Roma, 3 apr. – di Elena Davolio Con l'emergenza coronavirus negli italiani riesplode la religiosità. Si riscopre la fede e la preghiera. "La crisi che stiamo vivendo, ci ha messi a nudo, spogliandoci delle nostre corazze e facendo come svanire molti dei nostri abituali punti fermi. Il dono della fede in simili momenti è di grande aiuto", osserva all'Adnkronos Vincenzo Corrado, direttore dell'Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei.
Dati alla mano, il responsabile Cei della comunicazione ricorda che sono tanti gli italiani che già di prima mattina si sintonizzano via streaming e in televisione per le messe mattutine del Papa che da una decina di giorni, oltre che da TvDuemila, sono trasmesse anche da Rai1: "Penso alla messa mattutina di papa Francesco da Casa Santa Marta (oltre il 20% su Rai Uno e il 10% su Tv2000, con grande interesse anche sui social); agli appuntamenti settimanali con il Rosario, promossi dai media della Cei, che uniscono le nostre case; alle messe trasmesse in streaming da molte parrocchie".
Seguitissimi anche i Rosari social. "Ciò che sorprende – dice Vincenzo Corrado – è anche l'assiduità con cui le varie proposte vengono seguite sul profilo Facebook istituzionale della Cei: nelle ultime 4 settimane sono state raggiunte oltre 2 milioni e mezzo di persone con 1 milione e 200mila interazioni. In particolare, la preghiera del Santo Padre in Piazza San Pietro ha totalizzato 2,3 milioni di visualizzazioni; il Rosario del 19 marzo 500mila visualizzazioni; il Rosario del 26 marzo 88mila visualizzazioni".
Alla base della riscoperta della fede, il desiderio di essere comunità unita nonostante tutto. "In ogni uomo. – rileva il responsabile delle Comunicazioni sociali della Cei- c'è uno spiraglio che lo apre al trascendente e si manifesta in gesti di religiosità che anch'essi, in questa emergenza, aiutano ad attraversare il guado tutti insieme sostenendoci nelle nostre difficoltà e paure. Alla base c'è un grande senso di appartenenza che denota il desiderio profondo di essere, ancora e nonostante tutto, una comunità unita".
Per la comunità, riflette Vincenzo Corrado, " la fede è come un cemento e anche la religiosità è espressione di questo desiderio, sempre presente, forse un po' sopito dal tam tam quotidiano, ma che ora è riemerso in tutta la sua profondità. E questo spiega anche la grande audience che sta interessando la programmazione che apre alla riflessione e alla preghiera". Insomma, tira le somme Corrado, "quello che emerge è un bisogno di un oltre, di una parola altra, con cui leggere la quotidianità".
L' aumento di preghiera è anche un antidoto alla paura e al senso di incertezza? E come se la gente percepisse con il coronavirus una fine del mondo, una sorta di 'giudizio universale'? "La preghiera, c'insegna papa Francesco, è anzitutto dialogo, relazione personale con Dio, ritmata dal silenzio che apre all'incontro. La grande richiesta di momenti spirituali, da vivere in questo tempo attraverso i media, – annota il responsabile comunicazione della Cei – è anche domanda di apertura e di condivisione delle proprie fragilità con un altro che si riconosce superiore. E anche esigenza ad andare oltre alla paura, al senso d'incertezza, a una quotidianità che sembra sopraffare la speranza".
Il responsabile della comunicazione Cei mette in guardia da un fatalismo ricorrente : "Certamente c'è uno smarrimento diffuso. Ma non bisogna nemmeno cedere al fatalismo che porta a vedere in una pandemia la fine del mondo o il giudizio universale. Questo non è cristianesimo; è solo religiosità deviata e deviante. E chi pensa di poter esorcizzare questa percezione con forme di religiosità è fuori strada. Diversa è la preghiera d'intercessione che si eleva in queste giornate dai diversi angoli del pianeta per affidarsi al Signore. Ricordiamo le parole del Santo Padre al momento di preghiera straordinario di venerdì scorso: 'Questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perchè con Dio la vita non muore mai'".