si prevede nulla. Si nasconde la polvere sotto il tappeto facendo scorrere l’acqua non depurata in un tubo sotterraneo per eliminare gli odori scaricandola più a valle nel torrente Puzzo e poi nel fiume Irminio, inquinandolo come al solito. Non si è pensato a fare la cosa più logica e necessaria : depurare l’acqua che alimenta il torrente utilizzando sistemi naturali e di fitodepurazione. Non rispetta quindi i CAM Riduzione dell’impatto sul sistema idrografico superficiale ai punti 2.3.4. e 2.3.5. Infine, per quanto riguarda l’eradicazione dell’ailanthus altissima e della robinia pseudoacacia, prevedere l’intervento di manutenzione per soli due anni risulta assolutamente insufficiente alla luce delle esperienze italiane ed estere. I ricacci vanno controllati per almeno 5 anni prevedendo le somme necessarie alla manutenzione altrimenti ci ritroveremo con boschi di robinie vanificando tutto il lavoro fatto. Alla luce di quanto relazionato chiediamo uno stop temporaneo alle opere, un sopralluogo con RUP e direttore lavori per verificare quanto già, realizzato la possibilità di prevedere eventuali varianti in corso d’opera per correggere gli errori commessi ed eventuali difformità rispetto al progetto. (da.di.)