Palermo – Debutta in prima nazionale, mercoledì 20 novembre alle ore 21.00 nella Sala Strehler del Teatro Biondo di Palermo, lo spettacolo Mille modi per dire ti amo dell’autore statunitense Neil LaBute, nella messa in scena diretta da Luca Mazzone e interpretata da Roberta Caronia. Mazzone firma anche la scena, mentre i costumi sono di Dora Argento. Repliche fino all’1 dicembre. Protagonista della pièce è una donna di mezza età, una professoressa che crede nel proprio lavoro, portato avanti da tanti anni con grande entusiasmo. Nell’intimità della sua abitazione la donna ci racconta la sua storia apparentemente normale, caratterizzata da una routine quotidiana dalle abitudini borghesi, un’esistenza costellata da piccole soddisfazioni incastonate in regole dettate dal buon senso comune. A un certo punto, però, scopriamo che questo fragile equilibro è stato messo in crisi dall’incontro con un suo giovane studente, il quale scatena un turbinio di passioni smascherando il malessere e l’insoddisfazione di fondo.
Il giovane asseconda e accompagna la donna in una danza vorticosa che non lascia scampo e che fa riscoprire la vitalità mortificata da un certo perbenismo piccolo borghese.
«In Mille modi per dire ti amo – spiega Luca Mazzone – LaBute ci racconta una storia che ha a che fare con il destino e l’autodeterminazione della propria esistenza. Fino a che punto possiamo davvero determinare gli eventi della nostra vita? L’autore affronta temi universali come l’amore, la maternità, la coppia, giocando con i suoi personaggi come pedine all’interno di un ingranaggio stritolante, dove caso e ricerca della felicità si avviluppano facendo precipitare gli eventi. Ed è proprio la ricerca della felicità ad ogni costo che assume un peso nella vita della protagonista. Un peso specifico oltreché metaforico. Cosa si è disposti a fare per raggiungere i propri obiettivi? O più prosaicamente: il fine giustifica i mezzi?»
Il personaggio che esce fuori dalla penna di LaBute offre un’ampia tavolozza di colori e sfumature utili per indagare l’animo umano e per mettere in luce le contraddizioni di un certo mondo borghese e perbenista. «L’indefinitezza apparente dell’ambientazione – aggiunge Mazzone – e la scrittura che segue a tratti il flusso di coscienza ha stimolato nel lavoro di regia l’idea di mettere la protagonista sotto una grande lente d’ingrandimento, in uno spazio neutro, capace di evidenziarne ambiguità e contraddizioni, sospendendola così in una sorta di limbo spazio-temporale. Un progressivo spostamento da una concretezza realistica a una rarefazione simbolica. Così la protagonista si ritrova in bilico tra amore e verità, quasi due categorie supreme che si scontrano in una seducente partita a scacchi».