Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani, in occasione della Giornata internazionale della donna, 8 marzo, intende ricordare le conquiste socio-economiche e politiche ed al pari le violenze e le discriminazioni subite ancora oggi nel mondo dal genere femminile.
I diritti delle donne sono parte inalienabile, integrale e indivisibile dei diritti umani universali ed in quanto tali devono essere tutelati dagli Stati con misure di tipo positivo che, in deroga al principio della parità formale, permettano di perseguire la sostanziale parità con gli uomini. Nel 2010, L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha fondato l’UN Women (Donne dell’ONU), un organismo creato per la promozione e protezione dei diritti delle donne. Tra i suoi obiettivi v’è l’accelerazione dei progressi di uguaglianza di genere, il potenziamento delle donne per uno sviluppo sostenibile e un mondo più inclusivo e la realizzazione di standard di parità effettivamente applicati a beneficio di tutte le donne e le ragazze. Nel 2017 l’UN Women ha esortato tutti a "fare il grande passo" verso l’uguaglianza di genere per un pianeta di parità effettiva entro il 2030.
La partecipazione delle donne in politica è ancora a livelli bassissimi. Nel 2018 le donne presenti nei parlamenti nazionali d’Europa erano il 24%, mentre con il 2019 le donne che nel mondo sono a capo di uno Stato sono 11 e 10 svolgono funzioni di capo del governo. Dalla classifica dell’IPU, l’organizzazione mondiale dei Parlamenti, emerge che la partecipazione femminile in Parlamento è paritaria solamente in tre stati tra i più poveri al mondo che da questo punto di vista rappresentano l’avanguardia: Ruanda con il 61,3%, Cuba con il 53,2% e Bolivia con il 53,1%. Negli ultimi 20 anni l’Italia ha vissuto un notevole miglioramento in tema di pari opportunità ma la sua posizione resta inferiore alla media europea, collocandosi al 14° posto fra i paesi membri. Le donne italiane sono infatti ancora molto discriminate in casa, nella parità salariale e nell’occupazione.
Secondo il rapporto 2017 dell’Ocse “The Pursuit of Gender Equality: An Uphill Battle” sono stati identificati i tre ostacoli più importanti all’uguaglianza di genere: la violenza contro le donne, il divario salariale e la disuguaglianza nella divisione del lavoro non retribuito domestico. La violenza di genere continua ad essere una delle più importanti violazioni dei diritti umani all’interno di tutte le società contrariamente ai dettami della Dichiarazione universale dei diritti umani che sviluppa in concreto il divieto di discriminazione in base al sesso nell’ambito della famiglia, del matrimonio e della maternità, dei diritti politici e del lavoro. Secondo gli ultimi dati Istat, in Italia nel 2016 3 omicidi su 4 sono stati femminicidi commessi in ambito familiare e tra questi 59 donne sono state uccise dal partner, 17 da un ex partner e 33 da un parente, mentre 6 milioni 788 mila donne fra i 16 e i 70 anni hanno subito violenza fisica o sessuale (stupri il 5,4%, violenza sessuale il 21% e violenza fisica il 20,2%).
Il divario salariale di genere vede le donne italiane guadagnare in media il 33,4% in meno degli uomini con una percentuale di occupazione femminile molto bassa (48,1 %; dati ISTAT 2018). Denominato gender pay gap, questo fenomeno deriva dal fatto che le donne lavorano meno ore retribuite, operano in settori a basso reddito o sono meno rappresentate nei livelli più alti delle aziende ed hanno e, nella maggior parte dei casi, le retribuzioni pattuite sono inferiori rispetto ai colleghi dell’altro genere. La maggiore influenza sul dato reddituale è esercitata dalla maternità e dai lavori domestici non retribuiti. E’ stato rilevato che la nascita di ogni figlio determini un calo del 4% sul reddito della madre, mentre nella stessa circostanza si registra l’aumento salariale del padre che riesce a proseguire la propria carriera senza soluzione di continuità né contrazione.
Nel settore docenti le insegnanti donne in cattedra nelle scuole statali, sia di ruolo che supplenti precarie, sono l’81,7% degli 855.734 docenti di ogni ordine e grado di scuola (esclusi i docenti di religione cattolica) (dati MIUR, 2018). Tuttavia l’insidia della discriminazione di genere trova spazio anche nel pubblico impiego come ad esempio nell’attuando nuovo reclutamento del personale docente.Il lavoro familiare non retribuito, tenuto ancora poco in considerazione dalla politica, impegna le donne a svolgere in modo sproporzionato ed in via quasi esclusiva la cura della famiglia e della casa come un vero e proprio secondo lavoro (secondo i dati Ocse le donne italiane fanno cento minuti al giorno di lavoro non pagato in più rispetto agli uomini), ecco perché è di fondamentale importanza coinvolgere gli uomini nell’uguaglianza di genere e nelle sue iniziative fino ad assumersi le proprie responsabilità in ambito familiare, domestico, lavorativo e nelle relazioni per una parità di genere sostanziale.
Negli ultimi 15 anni i diritti delle donne hanno ricevuto importanti tutele legislative con interventi in ambito sociale, lavorativo ed istituzionale, in materia di pari opportunità, quote rosa e repressione delle violenze sulle donne, con azioni di prevenzione, protezione, perseguimento-azione penale e politiche (le così dette 4P). Tuttavia, nonostante le donne oggi siano più istruite degli uomini (il 63% ha almeno un titolo secondario superiore contro il 58,8% degli uomini, e il 21,5% ha conseguito un titolo di studio universitario contro il 15,8% degli uomini) e siano maggiormente tutelate nella vita lavorativa anche nel loro diritto di accedere alle carriere, nella realtà quotidiana le questioni di genere continuano a non cedere il passo all’effettiva parità. Manca qualcosa. A nostro parere, manca l’educazione alla parità di genere. Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani invita tutti a lanciare un messaggio: #crescereallapari8marzo2019.