Potrebbe riferirsi all’affiliazione a Cosa nostra e al battesimo da killer la data che Matteo Messina Denaro si fece tatuare durante la latitanza. Nel tatuaggio che il boss aveva sul braccio sinistro si leggeva otto-ottobre 1981 in numeri romani. “E’ una data per me importante”, ha raccontato l’ex latitante stesso alle sorelle durante un colloquio in carcere avvenuto dopo l’arresto. L’8 ottobre del 1981 il capomafia aveva 19 anni e mezzo ed era il rampollo della famiglia di don Ciccio Messina Denaro.
La data, sospettano gli inquirenti, potrebbe segnare un momento fondamentale per la sua vita: l’ingresso formale in Cosa nostra seguito, il giorno successivo, dal debutto del giovane boss come killer. Il 9 ottobre, infatti, è passato alla storia come il venerdì nero di Palermo, una giornata di sangue in cui, nel bel mezzo della guerra di mafia, in poche ore si verificarono 4 omicidi in città e uno in provincia. Delitti a cui Matteo Messina Denaro, ritengono gli investigatori, potrebbe aver partecipato.
Le vittime della pioggia di fuoco che insanguinò la città furono Antonino Vitale, un agricoltore ucciso nel quartiere Brancaccio, il pregiudicato mafioso Calogero Misuraca, residente a Cinisi, ammazzato in piazza Marina mentre usciva dal palazzo dell’Intendenza di Finanza, Agostino Calabria, ex autista di autobus, ucciso a pochi metri dal luogo in cui ore prima era stato ammazzato Vitale e Giovanni Costanza venditore ambulante, anche lui eliminato nella stessa zona. Nella serata tra Campofiorito e Bisacquino, nel palermitano, venne scoperto in una discarica il cadavere di Giuseppe Stabile, allevatore trovato col volto sfigurato. L’ultima vittima fu un elettricista, Salvatore Manno, incensurato, trovato morto vicino alla circonvallazione di Palermo. Una mattanza che indusse l’allora ministro dell’Interno Virginio Rognoni a mandare a Palermo il vice capo della polizia.