Mercoledì 16 ottobre, alle ore 21.00, debutta in prima assoluta nella Sala Strehler del Teatro Biondo di Palermo, lo spettacolo Di giorno e di notte di Beatrice Monroy con la regia di Cinzia Maccagnano, libero adattamento del romanzo Notte, giorno, notte scritto dalla stessa Monroy e pubblicato da Giulio Perrone Editore.
Protagonisti dello spettacolo, prodotto dal Teatro Biondo, sono Simona Malato, Viviana Lombardo, Dario Muratore, Giuseppe Randazzo, Maria Chiara Pellitteri; le scene e i costumi sono di Valentina Console, il progetto sonoro di Federico Pipia, riprese e montaggio video di Sandy Scimeca. Repliche fino al 27 ottobre.
Di giorno e di notte è un cold case che si rivela poco alla volta, lasciando lo spettatore sospeso fino alla fine. La storia, ambientata a Palermo nell’esatte del 1993, vede protagoniste Matilde (Simona Malato) e Carla (Viviana Lombardo) che abitano, con i loro rispettivi mariti Federico (Giuseppe Randazzo) e Roberto (Dario Muratore), due appartamenti attigui in uno dei tanti palazzoni costruiti in fretta e furia nel dopoguerra per ospitare le famiglie degli impiegati regionali appena assunti con chiamata diretta.
A dividere le loro case c’è un terrazzo comune. È Matilde a frequentarlo con assiduità, in preda all’insonnia, dondolandosi su una sedia e ascoltando, nel silenzio della notte, le voci di Carla e Roberto che provengono dalla veranda.
Notte dopo notte, quelle voci rivelano un giallo, una tragedia, qualcosa che riguarda direttamente Matilde ma di cui la donna riesce a capire ben poco fin quando non decide di percorrere i vicoli della città antica. Carla e Roberto sussurrano dell’omicidio del padre di Carla e di come lei abbia passato la vita intera a cercarne i mandanti, compiendo anche dei gesti efferati che in qualche modo coinvolgono Matilde e Federico.
«Di giorno e di notte è una lotta tra memoria e oblio, tra rivoluzione e quiete, tra ordine e pantano – spiega la regista Cinzia Maccagnano – La lotta, come forse tutte le lotte, è volta alla ricerca della verità, che di giorno si nasconde inghiottita dal caos, dall’alienazione quotidiana, dalla luce che paradossalmente la cancella, mentre di notte affiora, tra le fessure di una veneziana, dalle crepe di un passato condiviso».
Le due voci parlano anche dei cortei dopo le stragi di mafia, della gente scesa per le strade. Matilde ascolta, fa congetture, ricostruisce una verità che non vorrebbe conoscere. A mano a mano veniamo a conoscenza di una tragedia personale che si rispecchia nella grande tragedia collettiva.
«Sullo sfondo – racconta Beatrice Monroy – c’è la città antica abbandonata, le rovine a fare da padrone e il nuovo mondo, la città nuova con i suoi nuovi inquilini, quasi sempre arrivati in città dalla provincia ai tempi della nascita della Regione Sicilia, con il suo infinito numero di impiegati e famiglie giunti per chiamata diretta. Un nuovo mondo sorto con indifferenza, noncuranza e anche ostilità nei confronti dell’antica storia della città. In quei palazzoni senza mare ma anche senza terra vivono Matilde e Carla, figlie di questo mondo nuovo. Un mondo di estranei che tali vogliono rimanere, senza interessi alcuni per gli eventi che intanto, durante la loro infanzia, costellano di sparatorie e morti la città».