Roma – Chiudere le scuole medie e le scuole elementari e attivate la didattica a distanza. E’ una delle nuove misure su cui è partito un forte dibattito al Governo. Il vertice di maggioranza convocato dal premier Giuseppe Conte nella serata di venerdì, su richiesta della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, non è bastato per sciogliere i nodi sulla scuola. La didattica a distanza è stata estesa fino al 100% per quel che riguarda le scuole superiori, salvo alcune eccezioni. Ora, sul tavolo, la questione spacca la maggioranza: chiudere o non chiudere le scuole elementari e le scuole medie, garantendo al tempo stesso ai governatori la possibilità di decretare la Dad.
Secondo le ultime notizie la scelta delle chiusure delle scuole mede ed elementari potrebbe essere lasciata alle Regioni. La scelta di chiudere o meno, dal punto di vista dei governatori che devono fare i conti con la pandemia a livello locale, sembra quindi poter dipendere dall’indice di contagio Rt. La fotografia settimanale dell’Istituto Superiore di Sanità, diffusa venerdì 30 ottobre, è drammatica: 11 Regioni sono a rischio, la Lombardia e il Piemonte hanno oltrepassato la soglia del Rt2, e il Paese si avvia verso uno scenario di tipo 4, il peggiore. La decisione di intervenire sull’apertura o chiusura delle scuole medie resta demandata ancora una volta alle Regioni, in una logica di lockdown a macchia di leopardo sulla base dell’andamento epidemiologico differenziato. Oltre alla Campania, si è già mossa l’Umbria, che ieri ha chiuso le scuole secondarie, sia di 1° sia di 2° grado. Idem la Puglia.
Il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolini scrive su Facebook: “Tenere le scuole aperte significa aiutare le fasce più deboli della popolazione. Significa contrastare l’aumento delle disuguaglianze, un effetto purtroppo già in corso, a causa della pandemia. Significa tutelare gli studenti, ma anche tante donne, tante mamme, che rischiano di pagare un prezzo altissimo. In mezzo a tante incognite, una certezza c’è: la chiusura delle scuole non produce gli stessi effetti per tutti. La forbice sociale si allarga, il conto lo pagano i più deboli. Ci sono poi territori in cui la chiusura delle scuole è sinonimo di dispersione scolastica. E la dispersione scolastica – chiamiamo le cose con il loro nome – equivale all’abbandono dei ragazzi.
Ampliare il divario tra famiglie benestanti e famiglie svantaggiate è una responsabilità enorme. Dobbiamo esserne consapevoli. La scuola è futuro. Senza scuola il Paese diventa più debole”.