ROMA – Solo da qualche qualificata recensione si apprende che Giovanni Ferrero ha scritto un nuovo romanzo – Blu di Prussia e Rosso Porpora, edito da Salani e nelle librerie da fine settembre. Giovanni Ferrero, il romanziere invisibile, quasi scrivesse sotto pseudonimo, nessuna presentazione di libro in tour, nessuna apparizione televisiva per promuoverlo, un imprenditore contemporaneo e ardito che nel suo business quotidiano, è andato ’’oltre le colonne d’Ercole’’ – espressione usata da lui a Expo 2015 nell’annunciare la stagione delle acquisizioni – ma con una personalità tanto schiva da avere una gestione della sua immagine piemontesemente novecentesca, con un irriducibile understatement nell’esposizione pubblica: Rarissime interviste da imprenditore, poche battute da scrittore. In quest’ultimo ambito si ricorda solo un suo commento di come scrivere romanzi rappresenti un suo spazio personale ritagliato nelle prime ore dei suoi sabato mattina. Tutto questo porta a commentare l’opera dell’autore senza conoscerne con certezza la vera ispirazione intima, ma ci costringe a immaginare il suo percorso creativo, tentando di interpretare anche la sua evoluzione nella produzione letteraria. Negli ultimi quattro romanzi, dei sette totali, che si sono sviluppati in un arco temporale di quattordici anni da Campo Paradiso (2007), al Canto delle farfalle (2010), al Cacciatore di luce (2015) fino all’appena uscito Blu di Prussia e Rosso Porpora abbiamo delle costanti e attraverso queste cerchiamo di entrare nell’animo dell’autore. Un unico protagonista l’inglese Ernst Hamilton, tante donne e tanti amori diversi, territori africani dalla Namibia al Sud Africa fino alla Città eterna e alla Santa Sede nell’ultimo, tanti paesaggi, molte descrizione di luoghi e di persone, una grande passione per i colori e la luce – forse perchè quando scrive nelle brume del Plat Pays di Jacques Brel brama proprio di luce -, quattro filoni letterari ad intreccio in ogni romanzo con pesi diversi per ognuno di loro: Thriller, Noir, Sociale e Romantico. In Blu di Prussia e Rosso Porpora sotto un cielo carico di pioggia e squarciato dai fulmini, la basilica di San Pietro è inclinata su un fianco, la cupola spaccata a metà sta per diventare un cumulo di macerie. Non è ancora l’apocalisse, ma soltanto il soggetto di un bizzarro dipinto ottocentesco che un giorno scompare nel nulla, da una piccola chiesa nel centro di Roma. Chiara, la restauratrice che ne stava curando il recupero, è turbata dallo strano furto e lo confessa all’amico Ernest che sta soggiornando nella città eterna per ritrovare la propria ispirazione. Chi può avere interesse a rubare una tela sacrilega, senza alcun particolare valore artistico? Il mistero assume una dimensione preoccupante qualche giorno più tardi, quando il quadro riappare nel luogo dove si è consumato un altro delitto, il rapimento del cardinale ivoriano Maltiade, secondo molti il principale candidato alla successione del Papa morente. La contestualizzazione vaticana è fantastica e ben oltre l’attuale papato di Francesco con contrapposizioni all’interno al mondo cattolico che non corrispondono a quelle attualmente in essere e che preludono epocali cambiamenti verso un mondo che si potrebbe definire protestante. Le indagini private di Ernest e Chiara si intrecciano con quella ufficiale dell’ex commissario Grevini, che quando ha accettato l’incarico di gendarme pontificio era convinto che avrebbe combattuto la noia più del crimine. Si sbagliava di molto. Per tutti loro la ricerca della verità si trasformerà in una pericolosa discesa tra le tenebre di interessi sociali e spirituali che attraversano i secoli e che mettono in discussione le fondamenta del futuro. Rispetto ai romanzi precedenti vi è un cambio dello stile narrativo che vede il protagonista parlare in prima persona, alternato a capitoli più discorsivi, che rende più facile ed interessante la lettura del romanzo. La vena sociale persiste, il thriller si infittisce, ma cresce l’aspetto psicologico-sentimentale-romantico. Nella lettura del testo in alcuni momenti il lettore viene trascinato più dalla duplicità di Ernst nei sentimenti che prova tra Chiara e Serena, tra l’amore fisico e l’amore represso, che dal thriller, che si sarebbe pensato potesse essere il driver principale del libro. La famiglia Ferrero supporta la cultura ad Alba da anni, Giovanni Ferrero la vuole continuare a vivere in prima persona alla ricerca della sua dimensione letteraria. La chiusura del romanzo sembra indicarci che la storia continuerà…