Ragusa – Angela Finocchiaro ha conquistato il pubblico del Teatro Duemila di Ragusa con la sua interpretazione ne “Il Calamaro Gigante”, andato in scena mercoledì sera nell’ambito della stagione teatrale promossa dall’associazione culturale C&M, sotto la direzione artistica di Carlo Nobile. Lo spettacolo, ispirato all’omonimo romanzo di Fabio Genovesi, ha offerto una performance che ha saputo mescolare sapientemente risate e riflessioni profonde.
La pièce si presenta come un racconto surreale che trasforma la quotidianità in un’avventura teatrale. Il pubblico ha reagito in modo diverso a seconda della propria predisposizione all’analisi: chi si è limitato alla superficie ha apprezzato le battute nevrotiche e contemporanee della protagonista e le situazioni paradossali create sul palco, godendo di una serata leggera e divertente. Chi, invece, ha scelto di approfondire il significato dell’opera, si è trovato di fronte a tematiche complesse legate all’inconscio personale e collettivo, agli archetipi e al bisogno di miti condivisi. “Il Calamaro Gigante” diventa così metafora della difficoltà di comprendere il mondo e di dare un ordine a emozioni, desideri e aspettative.
La scena è essenziale, limitata a poche carrucole, cime e bozzelli che evocano il sartiame delle navi, e a grandi teli bianchi che assumono diverse forme: vele, mare in tempesta, un’isola o persino un mostro marino. Otto talentuosi performer di teatro-danza animano lo spazio scenico, creando atmosfere suggestive attraverso acrobazie, mimo, canto, ombre cinesi e recitazione. Particolarmente suggestiva la scena in cui le ombre dei loro corpi si trasformano in una barca in balia delle onde.
Sul fondale, uno schermo proietta immagini in computer grafica: mari agitati, navi, onde e, soprattutto, enormi tentacoli che sembrano voler afferrare gli spettatori. Le proiezioni evocano anche la figura della nonna della protagonista, che cerca di aprirle la mente all’irrazionale, tentativo che Angela respinge per paura. Ma, come suggerisce lo spettacolo, non si può sfuggire alle paure dell’inconscio. Angela si ritrova così a combattere con il mostro metaforico, dopo aver involontariamente invocato la fine del mondo in un momento di rabbia.
Bruno Stori offre un’ottima interpretazione nel ruolo dello scienziato esploratore Montfort, creando un efficace contrasto con la protagonista. Il confine tra realtà e fantasia si fa labile, intrecciando storie di mostri reali con le biografie di scienziati visionari e incompresi. Il finale, volutamente aperto, non offre un lieto fine convenzionale, lasciando spazio alla riflessione.